In Italia il vino rosato non è mai stato particolarmente popolare, anche se in alcune località, come ad esempio il Salento e Pantelleria, c'è una tradizione consolidata di vinificare "in grigio", come dicono i Francesi.
Proprio la Francia invece negli ultimi anni ha puntato sui rosè, con la maggior parte dei produttori concentrati in Provenza. I risultati sono sorprendenti: negli ultimi 15 anni la percentuale di mercato del vino rosè è passata dall'8 al 22% del totale, superando la quota del vino bianco e raggiungendo il 10% nelle esportazioni.
Il vino rosè si ottiene principalmente da uve rosse lasciate "sulle bucce" per un tempo molto breve. Sono infatti gli antociani, dei polifenoli presenti nelle bucce, a colorare il vino, dato che il mosto spremuto è sempre chiaro, indipendentemente dal colore dell'uva. Non tutti lo sanno ma ad esempio lo Champagne è prodotto normalmente da uve rosse. Il rosè deriva da mosto lasciato a macerare con le bucce per poche ore, tanto da essere chiamato anche "vino di una notte".
Questa tecnica rischia di essere stravolta da un nuovo regolamento comunitario, che permetterà di produrre vini rosati semplicemente mescolando vino bianco e vino rosso, con un procedimento chiamato coupage finora proibito. Secondo la commissaria all'agricoltura Mariann Fischer Boel l'eliminazione del divieto permettterà di produrre vini rosati di basso prezzo adatti per l'esportazione nei mercati in rapida crescita, a partire dalla Cina. Attualmente gli unici vini rosati prodotti in coupage sono degli champagne di fascia alta e un vino spagnolo chiamato Mezcla, di cui è proibita l'esportazione.
I produttori francesi non gradiscono affatto e giudicano la proposta "una eresia" e"una catastrofe". Il ministro all'agricoltura Michel Barnier ha scritto una vibrata lettera di protesta alla Commissione. Nel frattempo il provvedimento è stato trasmesso alla WTO per approvazione e dovrebbe essere votato a Bruxelles il 27 aprile.
La Francia è il primo produttore al mondo di rosè, con 5.9 milioni di ettolitri che valgono il 29% del mercato mondiale. Seguono l'Italia con 4.5 milioni di ettolitri e poi Spagna e Stati Uniti con 3.8 milioni.
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