A Bonn proseguono i lavori della COP23, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima. I delegati sono impegnati nei tavoli tecnici paralleli, con particolare attenzione al cosiddetto APA, acronimo che sta per Ad Hoc Working Group on the Paris Agreement. Ovvero la sede dove si discutono le modalità di attuazione dell'Accordo di Parigi del 2015 (foto sotto).
Nel frattempo l'Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) ha diffuso i dati climatici sui primi dieci mesi del 2017, che sarà un'altro anno record in termini di riscaldamento globale. Con ogni probabilità il 2017 sarà il secondo anno più caldo di sempre, seguito dal 2015. Il primato resterà quasi certamente al 2016, caratterizzato da un El Niño di rara potenza. El Niño è il fenomeno periodico che riscalda le correnti dell'oceano Pacifico centro-orientale, influenzando il clima di Asia e Americhe. In ogni caso il quinquennio 2013-2017 sarà il più caldo di sempre.
Nel periodo gennaio-settembre 2017 le temperature medie globali sono state di 1.1°C sopra la media dell'epoca preindustriale, e circa mezzo grado in più della media del periodo 1981-2010. L'anno in corso sarà anche ricordato per il record di eventi meteorologici estremi e non solo confinati nelle regioni tropicali. Per la prima volta due uragani di classe 4, Harvey e Irma, hanno raggiunto il continente americano nello stesso anno, causando danni ingenti e precipitazioni notevoli (il record a Nederland, Texas, con oltre un metro e mezzo di pioggia in una settimana).
Tornando alla COP23, la discussione più interessante di ieri si è svolta probabilmente sul tavolo SBI (Subsidiary Body for Implementation) e ha riguardato la tempistica di aggiornamento degli INDC (Intended Nationally Determined Contribution) ovvero gli impegni deliberati dai singoli paesi per l'attuazione dell'Accordo di Parigi. Tutti questi acronimi sono fastidiosi, ma fanno parte del consueto linguaggio ONU. Ad oggi 165 INDC sono stati presentati ufficialmente (i paesi che hanno ratificato l'Accordo di Parigi sono 169). Naturalmente questi piani nazionali devono essere rendicontati e aggiornati, e di questo si discute. La linea prevalente sembra essere quella di rivedere obiettivi e metodologie entro il 2025, con proiezioni che vadano oltre il 2030. Ma nulla è ancora deciso.
Nel frattempo l'Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) ha diffuso i dati climatici sui primi dieci mesi del 2017, che sarà un'altro anno record in termini di riscaldamento globale. Con ogni probabilità il 2017 sarà il secondo anno più caldo di sempre, seguito dal 2015. Il primato resterà quasi certamente al 2016, caratterizzato da un El Niño di rara potenza. El Niño è il fenomeno periodico che riscalda le correnti dell'oceano Pacifico centro-orientale, influenzando il clima di Asia e Americhe. In ogni caso il quinquennio 2013-2017 sarà il più caldo di sempre.
Nel periodo gennaio-settembre 2017 le temperature medie globali sono state di 1.1°C sopra la media dell'epoca preindustriale, e circa mezzo grado in più della media del periodo 1981-2010. L'anno in corso sarà anche ricordato per il record di eventi meteorologici estremi e non solo confinati nelle regioni tropicali. Per la prima volta due uragani di classe 4, Harvey e Irma, hanno raggiunto il continente americano nello stesso anno, causando danni ingenti e precipitazioni notevoli (il record a Nederland, Texas, con oltre un metro e mezzo di pioggia in una settimana).
Tornando alla COP23, la discussione più interessante di ieri si è svolta probabilmente sul tavolo SBI (Subsidiary Body for Implementation) e ha riguardato la tempistica di aggiornamento degli INDC (Intended Nationally Determined Contribution) ovvero gli impegni deliberati dai singoli paesi per l'attuazione dell'Accordo di Parigi. Tutti questi acronimi sono fastidiosi, ma fanno parte del consueto linguaggio ONU. Ad oggi 165 INDC sono stati presentati ufficialmente (i paesi che hanno ratificato l'Accordo di Parigi sono 169). Naturalmente questi piani nazionali devono essere rendicontati e aggiornati, e di questo si discute. La linea prevalente sembra essere quella di rivedere obiettivi e metodologie entro il 2025, con proiezioni che vadano oltre il 2030. Ma nulla è ancora deciso.
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