Lo ha detto nella sua introduzione il segretario generale Ban Ki-moon : il summit che si è svolto oggi nella iconica sede ONU di New York, tra la 1a Avenue e il fiume Hudson, è stato il più importante incontro di sempre sul tema dei cambiamenti climatici, con oltre 100 leader mondiali presenti (ma non Berlusconi, in arrivo solo per cena).
Era anche la prima volta che Barack Obama entrava da presidente degli Stati Uniti nel palazzo di vetro, proprio come il leader cinese Hu Jintao. I discorsi dei due uomni più potenti del pianeta sono stati solenni e partecipati, pieni di buoni propositi ma carenti di cifre e impegni concreti. Hu Jintao ha detto che la Cina entro il 2020 ridurrà le emissioni di CO2 di "un margine notevole" rispetto ai valori del 2005. Da parte sua Obama non è stato certo più esplicito, limitandosi ad auspicare che la COP 15 di Copenhagen sia "un significativo passo avanti nella lotta contro i cambiamenti climatici".
Ban Ki-moon era stato meno diplomatico, dichiarando che un eventuale mancato accordo a Copenhagen sarebbe "moralmente non accettabile, economicamente miope e politicamente sbagliato".
I resoconti della stampa sono molto diversi sulle due sponde dell'oceano. I giornali USA, a cominciare dal New York Times e dal Los Angeles Times sottolineano la forza ideale del discorso di Obama (ecco il testo diffuso dalla Casa Bianca), anche se non possono non notare la mancanza di impegni concreti. Molto meno positivi i commenti dall'Europa, a cominiciare dal Financial Times.
Pochi osservatori ormai credono che un accordo possa essere raggiunto a Copenhagen. "E' profondamente disonesto fissare obiettivi al 2050 - ha detto ieri sera in conferenza stampa il ministro dell'ambiente indiano Jairam Ramesh - perché allora nessuno di noi ci sarà per potersene assumere la responsabilità".
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