I dati diffusi oggi dimostrano che il mercato dell'auto nel mese di giugno è calato in Europa del 7.9% e in Italia del 19%. Non c'è molto da stupirsi, con l'aumento dei prodotti petroliferi e le aziende del settore che continuano a non fornire alternative ai clienti.
Ma qualcosa forse presto cambierà. Toyota, Honda, Subaru e altri stanno già sperimentando i primi modelli ibridi con ricarica domestica, cioè attraverso una normale presa di corrente. La General Motors sta praticamente giocando tutto il suo futuro sulla Chevrolet Volt, una ibrida plug-in che sarà commercializzata nel 2010 (in Europa arriverà con il marchio Opel).
Perché puntare sull'elettricità? perché il suo prezzo è svincolato da quello del petrolio, vista la quantita di fonti energetiche con cui è prodotta. Negli ultimi anni il petrolio ha aumentato il suo costo vertiginosamente, la benzina è almeno raddoppiata mentre gli incrementi dell'energia elettrica sono stati molto più modesti. L'elettricità, al contrario dell'idrogeno, non richiede la costruzione di una nuova filiera di distribuzione ed è disponibile già oggi ovunque. Altre alternative non sembrano praticabili: i biocarburanti, ammesso che possa esserne incrementata la produzione senza danneggiare l'alimentazione umana, viaggiano con prezzi anche più alti dei prodotti petroliferi. Metano e GPL seguono le oscillazioni speculative del petrolio e la loro disponibilità è limitata.
Qualche tempo fa avevo riportato su Sostenibilitalia un fondo dell'Economist che sosteneva, in una prospettiva squisitamente economica, che il futuro dell'energia è nel watt e consigliava il capitalismo occidentale di imporre una carbon-tax per incentivare il mercato a puntare sulle fonti rinnovabili.
Malgrado gli anatemi di retroguardia del capoclasse Tremonti alcuni giurano che la svolta verrà proprio dalla Cina, mercato in cui oggi si vendono dieci milioni di auto l'anno. Perché sarà la Cina a salvarci? Perchè in Cina il boom della motorizzazione è arrivato dopo la fine dell'era del petrolio a basso prezzo. Oggo a Pechino un litro di benzina costa più o meno un dollaro, di fronte a un reddito medio pro capite di appena 2000$ l'anno. Il mercato automobilistico è appena partito: oggi solo 24 cinesi su mille hanno un auto, contro 800 americani. Per svilupparsi, considerata la situazione economica del paese, il mercato cinese dovrà puntare su fonti di energia alternative al petrolio. E infatti il governo di Pechino introdurrà entro quest'anno incentivi del 10% per l'acquisto di auto a basso impatto. Del resto le potenzialità sono enormi e giustificano la ricerca di nuove soluzioni. I marchi globali sono coscienti della sfida e cominciano ad attrezzarsi: Toyota sta costruendo nel Guangdong una linea di produzione della berlina ibrida Camry, altri stanno cercando joint-ventures con industrie locali.
I mercati emergenti una volta erano quelli dove le grandi case automobilistiche vendevano i modelli obsoleti e fuori produzione, oggi sono al centro dell'avanguardia e della ricerca.
Da quelle parti non ci sono "industriali" che si lamentano perché l'energia costa troppo cara. Ci sono imprenditori che investono nella ricerca e nell'innovazione e scommettono sulla produzione di energia alternativa a basso costo. Lo fanno perché è un business, anzi il business dei prossimi anni.
In Italia invece il governo cancella i 700 milioni di Euro di fondi destinati al Protocollo di Kyoto per tappare i buchi di ICI e ticket sanitari. Berlusconi, Scajola e Brunetta fanno annunci roboanti sul nucleare "entro la legislatura" e poi ieri in commissione parlamentare non riescono nemmeno a inserire una frase concreta sul nucleare nel decreto fiscale.
Io seguo con attenzione quanto succede a Pechino, l'innovazione verrà da lì. E mentre in Asia qualcuno inventerà il nostro futuro Tremonti starà ancora blaterando di dazi.
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