Finisce senza scosse il G8 abruzzese fortemente voluto da Berlusconi. In tutti i sensi: niente tremori da sciame sismico, niente pericoli per la sicurezza, niente di nuovo nelle decisioni prese, niente inbarazzanti domande sulle questioni private del premier, che ha tutte le ragioni di essere contento dell'andamento dei tre giorni a L'Aquila.
A parte il buon esito delle questioni imponderabili (scosse di terremoto e domande insinuanti della stampa), il resto era quasi scritto. La remota location aquilana complicava la logistica ma rendeva abbastanza semplice la protezione del vertice da manifestazioni e proteste. I documenti e le decisioni erano state oggetto di lunghe negoziazioni preventive degli sherpa diplomatici e il vertice ne ha solo vista la ratifica, come del resto accade da sempre.
Anche le decisioni prese sul clima, seppure abbastanza incoraggianti, non sono storiche e hanno già subito pesanti critiche come quelle di Jeremy Rifkin. La dichiarazione di voler ridurre del 50% le emissioni entro il 2050 resta tale se non accompagnata da iniziative concrete e soprattutto obiettivi intermedi. Che la scelta del G8 sia solo una dichiarazione di intenti lo dimostra l'entusiasmo che ha provocato nel nostro presidente del consiglio, che invece si era molto agitato in opposizione al "pacchetto clima" europeo che invece fissa i suoi obiettivi al 2020. Del resto il 2050 è talmente lontano e vago che persino un ottimista come Berlù non dovrebbe nutrire serie speranze di vederlo di persona (mai dire mai, direbbe il suo medico curante Scapagnini famoso per "Silvio tecnicamente è quasi immortale").
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