mercoledì 30 settembre 2015

Perché Civati ha sbagliato tutto. Ma proprio tutto.

A parte un gruppetto di invasati del Pippo fan club, tutti sapevano che la campagna estiva per gli otto referendum di Civati si sarebbe chiusa con un flop. Ecco perché la comunicazione che non ci sono abbastanza firme da depositare in Cassazione è una non-notizia, che dopo varie ore poche testate nazionali hanno ripreso (tra queste l'Unità, con una certa comprensibile perfidia).
Dopo l'uscita dal PD Civati ha annunciato il lancio di otto quesiti referendari dedicati alle riforme del governo Renzi: Buona Scuola, Sblocca Italia, Italicum e Jobs Act. Lo ha fatto in modo abbastanza velleitario, sperando di coinvolgere altri soggetti politici nell'operazione. Ma i potenziali partner hanno tutti declinato, anche perché sono stati consultati solo dopo che Civati e i suoi avevano già depositato i quesiti in Cassazione.
Il problema del protagonismo è uno dei punti deboli di Pippo, che non tollera ruoli subordinati. Dopo la sua uscita dal PD ha annunciato con un post su facebook (quello qui sotto) "domenica lancio il MIO movimento 'Possibile'." Così anche i referendum sono diventati i SUOI, "I referendum di Civati", costringendo i sottoscrittori ad accodarsi ad un progetto con un brand preciso. E questo non ha giovato.
Anche se ripetutamente sollecitati da Civati, i soggetti sensibili ai temi dei referendum hanno mantenuto le distanze. I sindacati della scuola si sono sfilati, Landini e la sua Coalizione Sociale sono rimasti alla finestra, Vendola e Sel non hanno aderito, tantomeno Grillo e i suoi.
Politicamente l'operazione referendum per Civati aveva un senso: la ricerca di una legittimazione. Di solito chi vuole indire un referendum utilizza la sua rete per raggiungere lo scopo. Civati invece ha usato i referendum per cercare di costruire una rete. Purtroppo non ci è riuscito. Con lui sono rimasti i pochi fedeli seguaci e poco più. A parte qualche cluster in provincia, la raccolta di firme nelle grandi città è stata modesta, pochi i banchetti. In molti capoluoghi in piazza a raccogliere le firme non si è visto nessuno.
Ci sono stati endorsement che hanno reso ancora meno sexy i referendum. Vedere firmare i quesiti da dei dinosauri della politica come Ferrero, Ingroia, Di Pietro, Pannella, persino Giovanardi, non ha certo migliorato l'immagine. Altrettanto negativo raccogliere le adesioni di isterici anti renziani come Travaglio, Guzzanti, Scanzi, Padellaro. Nel frattempo le Regioni si mobilitavano autonomamente sulla questione delle trivellazioni, rendendo inutile il referendum più interessante degli otto.
Tutti sapevano che le firme non ci sarebbero state, Civati e il suo cerchio magico per primi. Ma oggi Pippo fa sapere di non avercela fatta con un post lunare sul suo blog dal titolo eloquente "Renzi l'ha scampata (ma per poco)". Nel pezzo l'affezionatissimo non ammette la sconfitta, anzi. Piuttosto dà la colpa a chi non ha firmato, scrivendo: "Resta il rimpianto di non dare agli italiani e alle italiane la possibilità di votare sulle riforme di questo governo, e su questo ognuno, a partire da chi non ha voluto partecipare, si prenda le sua responsabilità."
Insomma Civati ha sbagliato tutto. Ma proprio tutto. E continua a sbagliare. La vignetta qui sotto l'ho trovata in rete, non so chi sia l'autore. Ma è davvero eloquente.



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