sabato 17 agosto 2013

Monumenti e ferraglia, riflessioni sul destino del porto di Ancona

Lunedì 7 agosto io e il segretario comunale del PD Stefano Perilli scriviamo un comunicato stampa in cui lamentiamo la decisione di riprendere il carico e scarico di merci metalliche (rottami ferrosi e alluminio) nelle banchine del porto storico di Ancona, di fronte allo splendido Arco di Traiano. Nel comunicato e nelle successive dichiarazioni alla stampa precisiamo che non si mettono in discussione il traffico delle merci e i diritti del concessionario, ma si critica la scelta di utilizzare quelle specifiche banchine, da lungo tempo praticamente abbandonate.
Il molo Rizzo, quello di fronte alla zona monumentale del porto di Ancona, è infatti sottoutilizzato da anni. Spostare altrove i pochi traffici che vi si svolgono permetterebbe di restituire all'uso urbano tutta la zona Nord, dalla ex mensa del cantiere navale alla lanterna, passando per gli archi Traiano e Clementino, il corridore sulle mura e il bastione vanvitelliano della Lanterna. Uno spazio pregiatissimo e molto importante, il cui riutilizzo potrebbe rappresentare il primo segnale di trasformazione dell'area portuale, oggi mortificata da sbarramenti in cemento e reti metalliche.
Le reazioni all'intervento di Perilli e me erano prevedibili, e infatti arrivano puntuali. A parte i commenti di matrice politica, le repliche negative sono tutte di persone con interessi diretti: l'Autorità Portuale, i rappresentanti di categoria degli agenti marittimi e dei trasportatori. Il segretario dell'Autorità Portuale T.V. si fa fotografare sorridente di fronte a dei pacchi di cartone così precisi e puliti che mancherebbe solo un nastro rosso con il fiocco e poi potrebbero andare sotto l'albero di Natale. Sarebbero le cosiddette bramme di alluminio. “Vi sembra ferraglia questa?” dichiara.
Di fronte a questa propaganda io diffondo alla stampa delle foto scattate a maggio, dove si vedono mucchi di ferraglia accumulati sul molo e movimentati da ruspe e camion. I camion passano a pochi metri dall'Arco di Traiano. L'impatto paesaggistico e ambientale delle immagini è micidiale. A questo punto risponde pubblicamente il concessionario delle banchine P.G., che precisa che la ferraglia è composta da “panetti di nichel e non rottami ferrosi” e che la movimentazione dei rottami comincerà solo a settembre. Quindi io ho sbagliato: queste montagne di robaccia a cento metri dal più importante arco di trionfo romano fuori di Roma non sono rottami, i veri rottami ferrosi devono ancora arrivare. A posto, farò altre foto. A me sembravano già mortificanti quei mucchi di metallo grigio. Ad peiora paratus.
Ho ripetuto più volte che i diritti del concessionario non sono mai stati in discussione, ma che si chiedeva una decisione concertata e condivisa con l'amministrazione comunale. Il piccatissimo concessionario P.G. dice invece ai giornali che io “già nel 2000” avevo avuto da ridire sullo scarico di tronchi sulla stessa banchina (e lo credo) e che questo avrebbe provocato lo spostamento dei traffici di legname su altri porti. Mi scopro improvvisamente potentissimo. Magari i tronchi davanti a Traiano fossero spariti per merito mio. E comunque il messaggio è chiaro: chi osa mettere il becco su quanto succede nel porto di Ancona è marchiato a fuoco. Dopo 13 (tredici) anni al concessionario delle banchine P.G. il mio intervento, svolto nell'anno 2000 in un consiglio comunale aperto sul tema del porto, non è ancora andato giù.
L'intrusione sulle questioni portuali di soggetti esterni, come chi scrive, ha provocato critiche immediate, al solito. Chi governa e opera nel porto non ha mai gradito interferenze, anche se con grande fatica il Comune di Ancona riuscì a realizzare, primo in Italia, un Piano Urbanistico del Porto condiviso con la Autorità Portuale. Piano ancora in attesa di attuazione.
Interessante invece che non ci siano state risposte nel merito.
La prima questione di merito è: queste poche navi che dovranno attraccare nel porto monumentale non potrebbero essere spostate altrove? Si parla di 3-4 navi al mese. Il porto di Ancona è piccolo, ma gli spazi per movimentare centomila tonnellate l'anno, un'inezia in termini logistici, secondo me ci sarebbero.
La seconda questione di merito è: in termini di rapporto costi benefici, qual è l'incidenza economica di queste centomila tonnellate di metallo più o meno rottamato sul bilancio del porto? E quale potrebbe essere il valore aggiunto in termini di posti di lavoro e di fatturato della restituzione di quella porzione del porto storico alla città? Sotto questo profilo ricordo che il famigerato rigassificatore API a Falconara (che fa parte del porto di Ancona) aveva una previsione di occupazione di 8-10 persone, meno di uno stabilimento balneare.
Sulle questioni di merito appena citate Autorità Portuale e operatori non hanno speso una parola. La riflessione finale è che quella che era una sensazione sta diventando una certezza: il porto di Ancona sta perdendo occasioni importanti e si avvita in processi decisionali autoreferenziali e conservatori, assolutamente impermeabili ai suggerimenti altrui e alle necessità della città. Ogni osservazione, ogni proposta è recepita con fastidio e sufficienza. Nel frattempo il porto perde da anni merci e passeggeri, ma di riconversione non si parla. Si continua a prendere quello che viene, senza una visione, senza priorità o programmi. Di questi giorni la notizia che i fondi europei per la piattaforma logistica sono andati perduti. La ormai vecchia "nuova banchina lineare", appaltata dall'Autorità Portuale e prevista ultimata nel 2003, è ancora un'incompiuta. “Del resto per il waterfront non c'è un progetto” ripetono i dirigenti dell'Autorità Portuale. Ma infatti.

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