Ieri Le Monde ha pubblicato un articolo molto interessante sul fenomeno crescente delle migrazioni dovute ai cambiamenti climatici. Lo spunto è il rapporto 2010 sulle migrazioni ambientali presentato dalla Organizzazione Mondiale per la Migrazione (IOM-OIM) in collaborazione con IDDRI.
Nel 2009 i "migranti ambientali" sono stati 15 milioni, nel 2010 ben 38 milioni. Per il 2011 si prevede una cifra simile all'anno precedente. Molti si trasferiscono a causa di eventi catastrofici, come le inondazioni in Filippine, Tailandia e Cina di quest'anno. Ma c'è anche una larga fetta di migrazione "involontaria", con spostamenti successivi dovuti al cambiamento climatico come la progressiva desertificazione in Sudan e nel Nord Est del Brasile. Per il 2020 si stimano almeno 50 milioni di profughi ambientali.
Il problema non riguarda solo i paesi in via di sviluppo. Le Monde cita il caso della tempesta Xinthia (Cinzia, da noi) che ha colpito la Francia meridionale, mettendo in evidenza l'impreparazione del paese per il controllo delle inondazioni e la protezione delle popolazioni costiere.
Anche il quadro legale ha bisogno di adeguarsi al fenomeno, perché la convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 non prevede la categoria dei profughi ambientali, concentrandosi sulle vittime dei conflitti. La risposta economica dovrebbe venire dal green fund approvato alla COP16 di Cancun nel 2010 e recentemente confermato a Durban: 100 miliardi di dollari l'anno a regime dal 2010, pagati dai paesi sviluppati. Ma le quote a carico dei singoli stati non sono ancora definite.
Nel 2009 i "migranti ambientali" sono stati 15 milioni, nel 2010 ben 38 milioni. Per il 2011 si prevede una cifra simile all'anno precedente. Molti si trasferiscono a causa di eventi catastrofici, come le inondazioni in Filippine, Tailandia e Cina di quest'anno. Ma c'è anche una larga fetta di migrazione "involontaria", con spostamenti successivi dovuti al cambiamento climatico come la progressiva desertificazione in Sudan e nel Nord Est del Brasile. Per il 2020 si stimano almeno 50 milioni di profughi ambientali.
Il problema non riguarda solo i paesi in via di sviluppo. Le Monde cita il caso della tempesta Xinthia (Cinzia, da noi) che ha colpito la Francia meridionale, mettendo in evidenza l'impreparazione del paese per il controllo delle inondazioni e la protezione delle popolazioni costiere.
Anche il quadro legale ha bisogno di adeguarsi al fenomeno, perché la convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 non prevede la categoria dei profughi ambientali, concentrandosi sulle vittime dei conflitti. La risposta economica dovrebbe venire dal green fund approvato alla COP16 di Cancun nel 2010 e recentemente confermato a Durban: 100 miliardi di dollari l'anno a regime dal 2010, pagati dai paesi sviluppati. Ma le quote a carico dei singoli stati non sono ancora definite.
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