Rifondazione Comunista, uscita a pezzi dalle elezioni, ha già consumato il primo atto della resa dei conti. Ieri a Roma si sono scontrati e contati il gruppo dirigente uscente e la fazione capitanata da Paolo Ferrero, ministro "di lotta e di governo". L'ha spuntata - non di molto - Ferrero, approfittando anche di un profilo volutamente basso dell'unico vero nuovo leader comunista, Nichi Vendola.
L'assemblea ha isituito un comitato di garanzia che guiderà il partito fino al congresso di luglio. Il piccolo Giordano si è dimesso in lacrime e con lui se ne va anche Babyface Migliore. Bertinotti era già sparito e ieri non si è fatto nemmeno vedere. Ferrero e il suo sodale Russo Spena vengono da Democrazia Proletaria, sono comunisti mai pentiti che hanno ferocemente criticato il progetto della sinistra Arcobaleno e l'abbandono della falce e martello.
Al di là dell'appeal di simboli vecchi e nuovi l'analisi del voto è semplice e spietata: gli elettori che all'interno di una grande coalizione gradivano distinguersi con un voto di sinistra, al momento di scegliere tra due cartelli diversi hanno nettamente virato su posizioni moderate. Stupisce che di questo si incolpi Veltrone, il quale, come dice anche Vittorio Agnoletto, ha fatto solo il suo dovere. Sarebbe come se Carlo Vanzina desse a Spielberg la colpa di non avere mai vinto un Oscar.
Bertinotti ora sarà libero di frequentare salotti veri e televisivi senza timore di eccedere in frivolezza. La ricostituita maggioranza conservatrice di Rifondazione lavorerà per arrivare al congresso con una proposta solida, sperando che Vendola mantenga la promessa di volere restare il presidente della Puglia fino al 2010. Molti invece giurano che al congresso di luglio Nichi vorrà essere protagonista.
Ferrero non mi è simpatico, ma un consiglio vorrei darglielo: prenda davvero le distanza da Bertinotti e Diliberto e si liberi di quel toscano, che come ho già scritto porta sfiga.
Ma no, il toscano non c'entra. Se mai centra la cingomma!
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