L'11 luglio 2008, poco più di un anno fa, il petrolio raggiunse il suo massimo a 147.27 dollari al barile. Il 21 dicembre dello stesso anno il petrolio costava 33.87 dollari. Oggi il petrolio vale 71.48 dollari, metà dell'anno scorso ma il doppio di sei mesi fa.
I meccanismi finanziari che governano queste incredibili oscillazioni sono complessi e a volte irrazionali e francamente non mi appassionano. Trovo invece molto interessante che Fatih Birol, responsabile economico dell'Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA), dichiari in una intervista a The Independent che le proiezioni sulla disponibilità del greggio vanno riviste e che il picco di produzione è molto più vicino del previsto ed avverrà tra dieci anni, ovvero una decade prima di quanto stimato.
I dati riferiti da Birol sono stati desunti da una indagine che ha coinvolto 800 grandi siti petroliferi, che costituiscono i tre quarti della produzione attuale. Di questi molti hanno già superato il massimo di produzione e altri stanno riducendo le riserve ad una velocità doppia rispetto a quanto stimato solo due anni fa. La produzione dei giacimenti esistenti è in calo del 6.7%, contro il 3.7 che la stessa IEA aveva stimato nel 2007. Inoltre, osserva la IEA, i paesi produttori non investono abbastanza e questo porterà in pochi anni a una netta diminuzione della scoperta di nuovi giacimenti.
"Un giorno non avremo più petrolio" - dice Fatih Birol. Non è oggi e non sarà domani, ma un giorno il petrolio finirà e dobbiamo essere preparati per quel giorno".
Secondo John Kemp, editorialista di Reuters, l'allarmismo della IEA è parte del gioco, visto che l'agenzia è pagata dai paesi occidentali per essere la loro "coscienza". Kemp argomenta che il picco di produzione del petrolio è "la risposta giusta alla domanda sbagliata", perché al di là dei tradizionali giacimenti di greggio la tecnologia potrà estrarre carburanti da altre fonti, come le sabbie bituminose del Canada. Processi di estrazione però estremamente energivori, perché più bassa è la qualità del greggio più aumentano le emissioni di CO2 per raffinarlo. In pratica l'utile energetico si riduce e i costi aumentano, non solo quelli ambientali.
"L'età della pietra non è finita per mancanza di pietre. Allo stesso modo l'età del petrolio non finirà per la scarsità di petrolio" diceva il potentissimo sceicco Yamani, ministro saudita del petrolio e portavoce dell'OPEC.
Se l'economia trema, l'ecologia vede nell'aumento del prezzo del petrolio e nella sua progressiva riduzione la ritrovata competitività economica delle energie rinnovabili, che i governi meno lungimiranti, come quello italiano, avevano rapidamente accantonato nella breve stagione del greggio a 30 dollari al barile.
La COP 14 di Poznan, nel dicembre 2008, si svolse proprio nel periodo del minimo costo del petrolio. Arrivare a Copenhagen a dicembre con il greggio in ascesa potrebbe avere effetti decisivi sugli esiti dei negoziati globali sul clima.
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