Si è conclusa la settimana di negoziati sul clima di Bangkok, l'ultimo evento ONU prima della conferenza annuale, la COP24 di Katowice che avrà inizio il 2 dicembre. A Bangkok erano presenti 1200 delegati dei 197 paesi che fanno parte della Convenzione Quadro sul Clima delle Nazioni Unite, più 400 tra stampa, ONG e funzionari di agenzie ONU.
Breve riepilogo: alla COP21 di Parigi 2015 è stato approvato l'accordo globale sul clima. L'Accordo di Parigi è entrato in vigore l'anno successivo, il 4 novembre 2016, ed è stato sottoscritto ad oggi da 180 nazioni. L'accordo prevede di ridurre il riscaldamento globale "ben al di sotto" dei 2°C, con l'obiettivo di non superare i +1.5°C. Secondo l'accordo ogni nazione deve elaborare un proprio piano per la riduzione delle emissioni di gas serra (NDC). I piani devono includere i metodi di attuazione e i progressi nella mitigazione e nell'adattamento ai cambiamenti climatici, e vanno verificati e aggiornati, con obiettivi più ambiziosi, ogni cinque anni a partire dal 2023.
Il principio politico dell'Accordo di Parigi resta quello delle "responsabilità condivise ma differenziate". Tutti i sottoscrittori si impegnano ad agire, ma i paesi sviluppati (quelli che sottoscrissero il Protocollo di Kyoto), in quanto inquinatori "storici" devono garantire risorse alle nazioni in via di sviluppo e ai paesi più poveri (Least Developed Countries, nel linguaggio ONU).
La COP22 di Marrakech, che si aprì il giorno dopo l'entrata in vigore dell'Accordo di Parigi, deliberò che una prima valutazione sui progressi negli obiettivi a lungo termine di riduzione delle emissioni si sarebbe fatta dopo due anni, ovvero nel 2018 (adesso). La scadenza è tra meno di due mesi alla COP24 di Katowice.
Nel frattempo le cose si sono complicate, perché lo scorso anno l'America di Trump ha disdetto l'Accordo di Parigi sottoscritto da Trump ed è uscita dalla UNFCCC, la Convenzione Quadro ONU sui Cambiamenti Climatici (unica nazione del pianeta). Dopo l'abbandono degli USA la leadership politica è passata all Unione Europea (che però contribuisce solo al 9.6% delle emissioni globali) e alla Cina, che conferma obiettivi sempre più ambiziosi ed è responsabile di quasi il 30 per cento delle emissioni. Primo paese inquinante, ma in quota pro-capite molto al di sotto di Stati Uniti, Europa e altri paesi OCSE.
I negoziati di Bangkok dovevano spianare la strada alla COP24 e definire i molti punti ancora incerti. Il risultato non è stato brillante. Il primo compito era quello di elaborare un "rapporto di sintesi" da presentare a Katowice. Il rapporto è stato redatto, ma non è esattamente di sintesi: una relazione di 307 pagine chiamata Bangkok Outcome che dà mandato alla presidenza di proseguire il dialogo e fare sintesi. C'è ancora un appuntamento intermedio: un meeting pre-COP che si svolgerà dal 24 al 27 ottobre a Cracovia, sempre in Polonia.
Breve riepilogo: alla COP21 di Parigi 2015 è stato approvato l'accordo globale sul clima. L'Accordo di Parigi è entrato in vigore l'anno successivo, il 4 novembre 2016, ed è stato sottoscritto ad oggi da 180 nazioni. L'accordo prevede di ridurre il riscaldamento globale "ben al di sotto" dei 2°C, con l'obiettivo di non superare i +1.5°C. Secondo l'accordo ogni nazione deve elaborare un proprio piano per la riduzione delle emissioni di gas serra (NDC). I piani devono includere i metodi di attuazione e i progressi nella mitigazione e nell'adattamento ai cambiamenti climatici, e vanno verificati e aggiornati, con obiettivi più ambiziosi, ogni cinque anni a partire dal 2023.
Il principio politico dell'Accordo di Parigi resta quello delle "responsabilità condivise ma differenziate". Tutti i sottoscrittori si impegnano ad agire, ma i paesi sviluppati (quelli che sottoscrissero il Protocollo di Kyoto), in quanto inquinatori "storici" devono garantire risorse alle nazioni in via di sviluppo e ai paesi più poveri (Least Developed Countries, nel linguaggio ONU).
La COP22 di Marrakech, che si aprì il giorno dopo l'entrata in vigore dell'Accordo di Parigi, deliberò che una prima valutazione sui progressi negli obiettivi a lungo termine di riduzione delle emissioni si sarebbe fatta dopo due anni, ovvero nel 2018 (adesso). La scadenza è tra meno di due mesi alla COP24 di Katowice.
Nel frattempo le cose si sono complicate, perché lo scorso anno l'America di Trump ha disdetto l'Accordo di Parigi sottoscritto da Trump ed è uscita dalla UNFCCC, la Convenzione Quadro ONU sui Cambiamenti Climatici (unica nazione del pianeta). Dopo l'abbandono degli USA la leadership politica è passata all Unione Europea (che però contribuisce solo al 9.6% delle emissioni globali) e alla Cina, che conferma obiettivi sempre più ambiziosi ed è responsabile di quasi il 30 per cento delle emissioni. Primo paese inquinante, ma in quota pro-capite molto al di sotto di Stati Uniti, Europa e altri paesi OCSE.
I negoziati di Bangkok dovevano spianare la strada alla COP24 e definire i molti punti ancora incerti. Il risultato non è stato brillante. Il primo compito era quello di elaborare un "rapporto di sintesi" da presentare a Katowice. Il rapporto è stato redatto, ma non è esattamente di sintesi: una relazione di 307 pagine chiamata Bangkok Outcome che dà mandato alla presidenza di proseguire il dialogo e fare sintesi. C'è ancora un appuntamento intermedio: un meeting pre-COP che si svolgerà dal 24 al 27 ottobre a Cracovia, sempre in Polonia.
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