Molto rumore oggi per l'accordo sull'energia nucleare tra la Francia e l'Italia, firmato a Roma da Sarkozy e Berlusconi.
Pretendo di essere laico ed evito ogni commento sulla sicurezza dell'energia nucleare. Non mi dilungo sulla scarsa reperibilità dell'uranio, le cui scorte sono limitate con la conseguenza di un prezzo in rapida e costante ascesa. Evito anche la spinosa e irrisolta questione del trattamento e stoccaggio delle scorie. Tralascio l'interesse economico della Francia, che esporta tecnologia e garantisce futuro e capitali alle sue imprese. Non insisto sulla improbabile prospettiva che il nucleare italiano sia finanziato da capitali privati, visto che in tutto il mondo le centrali atomiche vengono costruite con l'ausilio fondamentale di consistenti interventi pubblici.
Credo però che sia opportuno ragionare sui tempi. Le centrali previste in Italia sono di cosiddetta terza generazione, come quella di Olkiluoto 3 attualmente in costruzione in Finlandia. Appaltato nel 2005 l'impianto da 1600 MW avrebbe dovuto essere ultimato a metà del 2009 ma il cantiere viaggia con tre anni di ritardo. Nel frattempo i costi di costruzione, previsti inizialmente in 2.5 miliardi di Euro, sono già oltre i 4 miliardi e gli incidenti registrati sommano a oltre 1500.
Olkiluoto 3, assieme alla centrale francese di Flamanville 3, rappresenta il prototipo delle nuove centrali EPR (European Pressurised Reactor), una tecnologia che Sarkozy ha cercato di piazzare in vari paesi come Canada, Turchia, Cina, Brasile, Sud Africa e Stati Uniti, fino a riuscire a siglare un accordo commerciale con il governo italiano.
Oggi il ministro degli esteri Frattini ha detto che "nei prossimi anni ci dovrà essere la posa della prima pietra di una centrale nucleare pulita e sicura italiana". Cosa vuol dire prossimi? L'Autorità per la Sicurezza Nucleare Francese, in un recente documento ammonisce dai facili entusiasmi atomici. Secondo l'ASN ci vogliono almeno cinque anni solo per redigere un quadro normativo, creare una Autorità, renderla operativa e mobilitare le competenze in tema di sicurezza e controllo. Inoltre, continuano gli esperti dell'agenzia statale francese, "l'esperienza internazionale dimostra che l'istruttoria da parte di questa Autorità di una domanda di autorizzazione alla costruzione di una centrale dura da un minimo di due a un massimo di dieci anni". Conoscendo l'Italia, dove non si riesce nemmeno a piazzare una discarica, quali sono i tempi prevedibili per concludere il processo autorizzativo?
Anche il governo della destra conosce i rischi che derivano dalla localizzazione delle centrali, tanto che per evitare fastidiosi cali di consenso ha sapientemente spostato i termini di presentazione dei criteri per la scelta dei siti al luglio 2009, ovvero dopo le elezioni. Senza contare che il titolo V della Costituzione assegna alle regioni un ruolo decisivo nella scelta dei siti. In pratica senza il consenso delle regioni non è possibile decidere dove va costruita una centrale energetica, qualunque sia la fonte utilizzata.
Una volta aperto il cantiere l'ASN calcola poi in cinque anni i tempi di costruzione, ma il recente caso finlandese di Olkiluoto 3 dimostra che prima di sette anni non si combina niente. E questo nella pragmatica Finlandia.
Secondo questi dati, ammesso che a luglio il governo decida davvero i criteri di scelta dei siti, per rendere operativa una centrale nucleare in Italia ci vorranno da un minimo di 14 a un massimo di 22 anni.
E nel frattempo?
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