Il Piano Casa annunciato dal governo non può essere liquidato con un'appello di dieci righe, come propongono Aulenti, Fuksas e Gregotti su Repubblica. Anche perchè costoro, soprattutto il terzo, sono stati per decenni organici a un modo di gestire il territorio e concepire l'urbanistica che ha reso le periferie urbane d'Italia le peggiori del mondo occidentale (nella foto lo Zen di Palermo, firmato da Vittorio Gregotti). E le prime adesioni all'appello sono di altri soloni dell'urbanistica "dall'alto", come Pierluigi Cervellati e Vezio De Lucia.
Non sottoscriverò l'appello pubblicato da Repubblica, che peraltro in una giornata ha raccolto quasi quarantamila firme. Se Cervellati dovesse fare il piano regolatore della mia città io cambio residenza.
Trovo molto più interessante la lettura di Michele Serra, quando ragiona sullo slogan dei berluscoidi de "La sinistra del no". Il governo della destra dipinge l'opposizione come una entità perfidamente cattiva, che priva gli Italiani dei loro diritti e perpetua un potere occhiuto e sprezzante. Questa propaganda viscerale, che trova grandi spazi anche sulla stampa di destra, non può essere smentita con appelli firmati da anziani urbanisti supponenti come Cervellati.
Il tema della casa in Italia tocca nervi scoperti e certamente sposta consensi di peso. Sull'argomento posso dire di avere una visione privilegiata. Sono un architetto che ha svolto per cinque anni il ruolo di presidente dell'ordine professionale e per quattro quello di assessore all'urbanistica di un comune capoluogo di regione.
Tutti gli addetti ai lavori conoscono il bizantino affastellarsi di norme e regolamenti che condizionano l'attività edilizia italiana, senza peraltro influire sulla sua qualità, che resta mediamente molto scadente. Nel 1995 per ottenere il permesso per un intervento di risanamento conservativo ho dovuto aspettare 15 mesi. Nella mia Ancona oggi le cose vanno meglio, ma altrove no. Autorità monocratiche e inappellabili come le Soprintendenze possono bloccare progetti e investimenti senza neppure permettere un contraddittorio. L'abusivismo, alimentato dai condoni della destra, continua ad essere il modo più semplice e rapido di costruire. Se poi ti beccano, cominciano le schermaglie legali e spesso se ne esce bene.
Il Piano Casa di Berlù e Ghedini deriva dal discutibile concetto di "abuso di necessità" spesso citato dalla destra. Nasce un bambino? Il nonno ha bisogno della badante? Se serve una camera il governo te la dà (all'insaputa o quasi del ministro competente, sembrerebbe).
Purtroppo i governi di centrosinistra non hanno fatto nulla per semplificare il quadro normativo, introdurre criteri di qualità, ridurre i tempi di approvazione delle pratiche edilizie. Così Berlusconi, a cui piace vincere facile, andrà all'incasso anche questa volta. Con una ulteriore polpetta avvelenata, perché il titolo V della costituzione assegna le competenze urbanistiche alle regioni. Saranno queste a decidere se accettare o no il duello sul tema "per qualche camera in più". Il Veneto di Galan lo ha gia fatto e le altre regioni di centrodestra non tarderanno. Le regioni di centrosinistra sono spiazzate e tendenzialmente contrarie, seguendo un ragionamento strettamente politico che però in questo caso non paga. Perché in Italia avere una camera in più a casa è una questione di pancia, e il tema sarà uno dei pilastri della campagna elettorale della destra alle elezioni regionali 2010.
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