Le città e i governi locali continuano a reclamare un ruolo da protagonisti nei negoziati globali sul clima. Impresa non facile, dopo che la tempesta politica di Copenhagen aveva spazzato via tutti i testi negoziali faticosamente costruiti nell'arco del 2009. In quei documenti, grazie a un tenace lavoro di lobbying con le delegazioni governative, erano stati inseriti molti riferimenti alle autorità locali in materia di mitigazione, adattamento e risorse finanziarie.
Dopo il Copenaghen Accord, il cui stringatissimo testo non fa riferimento ai governi locali, si è ripartiti da capo. Non solo lobbying, ma ricerca di alleanze e di una immagine più unita possibile. Uno degli atti più importanti è stata la sottoscrizione di un protocollo di intesa tra il Comitato delle Regioni e la Conferenza dei Sindaci USA, ratificato a Bruxelles alla presenza del commissario europeo ai cambiamenti climatici Connie Hedegaard. Il protocollo raccomanda l'adozione di misure locali intese a migliorare l'efficienza energetica degli edifici, promuovere le fonti di energia rinnovabile, adottare una mobilità urbana sostenibile e modificare il comportamento dei cittadini. Il Comitato delle Regioni ha anche adottato una risoluzione presentata come contributo degli enti locali europei alla COP 16 di Cancun.
Un altro documento di impegni, chiamato Mexico City Pact, è stato approvato domenica scorsa dai leaders riuniti al World Mayors Summit on Climate a Città del Messico. Questo testo è diviso in due parti. La prima spiega perché le città sono centrali nella lotta ai cambiamenti climatici. La seconda elenca una serie di azioni volontarie da intraprendere a livello locale, sulla falsariga del Patto dei Sindaci proposto dalla Commissione Europea.
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