Tutti, ma proprio tutti, non tollerano che l'attuale meccanismo di finanziamento dei partiti politici resti com'è. Sul sito del Corriere campeggia il contatore qui sopra, nelle code alla cassa dei supermarket non si parla di altro, persino Bruno Vespa ha sposato la causa.
In realtà in un sistema democratico evoluto i partiti politici vanno in qualche modo finanziati, o perlomeno rimborsati per alcune voci di spesa. C'è chi non la pensa così, come il vate Grillo. Ma Beppe vuole uscire anche dall'Euro, invita a non pagare le tasse, ormai spesso delira, purtroppo.
Un meccanismo equo e trasparente di finanziamento pubblico della politica non sarebbe difficile da progettare. Basterebbero un paio di punti fermi ispirati dall'erogazione dei finanziamenti ai progetti approvati dalla Commissione Europea.
Primo: le spese elettorali si rimborsano a rendicontazione, cioè sulla base di quanto effettivamente speso. Sarà necessario definire un tetto prestabilito e, proprio come fa quasi sempre la Commissione di Bruxelles, rimborsare non l'importo totale ma buona parte delle spese sostenute, diciamo il 75-80%. Questo garantirebbe la responsabilità dei partiti, che devono integrare il finanziamento con fondi propri. I fondi dei partiti possono provenire da sottoscrizioni, ricavi di manifestazioni, merchandising, libere donazioni.
Secondo: L"attività dei partiti al di fuori delle campagne elettorali viene sostenuta con finanziamenti pubblici calcolati sulla base dei voti ottenuti (anche in ambito regionale e locale) e della rappresentanza parlamentare. Le quantità e i coefficienti sono da definire, ma certo dovranno essere inferiori alle attuali.
Ogni anno una agenzia indipendente individuata con gara pubblica fa un audit ai bilanci di tutti i partiti. Preferisco una società privata che vince una gara alla creazione di una ennessima Autorità pubblica di controllo. L'audit, i cui risultati dovranno essere pubblicati, verifica che i fondi assegnati siano stati tutti spesi o impegnati e che il loro utilizzo sia per finalità ammissibili all'attività politica, anche qui sul modello dei progetti europei. Chi non li spende o ci compra diamanti e lingotti li deve restituire e l'anno successivo vede decurtata la quota impropriamente utilizzata dai fondi assegnati.
Semplice, no? E annamo!
In realtà in un sistema democratico evoluto i partiti politici vanno in qualche modo finanziati, o perlomeno rimborsati per alcune voci di spesa. C'è chi non la pensa così, come il vate Grillo. Ma Beppe vuole uscire anche dall'Euro, invita a non pagare le tasse, ormai spesso delira, purtroppo.
Un meccanismo equo e trasparente di finanziamento pubblico della politica non sarebbe difficile da progettare. Basterebbero un paio di punti fermi ispirati dall'erogazione dei finanziamenti ai progetti approvati dalla Commissione Europea.
Primo: le spese elettorali si rimborsano a rendicontazione, cioè sulla base di quanto effettivamente speso. Sarà necessario definire un tetto prestabilito e, proprio come fa quasi sempre la Commissione di Bruxelles, rimborsare non l'importo totale ma buona parte delle spese sostenute, diciamo il 75-80%. Questo garantirebbe la responsabilità dei partiti, che devono integrare il finanziamento con fondi propri. I fondi dei partiti possono provenire da sottoscrizioni, ricavi di manifestazioni, merchandising, libere donazioni.
Secondo: L"attività dei partiti al di fuori delle campagne elettorali viene sostenuta con finanziamenti pubblici calcolati sulla base dei voti ottenuti (anche in ambito regionale e locale) e della rappresentanza parlamentare. Le quantità e i coefficienti sono da definire, ma certo dovranno essere inferiori alle attuali.
Ogni anno una agenzia indipendente individuata con gara pubblica fa un audit ai bilanci di tutti i partiti. Preferisco una società privata che vince una gara alla creazione di una ennessima Autorità pubblica di controllo. L'audit, i cui risultati dovranno essere pubblicati, verifica che i fondi assegnati siano stati tutti spesi o impegnati e che il loro utilizzo sia per finalità ammissibili all'attività politica, anche qui sul modello dei progetti europei. Chi non li spende o ci compra diamanti e lingotti li deve restituire e l'anno successivo vede decurtata la quota impropriamente utilizzata dai fondi assegnati.
Semplice, no? E annamo!
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