Con una mossa a sorpresa Cina e India hanno formalmente comunicato alla United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC) la loro adesione al Copenhagen Accord, il documento finale della COP 15. Nei mesi precedenti i due giganti asiatici avevano ripetuto che le loro azioni per la riduzione dei gas serra erano "unilaterali" e non conseguenza di quanto previsto dal documento di Copenhagen. Il Copenhagen Accord non era stato approvato per l'opposizione di Venezuela, Bolivia, Cuba, Nicaragua, Guatemala, Sudan e Tuvalu (le regole UNFCCC prevedono l'unanimità). La COP 15 si era limitata a "prendere atto" della risoluzione. Alcune interpretazioni dietrologiche avevano individuato dietro al veto del Sudan la longa mano cinese, che avrebbe utilizzato il paese africano come sicario per uccidere sul nascere l'accordo.
Invece la Cina ora accetta di fare parte dell'intesa con una lettera laconica che non pone condizioni. Più articolata la posizione dell'India che nella sua lettera comunica l'adesione ma ricorda come l'accordo sia "un documento politico non vincolante". Secondo l'India il Copenhagen Accord può rappresentare uno strumento utile per il lavoro dei due gruppi negoziali delle Nazioni Unite, ma "non è un nuovo percorso di negoziazione nè un schema da seguire".
Nel frattempo l'UNFCCC ha annunciato che una prima sessione di negoziati si svolgera a Bonn dal 9 all'11 aprile, anticipando quella già prevista per il 30 maggio.
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