"Non si può cucinare un pasto senza una pentola" ha detto la segretaria UNFCCC Christiana Figueres (foto) alla fine della settimana di negoziati sul clima di Bonn. Secondo Figueres però i governi del mondo stanno preparando la pentola, anche se molte altre opinioni sull'esito dei climate talks sono decisamente più pessimistiche.
La settimana di negoziati di Bonn forse non è stata del tutto negativa, ma di certo ha marcato le differenze ed evidenziato i problemi ancora insoluti.
I punti di partenza sono la scadenza del protocollo di Kyoto del 2012 e il Copenhagen Accord dello scorso dicembre, un documento sottoscritto da quasi tutti i paesi ONU dietro l'impulso di USA, Cina, India, Brasile e Sud Africa e con il benestare dell'Unione Europea. Sette nazioni non avevano accettato l'accordo di Copenhagen, rendendolo legalmente nullo visto che le liturgie ONU per i trattati sul clima prevedono l'unanimità.
Anche in questa sessione di negoziati il problema di fondo è stato lo stesso di sempre: gli obblighi dei paesi occidentali e quelli delle nazioni in via di sviluppo. Rispetto a Copenhagen questa forbice si è probabilmente allargata, con molte nazioni che avevano aderito all'accordo e che ora sembrano più dubbiose.
Il ruolo degli USA resta cruciale e sulla posizione americana pesano due dati essenziali: il fatto che l'America non abbia mai riconosciuto il valore del protocollo di Kyoto e la recente decisione del senato USA di non discutere il Climate Bill proposto da Obama prima del 2011.
Così le 175 delegazioni presenti a Bonn hanno partecipato a sessioni, tavoli di lavoro e plenarie senza produrre risultati consistenti. Il testo dei documenti in bozza, emendamento dopo emendamento, è cresciuto a dimensioni quasi ingovernabili. I paesi in via di sviluppo insistono sul fatto che i loro impegni non possono essere obbligatori ma solo volontari. Qualcuno si preoccupa della vacatio che potrebbe seguire alla scadenza del 2012, ma del resto che senso ha oggi pensare al futuro di un protocollo mai sottoscritto dagli USA e che non prevede impegni per paesi come la Cina o l'India?
Le certezze sul futuro degli accordi globali sul clima sono poche, a parte il fatto che resta una sola sessione di negoziati prima della COP16 di Cancun. L'agenda si riapre in Cina, a Tianjing, dal 4 al 9 ottobre.