martedì 3 gennaio 2017

Buon anno e buoni voucher

Ieri, nella prima edizione del 2017, su La Repubblica Roberto Mania ha intervistato Susanna Camusso. Il titolo dell'articolo è perentorio: Susanna Camusso: "Lavoro e giovani, una svolta, il governo ne tenga conto. Sui voucher non trattiamo".
Nel corso dell'intervista Mania chiede:
Dunque per la Cgil che ha promosso il referendum per abolire i buoni lavoro, nessuna mediazione è possibile?
"No, su questo istituto no - risponde Camusso - Dobbiamo ricomporre le caratteristiche di un rapporto di lavoro perché il lavoro non è merce che si prende sullo scaffale".

Eppure i voucher - insiste Mania - stando ai dati congiunti del ministero del Lavoro, Istat, Inps e Inail, costituiscono lo 0,23 per cento del costo del lavoro; in tutto i voucheristi rappresentano in termini di unità di lavoro equivalenti 47 mila persone. Ci sono molti pensionati e giovani ai primi lavoretti. Sono una parte piccola del mercato del lavoro. Non le pare sproporzionata la vostra battaglia? 
"Sono 150 milioni le ore annue che vengono pagate con i voucher" ribatte Camusso.

Secondo i più recenti dati ISTAT riferiti a ottobre 2016 gli occupati in Italia sono 22.7 milioni e di questi 17 milioni sono lavoratori dipendenti. Le ore totali di lavoro dipendente superano largamente i venti miliardi, cifra che rende le 150 milioni di ore dei voucher dichiarate da Camusso una quantità marginale.
Non è il caso di rifare qui la storia dei voucher, creati dal governo Monti, rafforzati dal governo Letta e poi ancora modificati e finalmente resi tracciabili dal governo Renzi. La domanda da farsi, viste le modeste quantità dei voucher rispetto al totale del mercato del lavoro, è se davvero questo strumento è così dirompente e pericoloso come Camusso e molti altri dicono.
Lo scorso 29 dicembre, sempre su La Repubblica, Alessandro De Nicola della Adam Smith Society scriveva un lungo intervento dal titolo Meglio l'odiato voucher che il lavoro nero. Le cifre che snocciola De Nicola sono interessanti. I voucher ad ottobre 2016 (ultimi dati ISTAT) erano 121 milioni, non 150 come sostiene Camusso. Inoltre:
La media annua di coloro che sono pagati col voucher nel 2015 corrispondeva all'1,3% degli occupati italiani. Anche se nel 2016 arrivassimo all'1,6-1,7%, non sembra un fenomeno di proporzioni drammatiche. Gli utilizzatori ne adoperano in media 60-70 l'anno e solo il 2,2% (dati 2015) ha riscosso più di 300 voucher (pari a meno di 40 giornate lavorative): quale posto fisso si andrebbe a rimpiazzare? Inoltre, il 77% degli utilizzatori sono studenti, pensionati, percettori di ammortizzatori sociali, lavoratori part-time o autonomi (quindi incompatibili con un lavoro dipendente) e solo il 10% del totale risulta avere avuto un rapporto di lavoro con lo stesso datore nei sei mesi precedenti.
L'impressione è che, ancora una volta, molti cerchino solo un argomento per attaccare briga, per arruffare il popolo, per mantenere posizioni e ruoli.

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