Martedì prossimo il Parlamento Europeo voterà quattro direttive sui rifiuti, centrate sul trattamento dei rifiuti solidi urbani (RSU), quelli che producono le famiglie e le piccole imprese. Nella "torta" dei rifiuti gli RSU rappresentano solo l'otto per cento del totale, contro il 34% delle costruzioni, il 30 di cave e miniere e il dieci per cento dell'industria. Tuttavia la natura mista dei rifiuti urbani obbliga a una gestione complessa, che fino a pochi anni fa in molti casi veniva risolta con uno sbrigativo trasporto in discarica.
Riciclare rifiuti è una pratica relativamente recente: nel 2004 in Europa solo il 31 per cento degli RSU veniva riciclato. In dieci anni questa percentuale è salita al 44, dato del 2014. Le stime dicono che entro il 2020 la metà dei rifiuti sarà riciclata.
I dati variano molto da nazione a nazione, sia per la quantità di rifiuti pro-capite che per le percentuali di riciclo e di materiale che finisce in discarica. La media europea è di 474 Kg a testa l'anno, ma si va dai 789 della Danimarca ai 242 della Romania (l'Italia è a 455).
Per quanto riguarda la porzione riciclata, la media come già scritto è il 44 per cento, con in testa la Germania con un solido 66, due terzi del totale. In coda Malta (solo 8%), Slovacchia (10), Romania (13), Croazia (17), Grecia (19). L'Italia ricicla il 45% degli RSU, in quasi perrfetta media continentale.
Le differenze maggiori si riscontrano sulla quantità dei rifiuti non riciclati che finisce in discarica. In questo caso la media europea è il 28% del totale, ma alcuni paesi hanno praticamente già azzerato il landfill. La Germania seppellisce zero rifiuti, Belgio, Danimarca e Svezia l'uno per cento, l'Olanda il due e l'Austria il quattro per cento. In questi paesi i rifiuti vengono inceneriti, spesso con impianti di termovalorizzazione (l'energia che si produce dai rifiuti è poco più di quella che si consuma nel ciclo del loro smaltimento, ma almeno il bilancio è in sostanziale pareggio).
In grande parte d'Europa invece le discariche sono ancora il primo sistema di smaltimento: Malta sotterra l'86% dei RSU, la Grecia l'81, la Croazia l'80, Cipro il 76, la Romania il 72, la Lettonia il 71. In 13 paesi la porzione di rifiuti che ancora finisce in discarica supera il cinquanta per cento (in Italia è il 34%).
Martedì a Strasburgo si voteranno i nuovi obiettivi proposti dalla Commissione: minimo 65% di riciclo e massimo dieci per cento dei rifiuti in discarica entro il 2030. Alla luce dei dati attuali sembrano cifre piuttosto ambiziose, ma la Commissione Ambiente del Parlamento Europeo spinge per limiti ancora più stringenti: 70 per cento di riciclo e max 5 per cento in discarica.
Se i nuovi limiti saranno approvati, come è praticamente certo, la riduzione del materiale conferito nelle discariche dovrà essere raggiunta con la distruzione dei rifiuti per incenerimento, stabilito che già il tetto minimo del 65% di riclo sembra complicato. Infatti, anche raggiungendolo, il massimo del dieci per cento da destinare alla discarica lascia un altro 25 per cento dei rifiuti in attesa di trattamento. Un quarto della produzione totale.
Riciclare rifiuti è una pratica relativamente recente: nel 2004 in Europa solo il 31 per cento degli RSU veniva riciclato. In dieci anni questa percentuale è salita al 44, dato del 2014. Le stime dicono che entro il 2020 la metà dei rifiuti sarà riciclata.
I dati variano molto da nazione a nazione, sia per la quantità di rifiuti pro-capite che per le percentuali di riciclo e di materiale che finisce in discarica. La media europea è di 474 Kg a testa l'anno, ma si va dai 789 della Danimarca ai 242 della Romania (l'Italia è a 455).
Per quanto riguarda la porzione riciclata, la media come già scritto è il 44 per cento, con in testa la Germania con un solido 66, due terzi del totale. In coda Malta (solo 8%), Slovacchia (10), Romania (13), Croazia (17), Grecia (19). L'Italia ricicla il 45% degli RSU, in quasi perrfetta media continentale.
Le differenze maggiori si riscontrano sulla quantità dei rifiuti non riciclati che finisce in discarica. In questo caso la media europea è il 28% del totale, ma alcuni paesi hanno praticamente già azzerato il landfill. La Germania seppellisce zero rifiuti, Belgio, Danimarca e Svezia l'uno per cento, l'Olanda il due e l'Austria il quattro per cento. In questi paesi i rifiuti vengono inceneriti, spesso con impianti di termovalorizzazione (l'energia che si produce dai rifiuti è poco più di quella che si consuma nel ciclo del loro smaltimento, ma almeno il bilancio è in sostanziale pareggio).
In grande parte d'Europa invece le discariche sono ancora il primo sistema di smaltimento: Malta sotterra l'86% dei RSU, la Grecia l'81, la Croazia l'80, Cipro il 76, la Romania il 72, la Lettonia il 71. In 13 paesi la porzione di rifiuti che ancora finisce in discarica supera il cinquanta per cento (in Italia è il 34%).
Martedì a Strasburgo si voteranno i nuovi obiettivi proposti dalla Commissione: minimo 65% di riciclo e massimo dieci per cento dei rifiuti in discarica entro il 2030. Alla luce dei dati attuali sembrano cifre piuttosto ambiziose, ma la Commissione Ambiente del Parlamento Europeo spinge per limiti ancora più stringenti: 70 per cento di riciclo e max 5 per cento in discarica.
Se i nuovi limiti saranno approvati, come è praticamente certo, la riduzione del materiale conferito nelle discariche dovrà essere raggiunta con la distruzione dei rifiuti per incenerimento, stabilito che già il tetto minimo del 65% di riclo sembra complicato. Infatti, anche raggiungendolo, il massimo del dieci per cento da destinare alla discarica lascia un altro 25 per cento dei rifiuti in attesa di trattamento. Un quarto della produzione totale.
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