mercoledì 20 marzo 2019

Il giorno di Orbán

Oggi a Bruxelles si riunisce l'assemblea del Partito Popolare Europeo con all'ordine del giorno la proposta di espulsione di Fidesz, il partito del premier ungherese Viktor Orbán. L'espulsione è stata chiesta formalmente da tredici partiti che fanno parte della coalizione popolare. Le lettere sono arrivate sul tavolo del presidente del PPE Joseph Daul da paesi come Belgio, Svezia, Finlandia, Portogallo, Irlanda, Grecia e Lussemburgo.
L'espulsione di Fidesz è stata chiesta a seguito delle posizioni sempre più oltranziste di Orbán, su temi come la libertà di stampa, l'indipendenza della magistratura, l'immigrazione e l'accoglienza. Orbán il mese scorso ha anche lanciato una aggressiva campagna di denigrazione contro il presidente della Commissione Europea Juncker (anche lui della famiglia PPE), definendolo un burattino nelle mani di George Soros. Alla notizia delle richieste di espulsione Orbán ha descritto i suoi detrattori come "utili idioti".
Il PPE si trova ad affrontare una questione politica spinosa a soli due mesi dalle elezioni europee. Il tedesco Manfred Weber, candidato dal PPE per la successione di Juncker alla guida della Commissione, ha tentato una mediazione. L'ipotesi più accreditata è che si decida una sospensione di Fidesz dal PPE e che venga insediato un gruppo di "saggi" con l'incarico di seguire i progressi del ravvedimento di Orbán, a cui verrebbero poste alcune condizioni.
I circa 260 delegati dell'assemblea del PPE voteranno a maggioranza semplice. Orbán, che oggi sarà presente, può contare sull'aperto sostegno di Forza Italia e del popolari sloveni, ma anche spagnoli e francesi sarebbero contrari all'espulsione. Annegret Kramp-Karrenbauer, che ha sostituito Angela Merkel alla guida della CDU, ha dichiarato stamattina che una sospensione sarebbe la soluzione migliore e che attualmente Fidesz "non può essere un membro a pieno titolo del PPE".
Nel caso di una cacciata la mossa di Orbán sarebbe la creazione di un polo sovranista con il PIS polacco del premier Kaczyński e la Lega Nord di Matteo Salvini, con al seguito Marine Le Pen. Sarebbe un'azione politicamente dirompente nel panorama europeo, ma non alzerebbe molto le quotazioni del fronte sovranista: l'Ungheria elegge solo 21 deputati e secondo i sondaggi Fidesz, che ha la maggioranza assoluta dei consensi, ne avrebbe 13.

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