Ieri sono andato a prendere mio figlio a scuola e, tornando a casa, ho ascoltato al GR1 una intervista sul nucleare con Luigi Paganetto, presidente ENEA. Poi ho letto l'articolo di Umberto Veronesi su Repubblica, quindi ascoltato le dichiarazioni confindustriali di Emma Marcegaglia, infine Alessandro Bratti mi ha segnalato un articolo di Roberto Della Seta su Europa.
Le affermazioni del ministro Scajola ("prima pietra alle nuove centrali nucleari entro cinque anni") sono inverosimili ma hanno riacceso un dibattito che credo meriti di essere seguito e approfondito.
La cosa che più colpisce è la superficialità di chi interviene sulla questione, particolarmente nella sfera politica. Non è corretto opporre veti pregiudiziali sull'energia nucleare, ma è necessario seguire quanto sta accadendo altrove, nei paesi che da tempo hanno scelto questa opzione. Sostenibilitalia si occupa con frequenza di energia nucleare, riportando dati ed elementi di discussione. La presidente Marcegaglia ad esempio dovrebbe riflettere sul perché il capitale privato sia così riluttante ad investire nell'energia nucleare. Negli Stati Uniti il presidente Bush cerca di convincere le imprese a costruire nuove centrali garantendo un sussidio statale, lo stesso concesso alle centrali eoliche. Nel frattempo la percentuale di energia nucleare prodotta è in diminuzione, mentre aumentano rapidamente eolico e solare (leggi l'articolo di Antonio Cianciullo su Repubblica e guarda il grafico qui sotto).
Ci sono altri fattori cruciali che rendono incerto il vantaggio economico delle centrali, come la difficoltà di acquisto di elementi tecnologici (ho già riportato come il nocciolo sia prodotto in monopolio dalla Japan Steel, che ne consegna solo quattro l'anno). Senza parlare della scarsità di uranio, che in questi anni è stata ripianata con il combustibile ricavato dalle testate nucleari dismesse del blocco sovietico.
Quelli appena citati sono elementi di macroeconomia e di strategia politica. Resta la questione ambientale, legata alla sicurezza dei processi di produzione e soprattutto al problema irrisolto dello stoccaggio delle scorie. E naturalmente la sindrome NIMBY, che il capoclasse Tremonti aveva cercato di aggirare annunciando centrali italiane costruite nei Balcani. Ma Scajola di questo non ha parlato, le prime pietre vuole metterle qui da noi.
Ieri il sottosegretario Bertolaso, l'uomo che non deve chiedere mai, ha annunciato che per l'emergenza rifiuti in Campania "ci vorranno almeno trenta mesi, tanta collaborazione, tanta determinazione e tanta umiltà" Stiamo parlando di banali discariche, al massimo di qualche termovalorizzatore. Al di là della propaganda di Scajola, quali sarebbero i tempi della messa a regime di una produzione di energia nucleare italiana? Inoltre anche un buon numero di centrali nucleari contribuirebbe solo in minima parte alla domanda nazionale di energia: non è il caso di concentrare le risorse e la ricerca nella riduzione della domanda e nella eliminazione degli sprechi? Come pensa il governo Berlusconi di impostare il percorso verso la riduzione dei consumi del 20% e la produzione del 17% di energia rinnovabile, prevista per il 2020 dagli accordi sottoscritti in sede europea?
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