Non voglio fare per la centesima volta l'elenco delle nomine di giunta e di staff fatte da Virginia Raggi a Roma e poi revocate o cancellate da dimissioni, atti giudiziari o contrapposizioni interne al M5S. Sono tante, troppe. Segnali pessimi per chi deve dimostrare la propria qualità e competenza nell'amministrare.
Quello che mi ha colpito però è la violenza verbale dei commenti, sia da parte degli epurati che da parte di Raggi e dell'ortodossia grillistra romana. Paolo Berdini aveva definito la sindaca "inadeguata e impreparata". Oggi, dopo le dimissioni di Berdini, Virginia Raggi dichiara di stare cercando un assessore "che parli meno e lavori di più". Ricordiamo che Berdini fu annunciato da Raggi ancora prima dell'insediamento, nel comizio di chiusura della campagna elettorale a Ostia, come assessore sinbolo del nuovo corso e del buon governo romano (assieme ad Andrea Lo Cicero che invece in giunta non entrò mai).
Sempre oggi Paola Muraro, portata a lungo in palmo di mano da Raggi prima che a sua volta si dimettesse, in una intervista a La Stampa dice che "C’è all’opera un gruppo trasversale di affaristi dentro e fuori il Movimento" e che Raggi deve "liberarsi da lacci e lacciuoli che le hanno imposto dall’esterno".
Anche Marcello Minenna, dimessosi da assessore al bilancio ai primi di settembre 2016, aveva descritto l'operato di Raggi come "quello che definirei eufemisticamente un 'deficit di trasparenza'". Quanto all'ex capo di gabinetto Raineri, il 18 dicembre 2016 diceva a La Repubblica: "Il clima che ho respirato era surreale. Mi ha ricordato il film Mani sulla città. Riunioni segrete, decisioni strategiche prese nel chiuso di una stanza ed affatto condivise con me (...) Di fatto era stata costituita una struttura parallela, il cui capo era Romeo, che si comportava da padrone, con modi villani; mentre Marra, pur essendo formalmente il mio vice, riferiva direttamente alla sindaca."
Frasi pesantissime sulle quali qualunque amministrazione convocherebbe immediatamente un consiglio comunale, riunioni di maggioranza fiume, commissioni di inchiesta. A Roma, invece, niente. Virginia Raggi, più o meno eterodiretta, non si scompone più di tanto. E colpiscono le contumelie dei "migliori" del M5S (non riesco a chiamarli leader) contro gli organi di stampa, colpevoli di dedicare troppa attenzione agli stracci che volano in Campidoglio. In realtà una faida dai toni così feroci all'interno non di una amministrazione, ma di un singolo partito politico, non si è mai vista.
Quello che mi ha colpito però è la violenza verbale dei commenti, sia da parte degli epurati che da parte di Raggi e dell'ortodossia grillistra romana. Paolo Berdini aveva definito la sindaca "inadeguata e impreparata". Oggi, dopo le dimissioni di Berdini, Virginia Raggi dichiara di stare cercando un assessore "che parli meno e lavori di più". Ricordiamo che Berdini fu annunciato da Raggi ancora prima dell'insediamento, nel comizio di chiusura della campagna elettorale a Ostia, come assessore sinbolo del nuovo corso e del buon governo romano (assieme ad Andrea Lo Cicero che invece in giunta non entrò mai).
Sempre oggi Paola Muraro, portata a lungo in palmo di mano da Raggi prima che a sua volta si dimettesse, in una intervista a La Stampa dice che "C’è all’opera un gruppo trasversale di affaristi dentro e fuori il Movimento" e che Raggi deve "liberarsi da lacci e lacciuoli che le hanno imposto dall’esterno".
Anche Marcello Minenna, dimessosi da assessore al bilancio ai primi di settembre 2016, aveva descritto l'operato di Raggi come "quello che definirei eufemisticamente un 'deficit di trasparenza'". Quanto all'ex capo di gabinetto Raineri, il 18 dicembre 2016 diceva a La Repubblica: "Il clima che ho respirato era surreale. Mi ha ricordato il film Mani sulla città. Riunioni segrete, decisioni strategiche prese nel chiuso di una stanza ed affatto condivise con me (...) Di fatto era stata costituita una struttura parallela, il cui capo era Romeo, che si comportava da padrone, con modi villani; mentre Marra, pur essendo formalmente il mio vice, riferiva direttamente alla sindaca."
Frasi pesantissime sulle quali qualunque amministrazione convocherebbe immediatamente un consiglio comunale, riunioni di maggioranza fiume, commissioni di inchiesta. A Roma, invece, niente. Virginia Raggi, più o meno eterodiretta, non si scompone più di tanto. E colpiscono le contumelie dei "migliori" del M5S (non riesco a chiamarli leader) contro gli organi di stampa, colpevoli di dedicare troppa attenzione agli stracci che volano in Campidoglio. In realtà una faida dai toni così feroci all'interno non di una amministrazione, ma di un singolo partito politico, non si è mai vista.
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