Paolo Romani, fedelissimo di Berlù, è diventato ministro dello sviluppo economico dopo il lungo interim che aveva seguito le traumatiche dimissioni di Scajola.
Il suo ruolo sarebbe molto importante e particolarmente delicato: innovazione, concorrenza, liberalizzazioni, stimoli alla ripresa, energia, nucleare e molti altri temi che potrebbero indirizzare e modificare le prospettive economiche della stagnante economia italiana. Per ora non è che il ministro si sia fatto molto notare, così ieri Il Foglio gli ha dedicato una intervista-monologo in cui Romani propone la sua ricetta e infonde ottimismo.
L'Italia ha bisogno di una scossa soft, dice Romani. "Una scossa tranquilla" che in realtà è un ossimoro ma che secondo Romani, entrato in politica e in parlamento con Berlù nel 1994, rappresenta la ricetta giusta per un paese in cui ci si deve muovere "passo dopo passo".
Romani nomina anche la banda larga, gloriandosi di avere destinato 100 milioni alla sua diffusione. Ma non dice che il piano originale, lanciato un anno e mezzo fa quando era viceministro (giugno 2009), di milioni di Euro ne prevedeva 1.471, quindici volte tanto. E che anche i cento milioni superstiti rischiano di sparire, visto che almeno un terzo senbra già destinato alla rete TV digitale terrestre. E comunque per digitalizzare davvero l'Italia servirebbero 8 miliardi di Euro.
Non manca un accenno al mito nucleare. Romani, che nella vita precedente si è occupato principalmente di televisioni private, deve essere stato briffato, come direbbe Nicole Minetti, dai soliti noti del club atomico italiano: “La nostra bilancia energetica è in profondo rosso. Per accelerare, qui sì con una frustata netta, approveremo nel prossimo CdM la bozza di ‘correttivo’ al decreto legislativo sul nucleare”. Come noto non siamo affatto in rosso, possiamo largamente fare fronte alle nostre necessità energetiche presenti e future con la produzione delle nostre centrali attuali. Importiamo energia nucleare perchè la Francia nelle ore fuori picco la produce in surplus, non sa che farci e la svende. Le centrali atomiche infatti non si possono spegnere e accendere come fossero una caldaia, quindi si cerca di piazzare l'eccedente sul mercato anche sottocosto. In ogni caso i nostri consumi energetici sono in calo, e solo nel 2020 torneranno ai livelli di tre anni fa. Nel frattempo l'efficienza energetica migliora, mentre si diffondono le rinnovabili. Quindi di centrali atomiche non c'è bisogno oggi, ma soprattutto non ce ne sarà domani. Ma su questo il ministro esperto in TV private non è stato "briffato".
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