Il Summit mondiale degli enti locali per il clima si è chiuso con un appello rivolto ai governi nazionali in vista della COP-15 di Copenhagen del prossimo dicembre.
Non era affatto scontato che il summit si concludesse con un documento condiviso, vista anche la difficoltà con cui in questi stessi giorni stanno procedendo i negoziati ONU sul clima di Bonn.
Nel documento approvato alla conclusione del summit di Copenhagen si chiede che gli enti locali possano essere partner degli stati non solo nell'adattamento ai cambiamenti climatici ma anche nelle azioni di mitigazione, che possano avere accesso diretto ai meccanismi finanziari, che le città siano inserite nel sistema del mercato delle emissioni di CO2 e che nelle diverse fasi vengano previsti processi di coordinamento tra i vari livelli di governo.
Gli enti locali giocano un ruolo fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici, ma devono essere dotati delle risorse necessarie. Adesso la palla passa ai governi nazionali, che dovranno decidere se sostenere l'ingresso a pieno titolo delle città nel nuovo protocollo (che sembra in realtà destinato a chiamarsi "convenzione").
Alcuni paesi hanno già stretto accordi tra governi nazionali e locali. La Spagna ad esempio ha assicurato che i rappresentanti della Red Española de Ciudades por el Clima saranno ai tavoli dei negoziati accanto ai rappresentanti del governo. La Francia, la Svezia e la Danimarca (tre governi di centrodestra) hanno confermato il loro sostegno.
In Italia non va esattamente così, almeno per ora. La nostra rete di Agende 21 per Kyoto ha elaborato la Carta delle Città e dei Territori per il Clima, che è stata condivisa da ANCI e UPI e altri soggetti di grande rilevanza come Legambiente e Istituto Nazionale di Urbanistica.
Dal governo italiano, fino ad oggi, nessun segnale.
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