lunedì 29 agosto 2011

Quante cose succedono in un anno

Prima la Tunisia, poi l'Egitto, la Libia e la Siria. La geopolitica mediterranea è cambiata più negli ultimi dieci mesi che nei venti anni precedenti, con conseguenze e opportunità di grande rilievo per l'Europa e soprattutto per i grandi paesi meridionali dell'Unione: Francia, Italia e Spagna.
Invece ancora una volta il governo italiano ha mostrato la sua inconsistenza in politica estera, lasciando alla Francia il ruolo da protagonista.
L'importanza della questione mediterranea era stata intuita da Nicholas Sarkozy fin dalla campagna elettorale presidenziale, entrando tra le priorità del suo programma. Così nel 2008, appena assunta la presidenza di turno dell'Unione Europea, Sarko chiama a Parigi i 43 capi di stato dei paesi UE, balcanici, nord africani e mediorentali per formalizzare la creazione della Unione per il Mediterraneo. Alla convocazione rispondono tutti i capi di stato, esclusi i re di Giordania e Marocco.
L'Unione per il Mediterraneo è un progetto ambizioso e soffre i problemi irrisolti della regione. In primis la crisi permanente tra Israele e Palestina, ma anche le tensioni tra Cipro e Turchia e le riserve della stessa Turchia, che vede il processo come una alternativa al suo ingresso nella UE. Il piano viene comunque approvato, anche se ridimensionato rispetto alle ambizioni di Sarkozy. Da struttura autonoma si trasforma in uno strumento del "processo di Barcellona", il trattato sulla cooperazione Euro-Mediterranea sottoscritto nel 1995.
Il 13 luglio 2008 l'Unione per il Mediterraneo si costituisce formalmente. Avrà due presidenti di turno, uno UE e uno extra, e un segretariato permanente a Barcellona presieduto da un rappresentante non europeo, coadiuvato da sei vicesegretari. La Francia avrebbe voluto la sede a Marsiglia, ma accetta la mediazione.
L'attività dell'Unione per il Mediterraneo si concentra sui quattro temi del trattato di Barcellona del 1995: politica e sicurezza, economia e commercio, attività socio-culturali, giustizia e affari interni. Nel novembre 2008 l'Unione si riunisce a Marsiglia e decide sei iniziative concrete su cui lavorare: disinquinamento del Mediterraneo, autostrade del mare e di terra, protezione civile, energie alternative e piano solare mediterraneo, educazione ricerca e università euromediterranea, sviluppo dell'imprenditoria mediterranea. Programma interessante ed ambizioso, ci sarebbe da lavorare per decenni. Qual è il ruolo dell'Italia? Politicamente il nostro paese non dà alcun risalto all'iniziativa e le cronache nazionali ne parlano pochissimo. Come sede della istituzione città quali Napoli o Palermo avrebbero avuto tutti i titoli per candidarsi, ma la proposta non viene neppure avanzata. Siamo il secondo paese del bacino per dimensioni e PIL e ci viene assegnato solo uno dei sei vicesegretariati, quello all'economia (gli altri cinque vanno a Grecia, Israele, Turchia, Malta e Autorità Palestinese).
Sono passati quasi tre anni e nelle gerarchie diplomatiche poco è cambiato. Sarkozy ha annunciato la convocazione di una conferenza internazionale sulla Libia il 1 settembre a Parigi "in pieno accordo con David Cameron", senza citare l'Italia. Hanno confermato la presenza Clinton, Merkel e anche il premier italiano.
Berlusconi qualche giorno fa ha incontrato a sua volta il leader dell'opposizione Libica Jibril, al quale ha promesso lo scongelamento di parte dei fondi libici in Italia e la fornitura di carburanti in cambio del rispetto degli accordi con ENI per lo sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio. Scaroni, presente all'incontro, ha commentato soddisfatto.
Mentre l'Italia naviga a vista e cerca con affanno una continuità tra Gheddafi e il governo ribelle, la soluzione politica e le nuove strategie per il Mediterraneo saranno decise ancora una volta a Parigi. Del resto lo scorso 17 gennaio il ministro degli esteri Frattini in una intervista al Corriere della Sera aveva definito Gheddafi "un modello di dialogo con le popolazioni di un Paese arabo". E il 21 febbraio da Bruxelles dichiarava che "La sorte di Gheddafi non sarà decisa né dall'Italia né dall'Europa. C'è pieno rispetto da parte italiana ed europea per la ownership libica." Quando il 10 marzo la Francia ha riconosciuto il governo ribelle di Bengasi Frattini ha detto: "Parlare di riconoscimento oggi è qualcosa di assolutamente estemporaneo: sarà l'Europa a prendere la decisione politica, e prima o poi avverrà".
La nostra attività diplomatica nella crisi libica è stata sempre sostanzialmente difensiva e mai propositiva. Abbiamo lamentato con la commissione europea il rischio di una escalation dell'immigrazione clandestina, ricevendo da Bruxelles risposte sdegnate per la reiterata assenza dell'Italia dai tavoli comunitari sul tema. Adesso ci preoccupiamo per le commesse firmate dal regime di Gheddafi con le aziende nazionali, promettendo e barattando aiuti in cambio del loro rispetto.
Le scelte politiche ed economiche della nuova Libia si prenderanno altrove, tra Parigi, Washington, Londra e Berlino. Il nostro governo invece resterà alla storia per essere stato l'ultimo a permettere al deposto dittatore di piantare tenda e baracconi nel proprio territorio, in pieno centro di Roma. Al seguito c'erano anche 30 cavalli arabi e lo stuolo di amazzoni adoranti, che oggi si dichiarano pentite e abusate.
Berlusconi ricevette Gheddafi con tutti gli onori, anzi qualcosa di più. Per ossequiarlo fu anche messo in scena il carosello dei carabinieri a cavallo: 130 cavalli, due squadroni e una fanfara. Sembra impossibile ma erano gli ultimi giorni di agosto 2010, giusto un anno fa. Quante cose succedono in un anno.

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