Si apre stamattina a Bonn la nuova sessione di Climate Talks in preparazione della COP 23 di novembre, organizzata da Figi ma in programma proprio a Bonn, perché il piccolo stato del Pacifico non è in grado di gestire la logistica di un evento così imponente.
I negoziatori accreditati sono 2052 e la delegazione italiana, guidata dal direttore generale di Minambiente Francesco La Camera, è composta da 25 persone. I lavori dureranno due settimane e l'agenda è fitta, in particolare sull'approfondimento dello stato di attuazione dell'Accordo di Parigi del 2015, ad iniziare dai contributi nazionali alla riduzione delle emissioni (NDCs). Restano sul tavolo anche le questioni economiche, il trasferimento di tecnologie ai paesi poveri, le metodologie di misurazione e verifica dei risultati.
I Climate Talks di maggio sono un appuntamento fisso dell'UNFCCC, la Convenzione delle Nazioni Unite sul Cambiamenti Climatici. Generalmente sono un evento molto tecnico e seguito distrattamente dai media. Quest'anno però saranno la prima occasione in cui l'amministrazione Trump presenterà ufficialmente le sue posizioni su un tema in cui il nuovo presidente ha manifestato sempre forte scetticismo, per usare un eufemismo.
Trump in campagna elettorale ha ripetuto di voler cancellare gli impegni presi da Obama con la sottoscrizione dell'Accordo di Parigi (taglio delle emissioni del 26-28% entro il 2025). Sembra però che i consiglieri del presidente invitino alla cautela, perché l'uscita dall'accordo prevede tre anni di tempo oltre a vari adempimenti formali, quindi si compierebbe solo al termine del mandato di Trump. Inoltre si teme che un eventuale cancellazione degli impegni presi possa essere impugnata in sede legale dalle associazioni ambientaliste e da imprese green, con il rischio di richieste miliardarie e gravissimi danni di immagine. Forse da Bonn avremo delle prime risposte.
I negoziatori accreditati sono 2052 e la delegazione italiana, guidata dal direttore generale di Minambiente Francesco La Camera, è composta da 25 persone. I lavori dureranno due settimane e l'agenda è fitta, in particolare sull'approfondimento dello stato di attuazione dell'Accordo di Parigi del 2015, ad iniziare dai contributi nazionali alla riduzione delle emissioni (NDCs). Restano sul tavolo anche le questioni economiche, il trasferimento di tecnologie ai paesi poveri, le metodologie di misurazione e verifica dei risultati.
I Climate Talks di maggio sono un appuntamento fisso dell'UNFCCC, la Convenzione delle Nazioni Unite sul Cambiamenti Climatici. Generalmente sono un evento molto tecnico e seguito distrattamente dai media. Quest'anno però saranno la prima occasione in cui l'amministrazione Trump presenterà ufficialmente le sue posizioni su un tema in cui il nuovo presidente ha manifestato sempre forte scetticismo, per usare un eufemismo.
Trump in campagna elettorale ha ripetuto di voler cancellare gli impegni presi da Obama con la sottoscrizione dell'Accordo di Parigi (taglio delle emissioni del 26-28% entro il 2025). Sembra però che i consiglieri del presidente invitino alla cautela, perché l'uscita dall'accordo prevede tre anni di tempo oltre a vari adempimenti formali, quindi si compierebbe solo al termine del mandato di Trump. Inoltre si teme che un eventuale cancellazione degli impegni presi possa essere impugnata in sede legale dalle associazioni ambientaliste e da imprese green, con il rischio di richieste miliardarie e gravissimi danni di immagine. Forse da Bonn avremo delle prime risposte.
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