venerdì 5 febbraio 2010

La casa a emissioni zero\1














Dopo Copenhagen l'Europa ha confermato che il suo obiettivo è quello di ridurre le emissioni di CO2 del 20% entro il 2020. L'impegno è vincolante per tutti i 27 stati membri, Italia compresa.
Germania, Francia, Gran Bretagna, Spagna e altri volevano che questa quota fosse innalzata al 30% ma hanno trovato la fiera opposizione della Prestigiacomo, la quale ha definito "assolutamente non realistico" l'obiettivo del 30% alla luce del "fallimento" della conferenza di Copenhagen. Ancora complimenti alla ministra invisibile dell'ambiente. Insieme all'Italia si è opposta anche la carbonivora Polonia, ormai nostro tradizionale alleato nelle battaglie europee di retroguardia.
Comunque la riduzione del 20% c'è, e sarà interessante vedere cosa farà il governo italiano per raggiungerla. Per ora nulla. Si parla molto di nucleare, ma tutti sanno che non c'è alcuna possibilità di vedere una centrale nucleare italiana in attività entro dieci anni, quindi per il 2020 dovremo fare altre scelte. Quali? Puntare sulle energie rinnovabili è necessario ed economicamente proficuo in tempi di crisi. Tra l'altro anche in questo settore, secondo gli accordi europei del pacchetto 20+20+20, noi dovremmo raggiungere il 17% di produzione di energia da fonti rinnovabili sempre entro il 2020 (oggi siamo intorno al 6%). Ma anche un deciso incremento di solare, eolico e geotermico potrebbe non bastare, e comunque il governo di destra non da certo segnali di volerci puntare.
L'intervento centrale andrebbe fatto sul patrimonio edilizio, cioè sulle case. Le stime dicono che il 40% del totale delle emissioni di CO2 è prodotto dall'energia utilizzata per illuminare, riscaldare e raffrescare gli edifici. Molta di questa energia può essere risparmiata. Per eliminare del tutto i consumi dobbiamo costruire case a emissioni zero, che cioè siano attrezzate per produrre la (poca) energia che consumano.
Il Parlamento Europeo ha votato nel 2009 una risoluzione che invita la Commissione a legiferare perché ogni nuova costruzione sia a emissioni zero entro il 2019. La Gran Bretagna da parte sua si è già data una scadenza anche più vicina, il 2016 (addirittura il 2012 in Galles).
La normativa comunitaria sulla prestazione energetica degli edifici è la Direttiva 91/2002 che chiede agli stati membri di stabilire standard energetici per le nuove costruzioni e le ristrutturazioni solo quando superano i mille metri quadri. Di fatto la direttiva, peraltro ancora disattesa da molti paesi, taglia fuori tre quarti degli edifici d'Europa. L'idea è quella di eliminare il limite dei mille mq con una nuova legge e il Parlamento di Strasburgo chiede anche finanziamenti e riduzioni IVA per i materiali da costruzione più sostenibili, a cui però si oppongono i capi di stati riuniti nel Consiglio Europeo.
L'Italia potrebbe utilizzare al meglio l'opportunità di introdurre nuove prescrizioni edilizie, ricavandone un notevole volano economico come già sperimentato con gli incentivi al risparmio energetico. E naturalmente troverebbe il modo di avvicinare l'obiettivo della riduzione del 20% di CO2. Ma il governo di destra pensa ad altro e fa sogni atomici.

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