La Conferenza delle Nazioni Unite di Doha si è chiusa oggi, con l'ormai rituale giorno di ritardo rispetto al programma. Niente di nuovo e di memorabile, però. Il ritardo è servito a definire alcune questioni pratiche ma non ha aggiunto grande valore ai risultati della conferenza. Il Protocollo di Kyoto, che scade alla fine di quest'anno, è stato confermato per un nuovo periodo di otto anni, fino al 2020. Ma i sottoscrittori sono rimasti l'Unione Europea, la Norvegia, la Svizzera e l'Australia. Russia, Giappone e Canada avevano già annunciato la loro volontà di uscire dal trattato da molto tempo.
Kyoto sopravvive a stento, con l'adesione dei paesi che producono poco più del 15% delle emissioni globali di CO2. Le grandi economie emergenti non ne hanno mai fatto parte, come gli Stati Uniti. Il protocollo di Kyoto resta in piedi quasi simbolicamente, se non fosse che il suo prolungamento mantiene attivi anche i meccanismi finanziari che interessano a molti, compresi i paesi in via di sviluppo a partire dalla Cina.
Il comunicato ufficiale ripete i passaggi definiti lo scorso anno alla COP 18 di Durban: un nuovo trattato globale da condividere entro il 2015 perché sia in vigore per il 2020 (i tempi di ratifica dei singoli stati sono lunghi). Sono state definite alcune scadenze verso il 2015. Entro il 1 marzo 2013 le nazioni potranno presentare osservazioni e proposte al segretariato UNFCCC. Gli elementi del nuovo accordo dovranno essere diffusi per la fine del 2014, per consentire che a maggio 2015 sia pronta una bozza di trattato per i negoziati finali. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha promesso di convocare nel 2014 i capi di stato per garantite che la deadline del 2015 sia rispettata.
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