venerdì 23 aprile 2010

A volte è troppo tardi

Non è mai troppo tardi, recitava il titolo del programma TV del maestro Manzi che ha contribuito all'alfabetizzazione dell'Italia del boom economico.
Per Gianfranco Fini, improvvisamente ribelle al dispotismo di Berlù, mi sembra francamente troppo tardi.
Dopo avere commentato il famoso discorso del predellino di San Babila come "le comiche finali" G.F. non aveva esitato a cofondare il Popolo della Libertà e ad accompagnarne il percorso verso la vittoria elettorale del 2008 e la sua conseguente elezione a presidente della camera.
Che Berlù non voglia soci ma solo subalterni, per di più fedeli, non è una scoperta. Lo sanno bene James Bondi, Cicchitto, Verdini, Giovanardi e gli altri cortigiani. Lo hanno imparato anche gli ex di Alleanza Nazionale rapidamente convertiti all'adorazione del capo: Larussa, Matteoli, Gasparri, il mio conterraneo Ciccioli.
Poi qualcuno deve avere fatto notare alla terza carica dello stato che l'unica cosa che lo faceva ancora notare non erano i suoi ragionamenti politici ma le improbabili cravatte pastello. Improvvisamente Fini è diventato custode della democrazia, esercitata attraverso la nobile arte del dissenso. E argine contro il tracimamento leghista, le leggi ad personam, il dispotismo di Berlù.
La gente di sinistra aspetta con trepida e crescente ansia le parole e i gesti di Fini, che ormai appaiono più cruciali di quelli di Bersani. Ieri su facebook qualcuno di provata fede gauchista ha scritto "Gianfranco non mollare".
Io ricordo bene le dichiarazioni che Gianfranco Fini, allora vicepresidente del Consiglio, fece sul G8 di Genova e in particolare sull'irruzzione a Bolzaneto. Ho presente le perle legislative che ha firmato, come la Bossi-Fini sull'immigrazione e la Fini-Giovanardi sulla equiparazione di tutte le droghe.
Gianfranco Fini resta un conservatore perbenista, lontano anni luce dalla nuova destra europea. Certamente è meno dispotico e più garbato di Berlù, ma del resto non è difficile. La salvezza dell'Italia non può passare dai suoi tardivi risvegli, che restano beghe politiche della destra italiana, la più arretrata d'Europa.
Fini non difende la democrazia, ma solo se stesso. Le sue responsabilità nella costruzione di questa impresentabile destra italiana sono enormi. Si è accorto che Berlù gli fa troppa ombra e che nell'universo del PdL non c'è spazio per altri oltre al leader?
A volte è troppo tardi.

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