In Italia siamo cosi occupati tra lodi, trans e altre piccolezze che nemmeno il Corriere della Sera trova lo spazio per pubblicare la lista dei 27 componenti la nuova Commissione Europea.
A casa nostra gli articoli distratti sul nuovo governo d'Europa, anche nella stampa di opposizione, commentano con soddisfazione il nuovo portafoglio italiano, con Antonio Tajani che passa dai trasporti a industria e imprenditoria. Bisogna leggere European Voice, succursale di Bruxelles dell'Economist, per sapere che "l'Italia ha ottenuto il ruolo che voleva, anche se la delega appare ai più meno rilevante dell'incarico ai trasporti precedentemente ricoperto da Tajani".
La storia è la solita: le cose succedono, cambiano e il governo italiano è altrove. Non c'è da stupirsi quindi se la Germania si prende l'energia, incarico precedentemente negletto tanto da essere assegnato nel 2005 al lettone Piebalgs. Berlino ha capito che il futuro si gioca sull'energia, anche in termini economici. E il commissario tedesco all'energia Oettinger di certo lavorerà in sintonia con la danese Hedegaard, che come da previsioni ha una delega alla climate action (ambedue sono di centrodestra, by the way). Così poco importa se due delle tradizionali direzioni generali finanziarie vanno a nazioni minori come Belgio e Finlandia. La Gran Bretagna ha già avuto gli esteri con lady Ashton, la Francia si prende il mercato interno con Michel Barnier, la Spagna con Almunia dirige un altro settore cruciale come la concorrenza.
L'Italia di Berlù, arretrata e bigotta, ne esce come si merita.
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