La Russia potrebbe davvero scatenare un conflitto in Crimea? O innescare una nuova guerra fredda? Assolutamente no, secondo il New York Times. Secondo il quotidiano chi paragona l'intervento in Crimea alle invasioni dell'Ungheria nel 1956 e della Cecoslovacchia nel 1968 dimentica un elemento cruciale: la Russia oggi ha un mercato finanziario, una borsa. E lunedì scorso la borsa di Mosca ha riaperto perdendo il 12 per cento, ovvero circa 45 miliardi di Euro. Il rublo è andato a picco, costringendo la banca centrale russa ad aumentare il tasso di interesse di un punto e mezzo nel tentativo di difendere la valuta. Martedì, quando Putin ha dichiarato di non giudicare necessario un intervento militare in Crimea, i mercati hanno avuto un rimbalzo positivo del sei per cento.
Il mercato reagisce puntualmente alle incertezze e ai rischi della geopolitica. Questo vale ancora di più per la Russia, dove le grandi compagnie hanno quasi tutte una partecipazione azionaria dello stesso stato. Gazprom ad esempio, la prima compagnia russa per capitalizzazione, è quotata alla borsa di Londra ma ha uno share del governo che supera il 50%. Mentre la maggioranza degli azionisti privati di Gazprom sono americani. Il gigante minerario Glencore Xstrata, altro colosso finanziario russo, ha un fatturato che supera il PIL dell'Ucraina. Instabilità e minacce di guerra mettono a rischio i profitti di queste e altre compagnie partecipate dal governo russo, come scrive anche Reuters.
Da quando Gorbachov creò la borsa russa, nel 1990, l'economia del paese è cambiata radicalmente. E oggi è legata a doppio filo alle esportazioni: la metà sono verso l'Europa e tre quarti di queste consistono in petrolio e gas. L'Europa è un mercato troppo importante per la Russia, malgrado le sparate di Putin.
Il New York Times fa anche notare che ai tempi della guerra fredda nella Russia comunista non c'erano miliardari. Oggi secondo Forbes sono 111, il terzo dato dopo USA e Cina. Oligarchi e ricconi che hanno capitalizzato investendo in Europa e Usa e sarebbero i primi ad essere colpiti dalle sanzioni economiche minacciate da Obama e dall'Unione Europea.
L'articolo del NYT ricorda anche che non esiste più una contrapposizione ideologica tra capitalismo e marxismo, come ai tempi della guerra fredda. Oggi c'è solo Putin che rifiuta di considerare l'occidente come un modello, cercando di mantenere la leadership di una alternativa congregazione euro-asiatica. E forse la minaccia di perdere l'Ucraina, parte importante di questo disegno, potrebbe avere causato le reazioni scomposte della Russia e l'avvio di una crisi che per Mosca non può avere sviluppi positivi.
Il mercato reagisce puntualmente alle incertezze e ai rischi della geopolitica. Questo vale ancora di più per la Russia, dove le grandi compagnie hanno quasi tutte una partecipazione azionaria dello stesso stato. Gazprom ad esempio, la prima compagnia russa per capitalizzazione, è quotata alla borsa di Londra ma ha uno share del governo che supera il 50%. Mentre la maggioranza degli azionisti privati di Gazprom sono americani. Il gigante minerario Glencore Xstrata, altro colosso finanziario russo, ha un fatturato che supera il PIL dell'Ucraina. Instabilità e minacce di guerra mettono a rischio i profitti di queste e altre compagnie partecipate dal governo russo, come scrive anche Reuters.
Da quando Gorbachov creò la borsa russa, nel 1990, l'economia del paese è cambiata radicalmente. E oggi è legata a doppio filo alle esportazioni: la metà sono verso l'Europa e tre quarti di queste consistono in petrolio e gas. L'Europa è un mercato troppo importante per la Russia, malgrado le sparate di Putin.
Il New York Times fa anche notare che ai tempi della guerra fredda nella Russia comunista non c'erano miliardari. Oggi secondo Forbes sono 111, il terzo dato dopo USA e Cina. Oligarchi e ricconi che hanno capitalizzato investendo in Europa e Usa e sarebbero i primi ad essere colpiti dalle sanzioni economiche minacciate da Obama e dall'Unione Europea.
L'articolo del NYT ricorda anche che non esiste più una contrapposizione ideologica tra capitalismo e marxismo, come ai tempi della guerra fredda. Oggi c'è solo Putin che rifiuta di considerare l'occidente come un modello, cercando di mantenere la leadership di una alternativa congregazione euro-asiatica. E forse la minaccia di perdere l'Ucraina, parte importante di questo disegno, potrebbe avere causato le reazioni scomposte della Russia e l'avvio di una crisi che per Mosca non può avere sviluppi positivi.
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