Giovedì scorso il vicepresidente del Parlamento Europeo Edward McMillan-Scott (UK, ALDE) ha convocato una conferenza stampa per rilanciare il problema della doppia sede del parlamento, oggi divisa tra Bruxelles e Strasburgo. McMillan-Scott ha presentato un report e una indagine secondo cui il 90% dei parlamentari europei vorrebbero lavorare in una sola sede, Bruxelles.
La dispersione delle strutture UE non riguarda solo la capitale alsaziana ma anche Lussemburgo, dove ha sede il segretariato del parlamento con oltre duemila dipendenti. Attualmente a Strasburgo si svolgono cicli di sessioni plenarie ordinarie di quattro giorni, mentre il lavoro delle commissioni, le sedute straordinarie e le sedi dei gruppi sono a Bruxelles.
McMillan-Scott ci si è messo seriamente e ha insediato un gruppo di lavoro ad hoc. Secondo il rapporto presentato la scorsa settimana rinunciare al pendolarismo Bruxelles-Strasburgo permetterebbe un rissparmio annuo di 180 milioni di Euro e l'eliminazione di 317 posti di lavoro nello staff del parlamento. Sotto il profilo ambientale la spola tra le due sedi produce 19.000 tonnellate di CO2 l'anno, pari al consumo medio di 4.500 famiglie.
Al di là dei vantaggi collettivi i parlamentari lamentano anche i disagi personali, come l'obbligo di dormire in hotel e cenare al ristorante (quasi tutti a Bruxelles hanno preso casa). Anche la logistica non è semplice, visto che solo sei delle 27 capitali europee hanno voli diretti per Strasburgo. I funzionari invece lamentano lo sciacallaggio degli hotel, che nei giorni di sessione del parlamento chiedono più del doppio del prezzo normale di una camera e li costringono ad aggiungere di tasca propria, visto che il tetto dei rimborsi è di 150€/notte. Non a caso negli ambienti europei la città alsaziana si è meritata il nome di Stressburgo.
La questione della doppia sede del parlamento europeo è sollevata periodicamente da tempo. C'è anche una petizione on line che ha già raccolto più di un milione di firme. Ma vecchie eredità politiche rendono piuttosto complessa la situazione. Il giorno successivo all'iniziativa di McMillan-Scott il ministero degli esteri francese ha diffuso una nota scritta in cui si ribadisce con durezza che le scelte delle sedi delle istituzioni europee "non sono affari dei parlamentari" ma fanno parte degli impegni sottoscritti dai governi nei trattati dell'Unione. La nota aggiunge che il rapporto presentato è "sorprendente" e "sgradevole". A posto.
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