Archiviata la propaganda e gli annunci sulle prime pietre, sul Corriere della Sera il ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola dichiara che, partendo adesso e se tutto filasse liscio, le prime centrali nucleari italiane sarebbero pronte per il 2020. Il condizionale è d'obbligo. Scajola, preso dall'entusiasmo, ipotizza per quella data un mix energetico che comprende un 25% prodotto da centrali nucleari. La previsione è assolutamente irrealizzabile, ci vorrebbero almeno una dozzina di centrali in piena attività.
Conviene ricordare che per il 2020 il nostro paese ha sottoscritto accordi europei che impongono la riduzioni dei consumi del 20%, l'aumento dell'efficienza energetica del 20% e l'utilizzo di energie rinnovabili per il 17%. Nessuno di questi obiettivi ha qualche attinenza con il programma nucleare del governo Berlusconi. Dal ministero dell'ambiente per ora nessun programma virtuoso, anzi nel corso del vertice G8 di Kobe della scorsa settimana il ministro Prestigiacomo ha dichiarato di voler ridiscutere gli accordi perché non ritiene l'Italia in grado di mantenere gli impegni.
Torniamo al new cleare. Secondo il ministro Scajola chi ospiterà impianti di energia nucleare avrà la fortuna di poter pagare bollette più basse. Basterà per neutralizzare la sindrome NIMBY?
Sul tema della localizzazione degli impianti segnalo un'intervista di Eco dalle città all'assessore all'ambiente del Piemonte Nicola De Ruggiero, che giustamente ricorda come il titolo V della Costituzione assegni alle regioni un ruolo decisivo nella scelta dei siti. In pratica senza il consenso delle regioni non è possibile decidere dove va costruita una centrale energetica, qualunque sia la fonte utilizzata.
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