Sul Corriere di oggi c'è un articolo interessante di Franco Venturini dal titolo L'Italia non è più un Paese mediterraneo. L'autore descrive la latitanza del governo Berlusconi dalla geopolitica del Mediterraneo, citando la visita di ieri di Sarkozy e Cameron in Libia e l'assenza del nostro premier dalla 66a sessione plenaria dell'assemblea delle Nazioni Unite, dove si voterà la proposta di adesione dello Stato Palestinese. Al posto di Berlù all'ONU andrà Frattini, il ministro con lo skipass.
L'Italia nel Mediterraneo dovrebbe essere protagonista, ma non è così. E questo governo ha reso sempre più marginale il nostro ruolo, dimostrando ancora una volta l'inconsistenza e l'incapacità sul piano internazionale. Oltre ai due esempi citati da Venturini occorre ricordare la nostra assoluta indifferenza alla "primavera araba". Nessuno ha registrato interventi significativi del governo italiano in merito ai rovesciamenti dei regimi in Tunisia ed Egitto e riguardo la gravissima situazione in Siria. Del resto anche innovazioni politiche meno traumatiche ma altrettanto cruciali ci hanno visto assenti. Nessun intervento di rilievo del governo italiano a fronte dell'annuncio ufficiale dell'ingresso della Croazia nell'Unione Europea, previsto per il 1 luglio 2013. E dire che la Croazia nella UE cambierà profondamente lo scenario nell'Adriatico e nei Balcani, aprendo la strada all'adesione di altre nazioni per noi transfrontaliere come il Montenegro e l'Albania.
Mentre il governo italiano ostenta indifferenza, gli altri rivendicano un ruolo. La Spagna non sta a guardare a anche la Turchia si muove con crescente autorevolezza nello scenario del Mediterraneo. E dire che la nostra posizione geografica e la storia delle relazioni con il nord Africa e il Medio Oriente dovrebbero rendere l'Italia un riferimento obbligato per la politica regionale del Mediteraneo, l'unico mare dove si affacciano tre continenti, la culla della civiltà.
Francia e Gran Bretagna ieri erano a Tripoli con i loro capi di stato. Berlusconi invece era a Roma a limare la lettera a Il Foglio nella quale si ostina a ribadire che i suoi comportamenti personali non sono censurabili. Perché questa è la sua priorità, rivendicare il diritto di fare festini privati. La differenza è tutta qui.
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