Dall'inizio del 2019 tutti i nuovi edifici pubblici d'Europa dovranno essere edifici a energia quasi zero. È la prima applicazione della Direttiva 31 del 2010 sulla prestazione energetica in edilizia. L'obbligo si estenderà a tutti gli edifici privati tra due anni, nel 2021.
Cosa significhi esattamente un edificio a energia quasi zero è spiegato nella stessa direttiva: edificio ad altissima prestazione energetica, determinata conformemente all’allegato I. Il fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo dovrebbe essere coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili, compresa l’energia da fonti rinnovabili prodotta in loco o nelle vicinanze.
La direttiva è stata approvata a maggio 2010, quindi i tempi per adeguarsi sono stati ampi. Cosa succederà adesso? Ogni nazione ha elaborato un proprio piano, con specifiche tecniche, regolamenti e classificazione degli edifici. In Italia le città si sono dotate di regolamenti edilizi che prescrivono impianti di energia rinnovabile nelle nuove costruzioni. In teoria dovremmo essere a posto. In realtà la situazione è ancora piuttosto confusa e la descrive bene un articolo pubblicato ieri su Economist.
Calcolare l'efficienza energetica di un edificio non è semplice e il consumo reale varia in maniera sostanziale a seconda delle abitudini di chi lo usa. In alcuni casi il consumo reale di energia si è rivelato molto superiore a quello stimato. Inoltre i calcoli si basano sugli apparecchi fissi come gli ascensori e le luci a soffitto, quindi una lampada o un aspiravolvere allacciati a una presa di corrente non sono computati. Inoltre il calcolo non comprende l'energia impiegata per la costruzione e per la eventuale demolizione dell'edificio da sostituire.
Il mondo dell'edilizia è estremamente energivoro, particolarmente per le costruzioni in cemento armato. L'industria del cemento produce il 6 per cento delle emissioni globali di CO2 e quella dell'acciaio, metà del quale è destinato all'edilizia, un ulteriore 8 per cento. Le strutture in legno hanno un impatto energetico molto più basso, la loro tecnologia ha fatto passi enormi e ormai si possono costruire edifici in legno lamellare alti decine di piani. Ma non ci sono incentivi per la conversione a questa tipologia, che ha ancora costi relativamente alti.
Inoltre le norme appena entrate in vigore riguardano solo le nuove costruzioni. In Europa i nuovi edifici sono solo una minima parte del patrimonio edilizio, il tasso di sotituzione varia dallo 0.4 allo 1.2 per cento l'anno a seconda dei paesi. Il resto sono edifici vecchi, il 35% ha più di 50 anni (in Italia molti di più) e almeno il 75 per cento è gravemente inefficiente sotto il profilo energetico.
Nel caso degli edifici pubblici, quelli che da oggi dovranno essere costruiti a impatto zero, l'età media è notevole e l'efficienza energetica spesso bassissima. Per le funzioni che svolgono (pensiamo semplicemente all'edilizia scolastica) la riconversione energetica di queste strutture è estremamente complicata e comporterebbe il trasferimento temporaneo in altre sedi. In alcuni casi questo è fattibile, molto spesso no. Gli incentivi statali sull'efficienza energetica hanno portato discreti risultati e mantenuto in vita un settore economico in grave crisi, ma hanno riguardato principalmente il settore privato.
L'applicazione della direttiva sugli edifici a impatto quasi zero è un primo passo significativo, ma costruire, illuminare, riscaldare e raffreddare gli edifici equivale al 36 per cento del consumo globale di energia e al 40 per cento delle emissioni di gas climalteranti. Considerando che il Europa le nuove costruzioni - come detto - non raggiungono l'uno per cento l'anno, la strada è ancora in salita.
Cosa significhi esattamente un edificio a energia quasi zero è spiegato nella stessa direttiva: edificio ad altissima prestazione energetica, determinata conformemente all’allegato I. Il fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo dovrebbe essere coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili, compresa l’energia da fonti rinnovabili prodotta in loco o nelle vicinanze.
La direttiva è stata approvata a maggio 2010, quindi i tempi per adeguarsi sono stati ampi. Cosa succederà adesso? Ogni nazione ha elaborato un proprio piano, con specifiche tecniche, regolamenti e classificazione degli edifici. In Italia le città si sono dotate di regolamenti edilizi che prescrivono impianti di energia rinnovabile nelle nuove costruzioni. In teoria dovremmo essere a posto. In realtà la situazione è ancora piuttosto confusa e la descrive bene un articolo pubblicato ieri su Economist.
Calcolare l'efficienza energetica di un edificio non è semplice e il consumo reale varia in maniera sostanziale a seconda delle abitudini di chi lo usa. In alcuni casi il consumo reale di energia si è rivelato molto superiore a quello stimato. Inoltre i calcoli si basano sugli apparecchi fissi come gli ascensori e le luci a soffitto, quindi una lampada o un aspiravolvere allacciati a una presa di corrente non sono computati. Inoltre il calcolo non comprende l'energia impiegata per la costruzione e per la eventuale demolizione dell'edificio da sostituire.
Il mondo dell'edilizia è estremamente energivoro, particolarmente per le costruzioni in cemento armato. L'industria del cemento produce il 6 per cento delle emissioni globali di CO2 e quella dell'acciaio, metà del quale è destinato all'edilizia, un ulteriore 8 per cento. Le strutture in legno hanno un impatto energetico molto più basso, la loro tecnologia ha fatto passi enormi e ormai si possono costruire edifici in legno lamellare alti decine di piani. Ma non ci sono incentivi per la conversione a questa tipologia, che ha ancora costi relativamente alti.
Inoltre le norme appena entrate in vigore riguardano solo le nuove costruzioni. In Europa i nuovi edifici sono solo una minima parte del patrimonio edilizio, il tasso di sotituzione varia dallo 0.4 allo 1.2 per cento l'anno a seconda dei paesi. Il resto sono edifici vecchi, il 35% ha più di 50 anni (in Italia molti di più) e almeno il 75 per cento è gravemente inefficiente sotto il profilo energetico.
Nel caso degli edifici pubblici, quelli che da oggi dovranno essere costruiti a impatto zero, l'età media è notevole e l'efficienza energetica spesso bassissima. Per le funzioni che svolgono (pensiamo semplicemente all'edilizia scolastica) la riconversione energetica di queste strutture è estremamente complicata e comporterebbe il trasferimento temporaneo in altre sedi. In alcuni casi questo è fattibile, molto spesso no. Gli incentivi statali sull'efficienza energetica hanno portato discreti risultati e mantenuto in vita un settore economico in grave crisi, ma hanno riguardato principalmente il settore privato.
L'applicazione della direttiva sugli edifici a impatto quasi zero è un primo passo significativo, ma costruire, illuminare, riscaldare e raffreddare gli edifici equivale al 36 per cento del consumo globale di energia e al 40 per cento delle emissioni di gas climalteranti. Considerando che il Europa le nuove costruzioni - come detto - non raggiungono l'uno per cento l'anno, la strada è ancora in salita.
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