L'accordo raggiunto in extremis alla conferenza di Bali è stato accolto con grande entusiasmo, perché dimostra che finalmente tutte le nazioni riconoscono l'urgenza di interventi radicali per la riduzione delle emissioni nocive e il contenimento del riscaldamento globale.
Come è noto il documento approvato a Bali non quantifica apertamente le cifre di questa riduzione, che però tutti indicano nella quota del 40% per i paesi industrializzati. Secondo gli scienziati del panel ONU questa è la quantità che può mantenere il riscaldamento globale sotto la soglia dei 2 gradi, considerata il massimo accettabile senza sconvolgimenti epocali. La Germania ha già annunciato unilateralmente il suo impegno a ridurre entro il 2020 del 40% le proprie emissioni. L'Italia ha dichiarato di essere in linea con queste misure.
Mirare ad un obiettivo ambizioso (ma necessario) come la riduzione del 40% entro il 2020 significa cambiare radicalmente lo stile di vita di ogni individuo sul pianeta. Una diminuzione così drastica potrà essere ottenuta solo con interventi pesantissimi sull'utilizzo delle risorse, la mobilità, la produzione dei beni, i servizi essenziali, i consumi. Dovranno essere prese decisioni ad ogni livello amministrativo e di governo, probabilmente con scelte anche impopolari.
Nel frattempo è bastata la notizia del nuovo regolamento comunitario per limitare le emissioni delle auto (max 120g/Km entro il 2012) a mandare su tutte le furie i costruttori, soprattutto tedeschi. Un provvedimento di questo genere, giudicato troppo pesante dagli industriali, non sarebbe sufficiente neppure ad avvicinare la riduzione del 40% nel settore auto.
Chi e come avrà il coraggio e l'autorità per imporre le decisioni e le leggi del dopo Kyoto?
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