The Fund For Peace ha pubblicato il rapporto 2015 sulla fragilità degli stati. Si può consultare e scaricare a questo link. Per fragilità si intende la somma di vari fattori quali la instabilità politica, l'incertezza di prospettive, il disagio sociale, la scarsa scolarizzazione, la povertà. Una serie di indicatori portano alla classifica che vede una sola nazione con le carte in regola per essere valutata "molto sostenibile": la Finlandia. Altre 14, Australia, Canada e 12 paesi europei, sono "sostenibili". Altre 11, tra cui USA, Giappone, Francia, Sud Corea, sono giudicate "estremamente stabili". Altre 15 sono "molto stabili", tra queste l'Italia. In fondo alla classifica quattro paesi versano in "grado di allarme molto alto": Sudan, Repubblica Centraficana, Somalia e South Sudan. Altre 12 sono in "grado di allarme alto", tra le quali Siria, Iraq, Afghanistan, Pakistan, Nigeria.
Partendo da questi dati Richard Florida scrive su Citylab alcune riflessioni interessanti, facendo notare che i paesi più fragili non sono solo i più poveri, ma anche quelli meno urbanizzati. Le nazioni meno urbanizzate, con città piccole, disorganizzate e non dotate di servizi essenziali, sono le più fragili. E non a caso i focolai di guerra, come sta accadendo in Siria, invertono l'urbanizzazione e spingono la popolazione ad abbandonare i grandi centri, obiettivi bellici privilegiati. Questo porta a un circolo vizioso di recessione urbana e di maggiore fragilità. Le città non sono solo motori dello sviluppo e della crescita economica, contribuiscono anche a creare un mondo più sicuro, più inclusivo e più tollerante.
Partendo da questi dati Richard Florida scrive su Citylab alcune riflessioni interessanti, facendo notare che i paesi più fragili non sono solo i più poveri, ma anche quelli meno urbanizzati. Le nazioni meno urbanizzate, con città piccole, disorganizzate e non dotate di servizi essenziali, sono le più fragili. E non a caso i focolai di guerra, come sta accadendo in Siria, invertono l'urbanizzazione e spingono la popolazione ad abbandonare i grandi centri, obiettivi bellici privilegiati. Questo porta a un circolo vizioso di recessione urbana e di maggiore fragilità. Le città non sono solo motori dello sviluppo e della crescita economica, contribuiscono anche a creare un mondo più sicuro, più inclusivo e più tollerante.
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