Marinella di Selinunte
martedì 31 agosto 2010
venerdì 27 agosto 2010
L'eurobarometro scende
I dati diffusi ieri della ultima indagine Eurobarometer non sono confortanti, malgrado i commenti ufficiali di Bruxelles.
Solo il 42% degli intervistati dichiara la proprioa fiducia nell'Unione Europea, con un brusco calo di sei punti rispetto a sei mesi fa. L'indagine è stata svolta a maggio, nel pieno della crisi finanziaria greca, e risente di un pessimismo generale sull'evoluzione economica del continente. Il 55% degli Europei crede che il peggio della crisi economica debba ancora arrivare, con percentuali molto più alte tra le giovani generazioni.
Non mancano, come sempre nelle statistiche, i dati bizzarri. Secondo Eurobarometer la nazione che ha più fiducia in una governance congiunta europea dell'economia sarebbe la Slovacchia, con l'89% di favorevoli. Peccato che due settimane fa il parlamento di Bratislava abbia votato contro la partecipazione al fondo europeo di 110 miliardi di Euro deciso dai paesi dell'Eurozona a sostegno dell'economia greca ("Il nostro paese è troppo povero per aiutare la Grecia" ha detto la prima ministra slovacca Iveta Radicova).
Interessanti i raffronti tra le percentuali totali e i risultati nelle singole nazioni. Il quadro che confronta le risposte degli Italiani con le medie europee mostra come i nostri intervistati siano generalmente più pessimisti, particolarmente in merito alle tasse e all'inflazione.
Gli Italiani che temono una riduzione dell'assistenza sanitaria invece sono la metà degli Europei, 9 contro 18 per cento. Anche le pensioni, che disturbano il sonno del 16% d'Europa, in Italia arrivano solo al 6. Il nostro stato sociale non sembra in pericolo.
Il problema energetico preoccupa il 6% degli Europei ma solo il 2% a casa nostra, malgrado la grande campagna nucleare del governo di destra. Sempre in tema di governo, interessanti le risposte sulla fiducia rispettivamente nell'Unione Europea, nel parlamento e nel governo nazionale. Nel primo caso il dato italiano è allineato con quello comune al 42%. Il 31% degli Europei ha fiducia nel proprio parlamento, percentuale che scende al 26 in Italia. Infine il governo: la media di fiducia negli altri paesi è del 29%, ma in Italia si ferma al 25. Non sono esattamente i dati dei sondaggi che sbandiera periodicamente Berlù, ma Eurobarometer , che svolge indagini per la Commissione dal 1973, non è nel suo libro paga.
Solo il 42% degli intervistati dichiara la proprioa fiducia nell'Unione Europea, con un brusco calo di sei punti rispetto a sei mesi fa. L'indagine è stata svolta a maggio, nel pieno della crisi finanziaria greca, e risente di un pessimismo generale sull'evoluzione economica del continente. Il 55% degli Europei crede che il peggio della crisi economica debba ancora arrivare, con percentuali molto più alte tra le giovani generazioni.
Non mancano, come sempre nelle statistiche, i dati bizzarri. Secondo Eurobarometer la nazione che ha più fiducia in una governance congiunta europea dell'economia sarebbe la Slovacchia, con l'89% di favorevoli. Peccato che due settimane fa il parlamento di Bratislava abbia votato contro la partecipazione al fondo europeo di 110 miliardi di Euro deciso dai paesi dell'Eurozona a sostegno dell'economia greca ("Il nostro paese è troppo povero per aiutare la Grecia" ha detto la prima ministra slovacca Iveta Radicova).
Interessanti i raffronti tra le percentuali totali e i risultati nelle singole nazioni. Il quadro che confronta le risposte degli Italiani con le medie europee mostra come i nostri intervistati siano generalmente più pessimisti, particolarmente in merito alle tasse e all'inflazione.
Gli Italiani che temono una riduzione dell'assistenza sanitaria invece sono la metà degli Europei, 9 contro 18 per cento. Anche le pensioni, che disturbano il sonno del 16% d'Europa, in Italia arrivano solo al 6. Il nostro stato sociale non sembra in pericolo.
Il problema energetico preoccupa il 6% degli Europei ma solo il 2% a casa nostra, malgrado la grande campagna nucleare del governo di destra. Sempre in tema di governo, interessanti le risposte sulla fiducia rispettivamente nell'Unione Europea, nel parlamento e nel governo nazionale. Nel primo caso il dato italiano è allineato con quello comune al 42%. Il 31% degli Europei ha fiducia nel proprio parlamento, percentuale che scende al 26 in Italia. Infine il governo: la media di fiducia negli altri paesi è del 29%, ma in Italia si ferma al 25. Non sono esattamente i dati dei sondaggi che sbandiera periodicamente Berlù, ma Eurobarometer , che svolge indagini per la Commissione dal 1973, non è nel suo libro paga.
mercoledì 25 agosto 2010
Diversamente alti
Se Sarkozy, Medvedev e Berlù viaggiano attorno al metro e sessanta, per la proprietà transitiva quanto è alto Mahmoud Ahmadinejad (foto sotto)?
I siti nucleari? A gennaio, parola di Saglia
Ci volevano il meeting di Rimini e il faccione placido del sottosegretario allo sviluppo Stefano Saglia (39, foto) per avere finalmente qualche nuovo vaticinio sull'Italia atomica.
A detta di Saglia il governo porterà ad ottobre in consiglio dei ministri un ''decreto per la strategia nucleare'', di concerto tra i ministeri dello Sviluppo, dell'Ambiente e delle Infrastrutture. Il documento conterrà anche le ''garanzie per le aziende'', gli indennizzi che dovranno tutelare chi investe dal rischio che, per un cambio di governo, o ''per qualsiasi altro intoppo'', il progetto si arresti. In platea annuivano l'AD di ENEL Fulvio Conti e il presidente di A2A Giuliano Zuccoli (non segnalato Chicco Testa).
Il sottosegretario ha aggiunto che "gli operatori potranno fare domanda per chiedere l'autorizzazione per le nuove centrali nel gennaio 2011, individuando dei siti. Quindi si potranno conoscere almeno i primi due, immagino, interessati".
Saglia ha un viso rassicurante. Il suo sito web è aggiornato - per così dire - a ottobre 2009, ma vi campeggia una citazione di Don Giussani. Insomma, non era a Rimini per caso. Sempre dal suo sito raccolgo un post del 22 settembre 2009 in cui ci assicura di "adottare entro il 15 febbraio il D.Lgs con i criteri per i siti e le compensazioni, così come le delibere Cipe su consorzi e tecnologie. E prima ancora, entro metà novembre, lo statuto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare". Parliamo di oltre sei mesi fa, naturalmente nulla di questo è stato fatto.
A detta di Saglia il governo porterà ad ottobre in consiglio dei ministri un ''decreto per la strategia nucleare'', di concerto tra i ministeri dello Sviluppo, dell'Ambiente e delle Infrastrutture. Il documento conterrà anche le ''garanzie per le aziende'', gli indennizzi che dovranno tutelare chi investe dal rischio che, per un cambio di governo, o ''per qualsiasi altro intoppo'', il progetto si arresti. In platea annuivano l'AD di ENEL Fulvio Conti e il presidente di A2A Giuliano Zuccoli (non segnalato Chicco Testa).
Il sottosegretario ha aggiunto che "gli operatori potranno fare domanda per chiedere l'autorizzazione per le nuove centrali nel gennaio 2011, individuando dei siti. Quindi si potranno conoscere almeno i primi due, immagino, interessati".
Saglia ha un viso rassicurante. Il suo sito web è aggiornato - per così dire - a ottobre 2009, ma vi campeggia una citazione di Don Giussani. Insomma, non era a Rimini per caso. Sempre dal suo sito raccolgo un post del 22 settembre 2009 in cui ci assicura di "adottare entro il 15 febbraio il D.Lgs con i criteri per i siti e le compensazioni, così come le delibere Cipe su consorzi e tecnologie. E prima ancora, entro metà novembre, lo statuto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare". Parliamo di oltre sei mesi fa, naturalmente nulla di questo è stato fatto.
martedì 24 agosto 2010
UN-Habitat parlerà Catalano
Il nuovo direttore esecutivo di UN-Habitat sarà Joan Clos (61, foto), sindaco di Barcellona dal 1997 al 2006, poi ministro e ambasciatore di Spagna. L'annuncio è stato fatto ieri dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. La nomina dovrà essere ratificata dall'assemblea generale, ma si tratta di un passaggio solo formale. La presidenza di una agenzia, nelle gerarchie ONU, equivale alla carica di sottosegretario generale.
Clos succede ad Anna Tibaijuka (60, con me nella foto sotto), Tanzaniana con educazione europea che era alla guida di UN- Habitat dalla sua creazione nel 2001, prima donna nella storia delle Nazioni Unite a ricoprire un incarico di questo rango.
UN-Habitat ha sostituito nel 2001 lo UN Centre for Human Settlements, elevando al rango di agenzia l'attenzione delle Nazioni Unite per le tematiche urbane, con particolare attenzione ai paesi in via di sviluppo. Il mandato affidato a UN-Habitat è quello di "promuovere città sostenibili sotto il profilo sociale e ambientale". Il quartier generale è a Nairobi, ma l'agenzia non ha le dotazioni finanziarie paragonabili a quelle di corazzate come FAO e UNESCO. Tuttavia negli ultimi anni la sua importanza è decisamente aumentata, vista anche la centralità che stanno conquistando le politiche urbane. Dal 2002 UN-Habitat organizza ogni due anni il World Urban Forum, che nel 2004 si svolse a Barcellona quando Joan Clos era sindaco della capitale catalana.
Clos succede ad Anna Tibaijuka (60, con me nella foto sotto), Tanzaniana con educazione europea che era alla guida di UN- Habitat dalla sua creazione nel 2001, prima donna nella storia delle Nazioni Unite a ricoprire un incarico di questo rango.
UN-Habitat ha sostituito nel 2001 lo UN Centre for Human Settlements, elevando al rango di agenzia l'attenzione delle Nazioni Unite per le tematiche urbane, con particolare attenzione ai paesi in via di sviluppo. Il mandato affidato a UN-Habitat è quello di "promuovere città sostenibili sotto il profilo sociale e ambientale". Il quartier generale è a Nairobi, ma l'agenzia non ha le dotazioni finanziarie paragonabili a quelle di corazzate come FAO e UNESCO. Tuttavia negli ultimi anni la sua importanza è decisamente aumentata, vista anche la centralità che stanno conquistando le politiche urbane. Dal 2002 UN-Habitat organizza ogni due anni il World Urban Forum, che nel 2004 si svolse a Barcellona quando Joan Clos era sindaco della capitale catalana.
lunedì 23 agosto 2010
Hong Kong a zero emissioni
Norman Foster ha presentato il grande progetto per il City Park di Kowloon, a Hong Kong. Lo sviluppo di questa vasta area sulla punta di una penisola creata con un interramento artificiale era stato promosso con un concorso che Foster aveva vinto nel 2001. Da allora ad oggi la committenza ha modificato più volte le indicazioni di progetto e le destinazioni d'uso previste, anche attraverso consultazioni pubbliche. Nella versione finale i 23 ettari dell'intervento sono occupati da tre teatri (tra cui un grande teratro dell'opera da 2000 posti), un museo di arte moderna, residenze, uffici e negozi e un'arena allaperto da 15000 posti. Sotto l'arena c'è un quartiere fieristico, per ridurre il consumo di suolo. Molti gli spazi pubblici e a verde, con anche due km di waterfront.
Tutto verrà realizzato tre metri sopra l'attuale quota di terra, utilizzando l'intercapedine per gli impianti tecnologici, le strade carrabili, i parcheggi e il trasporto pubblico.
Il nuovo Cultural Park sarà ad emissioni zero, puntando sull'efficienza energetica e i bassi consumi. Sono previsti sistemi centralizzati di climatizzazione, il recupero delle acque grigie, la produzione di energia dalle acque fognarie e dai rifiuti, e l'inserimento di generatori eolici e fotovoltaici.
Tutto verrà realizzato tre metri sopra l'attuale quota di terra, utilizzando l'intercapedine per gli impianti tecnologici, le strade carrabili, i parcheggi e il trasporto pubblico.
Il nuovo Cultural Park sarà ad emissioni zero, puntando sull'efficienza energetica e i bassi consumi. Sono previsti sistemi centralizzati di climatizzazione, il recupero delle acque grigie, la produzione di energia dalle acque fognarie e dai rifiuti, e l'inserimento di generatori eolici e fotovoltaici.
sabato 21 agosto 2010
Le migliori rotture di pallet
Io in genere li chiamo bancali, ma il termine corretto è pallet. Sono le pedane in legno grezzo di conifera in grado di sopportare carichi molto pesanti e di essere facilmente spostate con i "muletti" o le forche appese alle gru.
I pallet, quando il carico viene trasferito,vengono in genere gettati, al massimo bruciati. Io ho provato a usarne i listelli, carteggiati e cerati, per costruire cornici. Da Dornob copio la segnalazione dei progetti di arredamento realizzati con bancali usati da Nina Tolstrup, designer dello studio londinese Studiomama, che vende on line le istruzioni per realizzare i mobili. Il progetto della sedia nella foto costa dieci sterline.
I pallet, quando il carico viene trasferito,vengono in genere gettati, al massimo bruciati. Io ho provato a usarne i listelli, carteggiati e cerati, per costruire cornici. Da Dornob copio la segnalazione dei progetti di arredamento realizzati con bancali usati da Nina Tolstrup, designer dello studio londinese Studiomama, che vende on line le istruzioni per realizzare i mobili. Il progetto della sedia nella foto costa dieci sterline.
venerdì 20 agosto 2010
E il famoso nucleare italiano?
Oggi se lo chiede anche Il Sole: che fine ha fatto il nucleare del governo Berlusconi, sbandierato come l'unica soluzione ai problemi energetici italiani?
Siamo ormai vicini alla metà del mandato di questo governo e sul fronte atomico non è stato ottenuto nessun risultato concreto.
Sul libretto di propaganda appena edito da Berlù c'è una pagina che celebra il "ritorno al nucleare", ma le ultime notizie risalgono a settimane fa e riguardano la possibile candidatura di Umberto Veronesi alla presidenza dell'agenzia dedicata. Niente altro, malgrado che la fiaccola atomica che Scajola ha dovuto mollare sia stata raccolta con entusiasmo dal ministro invisibile dell'ambiente Prestigiacomo, la quale però fa pellegrinaggi alle centrali atomiche francesi, partecipa ai convegni della lobby nucleare nazionale ma come al solito combina poco o niente (per una volta la cosa fa piacere).
Tutti i dubbi sul nucleare italiano restano, a cominciare dalla scelta dei luoghi dove costruire le centrali e l'impianto per lo stoccaggio delle scorie radioattive (non ci sono volontari, neanche tra le fedelissime amministrazioni leghiste). E i mesi passano. Così oggi il quotidiano di Confindustria lamenta come l'esecutivo sia "in ritardo sull'agenda nucleare". Perché una cosa va detta: le grandi maggioranze di cui dispone questo governo evaporano di fronte ai problemi e alle crisi politiche. I distinguo dei Finiani e i dubbi sulla nomina di Paolo Romani a ministro dello sviluppo economico perché troppo legato alla Fininvest hanno di fatto bloccato qualunque iniziativa. Meglio così.
Siamo ormai vicini alla metà del mandato di questo governo e sul fronte atomico non è stato ottenuto nessun risultato concreto.
Sul libretto di propaganda appena edito da Berlù c'è una pagina che celebra il "ritorno al nucleare", ma le ultime notizie risalgono a settimane fa e riguardano la possibile candidatura di Umberto Veronesi alla presidenza dell'agenzia dedicata. Niente altro, malgrado che la fiaccola atomica che Scajola ha dovuto mollare sia stata raccolta con entusiasmo dal ministro invisibile dell'ambiente Prestigiacomo, la quale però fa pellegrinaggi alle centrali atomiche francesi, partecipa ai convegni della lobby nucleare nazionale ma come al solito combina poco o niente (per una volta la cosa fa piacere).
Tutti i dubbi sul nucleare italiano restano, a cominciare dalla scelta dei luoghi dove costruire le centrali e l'impianto per lo stoccaggio delle scorie radioattive (non ci sono volontari, neanche tra le fedelissime amministrazioni leghiste). E i mesi passano. Così oggi il quotidiano di Confindustria lamenta come l'esecutivo sia "in ritardo sull'agenda nucleare". Perché una cosa va detta: le grandi maggioranze di cui dispone questo governo evaporano di fronte ai problemi e alle crisi politiche. I distinguo dei Finiani e i dubbi sulla nomina di Paolo Romani a ministro dello sviluppo economico perché troppo legato alla Fininvest hanno di fatto bloccato qualunque iniziativa. Meglio così.
giovedì 19 agosto 2010
Costernazione
E così Marina Berlusconi (44) si mostra su Chi come mamma (anestesia) e papa (bisturi) l'hanno fatta. Di per sè non sarebbe niente di notevole, i nostri settimanali di gossip sono pieni di tette al vento. Spesso ritoccate.
Marina Berlusconi però è la figlia primogenita del presidente del consiglio. Fotografare la figlia seminuda del capo del governo sarebbe uno scoop incredibile in ogni nazione. Seguirebbero note sdegnate, costernazione istituzionale, magari citazioni legali.
Marina Berlusconi è anche presidente della Mondadori, casa editrice del settimanale Chi. Nominata da papà Silvio, ovvio. Il servizio che la ritrae a seno nudo non è una rapina. L'editore, che sarebbe sempre la tettuta Marina, è stato certamente informato e ha dato il suo benestare. Magari il servizio lo ha persino commissionato.
In un paese normale, ma anche in uno che vorrebbe provare ad esserlo, nessun presidente del consiglio permetterebbe a sua figlia di pubblicare se stessa a seno nudo. E magari Berlù è pure contento e fa vedere le foto ai ragazzi della scorta.
Marina Berlusconi però è la figlia primogenita del presidente del consiglio. Fotografare la figlia seminuda del capo del governo sarebbe uno scoop incredibile in ogni nazione. Seguirebbero note sdegnate, costernazione istituzionale, magari citazioni legali.
Marina Berlusconi è anche presidente della Mondadori, casa editrice del settimanale Chi. Nominata da papà Silvio, ovvio. Il servizio che la ritrae a seno nudo non è una rapina. L'editore, che sarebbe sempre la tettuta Marina, è stato certamente informato e ha dato il suo benestare. Magari il servizio lo ha persino commissionato.
In un paese normale, ma anche in uno che vorrebbe provare ad esserlo, nessun presidente del consiglio permetterebbe a sua figlia di pubblicare se stessa a seno nudo. E magari Berlù è pure contento e fa vedere le foto ai ragazzi della scorta.
mercoledì 18 agosto 2010
Propaganda arretrata
Dopo la segnalazione di Pippo sono andato a leggere il libretto in cui Berlusconi magnifica se stesso e i primi due anni di governo. Sono 78 pagine intense, in cui viene dipinto un governo perfetto, guidato da un leader indiscusso e indiscutibile.
Tutto sembra troppo perfetto. In realtà il testo è pieno di contraddizioni e promesse non mantenute, come ha scritto Tito Boeri. Io ho studiato con attenzione le pagine che si occupano di ambiente ed energia. Nel capitolo "Le grandi riforme" a pagina 64 c'è il titolo "Ritorno al nucleare". Il governo celebra la scelta di tornare alle centrali atomiche, anche se tralascia di dire che in due anni e passa non ha fatto nulla, a parte un accordo industriale con la Francia. La frase più esilarante è "Ogni centrale dalla preparazione dell'area fino al collegamento alla rete verrà realizzata in 4 anni con un costo di 4-5 miliardi". La centrale di Olkiluoto in Finlandia è dello stesso tipo di quelle che la destra vorrebbe realizzare in Italia. Il sito è stato scelto nel 2000, il cantiere aperto nel 2004 e si spera di concludere i lavori nel 2013. Tredici anni in Finlandia e quattro in Italia, ma infatti.
La pagina accanto (65) si intitola "Più amore e rispetto per l'ambiente" e racconta i mirabili risultati raggiunti nel settore. Si parla di poche cose: la gestione dei rifiuti speciali, la giornata nazionale della bicicletta, le campagne "Mare Pulito" e "Spiaggia Libera". C'è la descrizione del "Patto per l'Ambiente", un documento sottoscritto nel 2009 dal governo e undici imprese, e si cita (cinque righe di testo) il fondo di rotazione per Kyoto, 600 miseri milioni spalmati nei quattro anni 2009-2012. Tutto qui. Non c'è accenno alle energie rinnovabili, all'inquinamento atmosferico. ai temi del paesaggio, al risanamento ambientale, alle aree protette, ai processi partecipati, al cambiamento climatico, alla mobilità sostenibile, ecc. ecc.
L'apoteosi comunque è nel capitolo surreale "Italia protagonista in Europa e nel mondo", in cui si dice che Berlù ha risolto la crisi Russia-Georgia e concluso altre mirabolanti imprese diplomatiche. A pagina 72 il titolo è: "Politica ambientale dell'Unione Europea, passa la linea italiana". Il riferimento sarebbe al Consiglio Europeo del dicembre 2008, quando Berlù insistette per escludere dai tetti di emissione le industrie del cemento e dei laterizi. Un elemento marginale del "pacchetto clima" e che si sta già ritorcendo contro l'Italia, perché all'estero il settore si è già adeguato e può rispondere a bandi di gara con requisiti ambientali, cosa che i nostri produttori non sono in grado di fare. Lafarge, la prima multinazionale di cemento e gesso, si è data da tempo obiettivi di riduzione superiori a quelli di Kyoto.
Nella stessa pagina si citano gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni e di efficienza energetica, senza spendere una parola per spiegare cosa si sta facendo per raggiungerli.
L'immagine generale è di un governo arretrato e bigotto, che non sa cogliere le opportunità e l'innovazione. Un governo che non affronta le sfide del futuro ma lotta per la conservazione, che trascura la ricerca e lo sviluppo e non sa progettare. Un governo che vive di consenso ricercato ad ogni costo, anche fornendo dati falsi e parziali.
Tutto sembra troppo perfetto. In realtà il testo è pieno di contraddizioni e promesse non mantenute, come ha scritto Tito Boeri. Io ho studiato con attenzione le pagine che si occupano di ambiente ed energia. Nel capitolo "Le grandi riforme" a pagina 64 c'è il titolo "Ritorno al nucleare". Il governo celebra la scelta di tornare alle centrali atomiche, anche se tralascia di dire che in due anni e passa non ha fatto nulla, a parte un accordo industriale con la Francia. La frase più esilarante è "Ogni centrale dalla preparazione dell'area fino al collegamento alla rete verrà realizzata in 4 anni con un costo di 4-5 miliardi". La centrale di Olkiluoto in Finlandia è dello stesso tipo di quelle che la destra vorrebbe realizzare in Italia. Il sito è stato scelto nel 2000, il cantiere aperto nel 2004 e si spera di concludere i lavori nel 2013. Tredici anni in Finlandia e quattro in Italia, ma infatti.
La pagina accanto (65) si intitola "Più amore e rispetto per l'ambiente" e racconta i mirabili risultati raggiunti nel settore. Si parla di poche cose: la gestione dei rifiuti speciali, la giornata nazionale della bicicletta, le campagne "Mare Pulito" e "Spiaggia Libera". C'è la descrizione del "Patto per l'Ambiente", un documento sottoscritto nel 2009 dal governo e undici imprese, e si cita (cinque righe di testo) il fondo di rotazione per Kyoto, 600 miseri milioni spalmati nei quattro anni 2009-2012. Tutto qui. Non c'è accenno alle energie rinnovabili, all'inquinamento atmosferico. ai temi del paesaggio, al risanamento ambientale, alle aree protette, ai processi partecipati, al cambiamento climatico, alla mobilità sostenibile, ecc. ecc.
L'apoteosi comunque è nel capitolo surreale "Italia protagonista in Europa e nel mondo", in cui si dice che Berlù ha risolto la crisi Russia-Georgia e concluso altre mirabolanti imprese diplomatiche. A pagina 72 il titolo è: "Politica ambientale dell'Unione Europea, passa la linea italiana". Il riferimento sarebbe al Consiglio Europeo del dicembre 2008, quando Berlù insistette per escludere dai tetti di emissione le industrie del cemento e dei laterizi. Un elemento marginale del "pacchetto clima" e che si sta già ritorcendo contro l'Italia, perché all'estero il settore si è già adeguato e può rispondere a bandi di gara con requisiti ambientali, cosa che i nostri produttori non sono in grado di fare. Lafarge, la prima multinazionale di cemento e gesso, si è data da tempo obiettivi di riduzione superiori a quelli di Kyoto.
Nella stessa pagina si citano gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni e di efficienza energetica, senza spendere una parola per spiegare cosa si sta facendo per raggiungerli.
L'immagine generale è di un governo arretrato e bigotto, che non sa cogliere le opportunità e l'innovazione. Un governo che non affronta le sfide del futuro ma lotta per la conservazione, che trascura la ricerca e lo sviluppo e non sa progettare. Un governo che vive di consenso ricercato ad ogni costo, anche fornendo dati falsi e parziali.
martedì 17 agosto 2010
Protezione o propaganda?
Terremoto nelle Eolie, particolarmente forte a Lipari. Nessun danno, o quasi. Distacchi di pietre dai costoni rocciosi, che a volte in estate avvengono anche senza scosse sismiche. Crepe in qualche vecchio edificio.
Il governo decide l'intervento della protezione civile e stamattina a Lipari arriva un elicottero con a bordo il prefetto e il sottosegretario Bertolaso (foto ANSA), con la abituale tenuta da combattimento: in estate polo con stemmini, in inverno tuta da jogging con stemmini.
Bertolaso va a fare una gita in barca (un sopralluogo, se preferite) tra Vulcano e Lipari. Prima di imbarcarsi però l'uomo più indiscutibile d'Italia deve dichiarare qualcosa, dare un senso alla sua presenza e alla unità di crisi istituità nel municipio di Lipari. ''Mi pare che tutto sia sotto controllo, tutte le verifiche e le indagini sulla situazione sono gia' state avviate'' ha sentenziato. Poi, per rimarcare la necessità dell'intervento della protezione civile ha aggiunto: ''Mi risulta che in alcune zone dove ci sono state le frane c'erano dei divieti di balneazione che però non sono stati rispettati''. La protezione civile impegnata per il rispetto delle ordinanze della capitaneria di porto. A questo livello ancora non ci eravamo arrivati.
Alle 11:30 Bertolaso incontrerà la stampa assieme al ministro invisibile dell'ambiente Stefania Prestigiacomo e al presidente del senato Schifani, che a Lipari è in vacanza. Attendiamo fiduciosi ulteriori vaticini.
Il governo decide l'intervento della protezione civile e stamattina a Lipari arriva un elicottero con a bordo il prefetto e il sottosegretario Bertolaso (foto ANSA), con la abituale tenuta da combattimento: in estate polo con stemmini, in inverno tuta da jogging con stemmini.
Bertolaso va a fare una gita in barca (un sopralluogo, se preferite) tra Vulcano e Lipari. Prima di imbarcarsi però l'uomo più indiscutibile d'Italia deve dichiarare qualcosa, dare un senso alla sua presenza e alla unità di crisi istituità nel municipio di Lipari. ''Mi pare che tutto sia sotto controllo, tutte le verifiche e le indagini sulla situazione sono gia' state avviate'' ha sentenziato. Poi, per rimarcare la necessità dell'intervento della protezione civile ha aggiunto: ''Mi risulta che in alcune zone dove ci sono state le frane c'erano dei divieti di balneazione che però non sono stati rispettati''. La protezione civile impegnata per il rispetto delle ordinanze della capitaneria di porto. A questo livello ancora non ci eravamo arrivati.
Alle 11:30 Bertolaso incontrerà la stampa assieme al ministro invisibile dell'ambiente Stefania Prestigiacomo e al presidente del senato Schifani, che a Lipari è in vacanza. Attendiamo fiduciosi ulteriori vaticini.
lunedì 16 agosto 2010
Secolo scorso
Oggi il TG regionale ha ritrasmesso questo servizio dove la musica e le immagini di sfondo sono quelle di "One", singolo dei Bar Code che incidemmo mi pare nel 1983. Che tenerezza.
sabato 14 agosto 2010
venerdì 13 agosto 2010
Solo un esperto può farcela
Il mese scorso Laurie Anderson (63) è stata ospite del David Letterman Late Show per presentare il suo nuovo album Homeland, il primo con materiale inedito in dieci anni. Laurie ha eseguito dal vivo Only an expert, un brano dedicato all'ossessione americana di chiedere in qualunque occasione l'opinione di un "esperto". "Solo un esperto è in grado di affrontare il problema" è il mantra del pezzo. Ma per la performance da David Letterman la Anderson ne ha cambiato il testo, inserendo una strofa dedicata agli "esperti" della British Petroleum e al disastro ecologico del Golfo del Messico.
Only an expert è stato pubblicato negli USA anche come singolo in vinile a 12". Scelta un po' snob per gli anni '10, ma la signora ha una certa classe, da sempre.
Ventuno per il 21esimo secolo
Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha formalizzato la costituzione di un gruppo di ventuno personalità che dovranno occuparsi di sviluppo sostenibile. Secondo Ban Ki-moon il gruppo dovrà "contribuire a ridurre la povertà, affrontare il cambiamento climatico e assicurare che lo sviluppo economico non danneggi l'ambiente". Non esattamente una passeggiata. "Perché non aggiungere anche la pace nel mondo?" ha commentato sarcasticamente il Financial Times.
La commissione, che non riceve emolumenti, ha il compito di produrre un rapporto entro la fine del 2011, prima della COP17 di Johannesburg e del summit mondiale di Rio de Janeiro 2012.
I componenti sono per lo più figure politiche, che rivestono cariche importanti o lo hanno fatto in passato. Il tavolo è coordinato dalla premier finlandese Tarja Halonen e dal presidente del Sud Africa Jacob Zuma. Ci sono anche Gro Harlem Brundtland, Han Seung-soo, Yukio Hatoyama, Luisa Dias Diogo and Kevin Rudd, ex premier rispettivamente di Norvegia, Corea del Sud, Giappone, Mozambico e Australia. La figura più rappresentativa è certamente la signora Bruntland (foto), già nominata nel 1983 alla guida della commissione ONU che quattro anni dopo produsse il rapporto Our Common Future, in cui veniva per la prima volta definito il concetto di sviluppo sostenibile.
Tra gli altri componenti ci sono il primo ministro di Barbados, il ministro degli esteri degli Emirati Arabi, il vice primo ministro della Turchia e il ministro degli esteri svizzero. Nella lista c'è anche l'ambasciatrice USA alle Nazioni Unite Susan Rice, il commissario europeo per il clima Connie Hedegaard e i ministri dell'ambiente di India, Messico e Spagna. Altre figure di alto livello provengono da Russia, Nigeria e Cina. L'Italia di Berlù come sempre è altrove.
La commissione, che non riceve emolumenti, ha il compito di produrre un rapporto entro la fine del 2011, prima della COP17 di Johannesburg e del summit mondiale di Rio de Janeiro 2012.
I componenti sono per lo più figure politiche, che rivestono cariche importanti o lo hanno fatto in passato. Il tavolo è coordinato dalla premier finlandese Tarja Halonen e dal presidente del Sud Africa Jacob Zuma. Ci sono anche Gro Harlem Brundtland, Han Seung-soo, Yukio Hatoyama, Luisa Dias Diogo and Kevin Rudd, ex premier rispettivamente di Norvegia, Corea del Sud, Giappone, Mozambico e Australia. La figura più rappresentativa è certamente la signora Bruntland (foto), già nominata nel 1983 alla guida della commissione ONU che quattro anni dopo produsse il rapporto Our Common Future, in cui veniva per la prima volta definito il concetto di sviluppo sostenibile.
Tra gli altri componenti ci sono il primo ministro di Barbados, il ministro degli esteri degli Emirati Arabi, il vice primo ministro della Turchia e il ministro degli esteri svizzero. Nella lista c'è anche l'ambasciatrice USA alle Nazioni Unite Susan Rice, il commissario europeo per il clima Connie Hedegaard e i ministri dell'ambiente di India, Messico e Spagna. Altre figure di alto livello provengono da Russia, Nigeria e Cina. L'Italia di Berlù come sempre è altrove.
giovedì 12 agosto 2010
Cota vs. Fuksas atto secondo
Il governatore piemontese Roberto Cota, in attesa che si ricontino le schede che hanno decretato la sua elezione, continua la sua personale battaglia contro il progetto di Massimiliano Fuksas per la nuova sede della regione e decide di chiedere alla corte dei conti se la parcella dell'architetto (più o meno 22 milioni di euro) sia congrua.
Ma il cosiddetto grattacielo, che in realtà è solo un palazzo un po' più alto del solito, si farà? Cota già in campagna elettorale iniziò a scagliarsi contro il progetto di Fuksas, commissionato dal presidente di destra Ghigo ma approvato da Mercedes Bresso. I costi di realizzazione sono ingenti, ma il programma della giunta Bresso prevedeva un project leasing che per la regione Piemonte comportava costi simili a quelli degli affitti delle tante sedi distaccate. Inoltre per l'ex assessore al patrimonio del Piemonte Peveraro la costruzione della nuova sede avrebbe creato un volano economico attorno all'uno per cento del PIL regionale, ovvero un miliardo di Euro. Non va dimenticato anche che l'appalto del cantiere è già stato aggiudicato a una cordata di imprese guidata dalla Coopsette, che in caso di rescissione del contratto potrebbe pretendere risarcimenti da capogiro.
In questo clima di grande incertezza si è inserito Vittorio Sgarbi, che con la sua proverbiale eleganza ha definito il progetto di Fuksas "una merda".
Ma il cosiddetto grattacielo, che in realtà è solo un palazzo un po' più alto del solito, si farà? Cota già in campagna elettorale iniziò a scagliarsi contro il progetto di Fuksas, commissionato dal presidente di destra Ghigo ma approvato da Mercedes Bresso. I costi di realizzazione sono ingenti, ma il programma della giunta Bresso prevedeva un project leasing che per la regione Piemonte comportava costi simili a quelli degli affitti delle tante sedi distaccate. Inoltre per l'ex assessore al patrimonio del Piemonte Peveraro la costruzione della nuova sede avrebbe creato un volano economico attorno all'uno per cento del PIL regionale, ovvero un miliardo di Euro. Non va dimenticato anche che l'appalto del cantiere è già stato aggiudicato a una cordata di imprese guidata dalla Coopsette, che in caso di rescissione del contratto potrebbe pretendere risarcimenti da capogiro.
In questo clima di grande incertezza si è inserito Vittorio Sgarbi, che con la sua proverbiale eleganza ha definito il progetto di Fuksas "una merda".
mercoledì 11 agosto 2010
Aumentiamo l'acqua del 100%
Secondo la relazione del ministro dell'economia le tariffe dell'acqua potabile nel 2009 sono aumentate del 5.9%.
Il ministero è ovviamente felice di comunicare un dato che si riferisce alla gestione locale, così come quello dei rifiuti (+4.5%). Così il capoclasse 3monti potrà nuovamente incolpare gli enti locali, continuando il disegno alla base della manovra finanziaria.
Al di là dei perfidi disegni del governo della destra la verità è che l'acqua in Italia costa troppo poco. Talmente poco da non essere considerata un bene prezioso. Talmente poco che, se uno scarico di WC perde, conviene lasciarlo scorrere piuttosto che chiamare un idraulico. Se invece perde il serbatoio di benzina dell'auto si corre dal meccanico.
Oltre i referendum, oltre il principio imprescindibile che l'acqua è un diritto, in una società evoluta, abituata a consumi voluttuari anche in tempi di crisi, il valore di un bene lo da il suo prezzo. Il prezzo dell'acqua dovrebbe crescere almeno del 100%. Naturalmente dovrà essere garantita una fascia sociale a tariffa ridotta, sufficiente a mantenere a costi minimi i consumi familiari. Ma l'aumento è necessario ed eticamente doveroso. Per chi non aggiusta gli scarichi, per chi ci riempie le piscine, ci lava le macchine e innaffia i prati.
Il ministero è ovviamente felice di comunicare un dato che si riferisce alla gestione locale, così come quello dei rifiuti (+4.5%). Così il capoclasse 3monti potrà nuovamente incolpare gli enti locali, continuando il disegno alla base della manovra finanziaria.
Al di là dei perfidi disegni del governo della destra la verità è che l'acqua in Italia costa troppo poco. Talmente poco da non essere considerata un bene prezioso. Talmente poco che, se uno scarico di WC perde, conviene lasciarlo scorrere piuttosto che chiamare un idraulico. Se invece perde il serbatoio di benzina dell'auto si corre dal meccanico.
Oltre i referendum, oltre il principio imprescindibile che l'acqua è un diritto, in una società evoluta, abituata a consumi voluttuari anche in tempi di crisi, il valore di un bene lo da il suo prezzo. Il prezzo dell'acqua dovrebbe crescere almeno del 100%. Naturalmente dovrà essere garantita una fascia sociale a tariffa ridotta, sufficiente a mantenere a costi minimi i consumi familiari. Ma l'aumento è necessario ed eticamente doveroso. Per chi non aggiusta gli scarichi, per chi ci riempie le piscine, ci lava le macchine e innaffia i prati.
Rio+20, ecco il sito
Le Nazioni Unite hanno attivato il sito ufficiale della conferenza sullo sviluppo sostenibile del 2012, per gli amici Rio+20.
C'era una volta la pandemia
Ieri il direttore generale dell'OMS Margaret Chan ha ufficialmente dichiarato che la pandemia di influenza H1N1 è terminata. Ammesso che sia mai cominciata.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità aveva annunciato il livello 6 di allerta pandemia per il virus della cosiddetta influenza suina l'11 giugno del 2009. L'ultima mappa diffusa dall'OMS dimostra come i decessi dovuti all'H1N1 siano "almeno 18.500", un numero estremamente poco rilevante a scala globale.
Quando un giornalista della Reuters ha chiesto alla signora Chan se riteneva di avere fatto la cosa giusta annunciando la pandemia lo scorso anno e che fine faranno le diecine di milioni di fiale di vaccino acquistate dai governi del mondo, la direttrice dell'OMS ha risposto che la diffusione dell'H1N1 corrispondeva ai parametri epidemiologici e virologici della pandemia. Quanto al vaccino, Chan ha ricoldato come l'oseltamivir sia ancora efficace contro l'influenza suina e ha raccomandato comunque la vaccinazione delle categorie a rischio (trascrizione). In Italia il governo di destra acquistò 24 milioni di dosi di vaccino con un contratto che a molti è sembrato un grosso affare per la azienda produttrice Novartis e molto meno per lo Stato.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità aveva annunciato il livello 6 di allerta pandemia per il virus della cosiddetta influenza suina l'11 giugno del 2009. L'ultima mappa diffusa dall'OMS dimostra come i decessi dovuti all'H1N1 siano "almeno 18.500", un numero estremamente poco rilevante a scala globale.
Quando un giornalista della Reuters ha chiesto alla signora Chan se riteneva di avere fatto la cosa giusta annunciando la pandemia lo scorso anno e che fine faranno le diecine di milioni di fiale di vaccino acquistate dai governi del mondo, la direttrice dell'OMS ha risposto che la diffusione dell'H1N1 corrispondeva ai parametri epidemiologici e virologici della pandemia. Quanto al vaccino, Chan ha ricoldato come l'oseltamivir sia ancora efficace contro l'influenza suina e ha raccomandato comunque la vaccinazione delle categorie a rischio (trascrizione). In Italia il governo di destra acquistò 24 milioni di dosi di vaccino con un contratto che a molti è sembrato un grosso affare per la azienda produttrice Novartis e molto meno per lo Stato.
martedì 10 agosto 2010
Delenda pensilina
Come annunciato dal sindaco Renzi sono cominciati ieri a Firenze i lavori di demolizione dell'edificato della pensilina terminal bus della stazione di Santa Maria Novella (foto).
La pensilina era stata progettata da Criostiano Toraldo di Francia e inserita tra le opere da realizzare per il mondiali di calcio del 1990. Ai Fiorentini non era mai andata giù e con il passare del tempo il degrado aveva preso il sopravvento.
In Italia, paese in cui ogni manufatto sembra destinato all'eternità, ogni demolizione assume un significato simbolico. Anche in questo caso tutti si sono scagliati contro l'opera e il suo progettista. Il Post la definisce esagerando "uno degli inciampi architettonici più molesti e fallimentari dell’ultimo ventennio". Nove pubblica trionfante foto e video della demolizione. Commenti caustici anche nel video de La Nazione.
Chi si scompone di meno e il progettista Cristiano Toraldo di Francia. Non ho niente da dichiarare - commenta - mi va benissimo che la buttino giù. Secondo me le opere contemporanee dovrebbero avere la data di scadenza come i prodotti alimentari, tanto è veloce ormai il ritmo con cui cambiano le esigenze urbanistiche di una città. Iniziai a lavorare a quel progetto nell'85 e di cose in vent'anni ne succedono parecchie. Senza contare che il concetto di manutenzione per le strutture nuove sta entrando adesso nella mentalità delle pubbliche amministrazioni, finora veniva restaurato solo l'antico. Anche per questo la pensilina si è deteriorata così in fretta (...) Quel progetto rispondeva ad un'idea diversa di città ed è più che normale voltare pagina. Ma la pensilina, con tutti i suoi difetti, credo almeno sia servita per svecchiare la città, per smuovere una polemica utile e costruttiva".
sabato 7 agosto 2010
La pentola e gli ingredienti
"Non si può cucinare un pasto senza una pentola" ha detto la segretaria UNFCCC Christiana Figueres (foto) alla fine della settimana di negoziati sul clima di Bonn. Secondo Figueres però i governi del mondo stanno preparando la pentola, anche se molte altre opinioni sull'esito dei climate talks sono decisamente più pessimistiche.
La settimana di negoziati di Bonn forse non è stata del tutto negativa, ma di certo ha marcato le differenze ed evidenziato i problemi ancora insoluti.
I punti di partenza sono la scadenza del protocollo di Kyoto del 2012 e il Copenhagen Accord dello scorso dicembre, un documento sottoscritto da quasi tutti i paesi ONU dietro l'impulso di USA, Cina, India, Brasile e Sud Africa e con il benestare dell'Unione Europea. Sette nazioni non avevano accettato l'accordo di Copenhagen, rendendolo legalmente nullo visto che le liturgie ONU per i trattati sul clima prevedono l'unanimità.
Anche in questa sessione di negoziati il problema di fondo è stato lo stesso di sempre: gli obblighi dei paesi occidentali e quelli delle nazioni in via di sviluppo. Rispetto a Copenhagen questa forbice si è probabilmente allargata, con molte nazioni che avevano aderito all'accordo e che ora sembrano più dubbiose.
Il ruolo degli USA resta cruciale e sulla posizione americana pesano due dati essenziali: il fatto che l'America non abbia mai riconosciuto il valore del protocollo di Kyoto e la recente decisione del senato USA di non discutere il Climate Bill proposto da Obama prima del 2011.
Così le 175 delegazioni presenti a Bonn hanno partecipato a sessioni, tavoli di lavoro e plenarie senza produrre risultati consistenti. Il testo dei documenti in bozza, emendamento dopo emendamento, è cresciuto a dimensioni quasi ingovernabili. I paesi in via di sviluppo insistono sul fatto che i loro impegni non possono essere obbligatori ma solo volontari. Qualcuno si preoccupa della vacatio che potrebbe seguire alla scadenza del 2012, ma del resto che senso ha oggi pensare al futuro di un protocollo mai sottoscritto dagli USA e che non prevede impegni per paesi come la Cina o l'India?
Le certezze sul futuro degli accordi globali sul clima sono poche, a parte il fatto che resta una sola sessione di negoziati prima della COP16 di Cancun. L'agenda si riapre in Cina, a Tianjing, dal 4 al 9 ottobre.
La settimana di negoziati di Bonn forse non è stata del tutto negativa, ma di certo ha marcato le differenze ed evidenziato i problemi ancora insoluti.
I punti di partenza sono la scadenza del protocollo di Kyoto del 2012 e il Copenhagen Accord dello scorso dicembre, un documento sottoscritto da quasi tutti i paesi ONU dietro l'impulso di USA, Cina, India, Brasile e Sud Africa e con il benestare dell'Unione Europea. Sette nazioni non avevano accettato l'accordo di Copenhagen, rendendolo legalmente nullo visto che le liturgie ONU per i trattati sul clima prevedono l'unanimità.
Anche in questa sessione di negoziati il problema di fondo è stato lo stesso di sempre: gli obblighi dei paesi occidentali e quelli delle nazioni in via di sviluppo. Rispetto a Copenhagen questa forbice si è probabilmente allargata, con molte nazioni che avevano aderito all'accordo e che ora sembrano più dubbiose.
Il ruolo degli USA resta cruciale e sulla posizione americana pesano due dati essenziali: il fatto che l'America non abbia mai riconosciuto il valore del protocollo di Kyoto e la recente decisione del senato USA di non discutere il Climate Bill proposto da Obama prima del 2011.
Così le 175 delegazioni presenti a Bonn hanno partecipato a sessioni, tavoli di lavoro e plenarie senza produrre risultati consistenti. Il testo dei documenti in bozza, emendamento dopo emendamento, è cresciuto a dimensioni quasi ingovernabili. I paesi in via di sviluppo insistono sul fatto che i loro impegni non possono essere obbligatori ma solo volontari. Qualcuno si preoccupa della vacatio che potrebbe seguire alla scadenza del 2012, ma del resto che senso ha oggi pensare al futuro di un protocollo mai sottoscritto dagli USA e che non prevede impegni per paesi come la Cina o l'India?
Le certezze sul futuro degli accordi globali sul clima sono poche, a parte il fatto che resta una sola sessione di negoziati prima della COP16 di Cancun. L'agenda si riapre in Cina, a Tianjing, dal 4 al 9 ottobre.
venerdì 6 agosto 2010
giovedì 5 agosto 2010
Cosa succederà a Cancun?
La settimana di negoziati sul clima di Bonn si sta avviando alla conclusione e molti si chiedono cosa si riuscirà a decidere alla COP 16 di Cancun, a cui mancano ormai meno di quattro mesi.
Artur Runge-Metzer, uno dei capidelegazione dell'Unione Europea a Bonn, ha confidato alla Reuters di ritenere che Cancun sarà "un grande passo avanti" nel cammino verso il nuovo accordo, che verrebbe siglato solo nel 2011. E le voci che parlano di una estensione di altri due anni del protocollo di Kyoto, che scadrebbe nel 2012, si fanno sempre più accreditate.
Sugli esiti della COP16 pesa la decisione del Senato americano di non legiferare sul clima entro l'anno in corso, lasciando il Climate Bill per tempi migliori. Tuttavia lo storico capo negoziatore USA Todd Stern sostiene che la posizione americana non è cambiata e gli obiettivi annunciati lo scorso anno a Copenhagen saranno mantenuti (-17% di emissioni al 2020, -80% al 2050). "Non esiste nessun piano B" ha ribadito Stern.
Ieri intanto a Bonn un delegato dei paesi in via di sviluppo ha chiesto che il computo delle emissioni sia calcolato sul valore storico pro-capite, che ovviamente favorisce le popolose economie rampanti come Cina, India e Brasile e mette in seri guai Europa e Nord America.
Oggi a Bonn il capo delegazione del Messico Luis Alfonso De Alba ha dichiarato che il nuovo protocollo di Kyoto potrebbe essere uno e trino ed essere approvato a Cancun. Al vecchio protocollo, mai sottoscritto dagli USA e che non comporta obblighi per i paesi in via di sviluppo, sarebbero affiancati altri due documenti, che riguarderebbero i ruoli degli Stati Uniti e dei paesi emergenti.
Artur Runge-Metzer, uno dei capidelegazione dell'Unione Europea a Bonn, ha confidato alla Reuters di ritenere che Cancun sarà "un grande passo avanti" nel cammino verso il nuovo accordo, che verrebbe siglato solo nel 2011. E le voci che parlano di una estensione di altri due anni del protocollo di Kyoto, che scadrebbe nel 2012, si fanno sempre più accreditate.
Sugli esiti della COP16 pesa la decisione del Senato americano di non legiferare sul clima entro l'anno in corso, lasciando il Climate Bill per tempi migliori. Tuttavia lo storico capo negoziatore USA Todd Stern sostiene che la posizione americana non è cambiata e gli obiettivi annunciati lo scorso anno a Copenhagen saranno mantenuti (-17% di emissioni al 2020, -80% al 2050). "Non esiste nessun piano B" ha ribadito Stern.
Ieri intanto a Bonn un delegato dei paesi in via di sviluppo ha chiesto che il computo delle emissioni sia calcolato sul valore storico pro-capite, che ovviamente favorisce le popolose economie rampanti come Cina, India e Brasile e mette in seri guai Europa e Nord America.
Oggi a Bonn il capo delegazione del Messico Luis Alfonso De Alba ha dichiarato che il nuovo protocollo di Kyoto potrebbe essere uno e trino ed essere approvato a Cancun. Al vecchio protocollo, mai sottoscritto dagli USA e che non comporta obblighi per i paesi in via di sviluppo, sarebbero affiancati altri due documenti, che riguarderebbero i ruoli degli Stati Uniti e dei paesi emergenti.
mercoledì 4 agosto 2010
Bonn, negoziati nel vivo
La sessione di negoziati sul clima in corso da lunedì a Bonn ha avuto un avvio piuttosto stentato. Grande parte della prima giornata è stata persa per ricomporre l'atto di vandalismo compiuto nella sessione precedente di giugno nei confronti dell'Arabia Saudita, la cui targa era stata sottratta per essere spaccata in due, buttata in un WC con tanto di foto ricordo. Gli autori erano stati poi individuati in due attivisti di WWF e uno di Oxfam, i quali intendevano protestare perché l'Arabia Saudita, spalleggiata da Kuwait e Qatar, si era opposta alla creazione di un gruppo di studio sugli effetti del riscaldamento globale chiesto dall'Associazione dei Piccoli Stati Insulari (AOSIS). Lunedì i responsabili delle due organizzazioni hanno presentato formali scuse ai Sauditi, che le hanno accettate.
Ieri invece, dopo avere perso varie ore negoziando su come negoziare, si sono finalmente aperti i tavoli dei due ad hoc working group e dei sottogruppi. Tra questi il più importante è quello dove si discutono le "questioni legali", ovvero se e come dare continuità al protocollo di Kyoto, in scadenza nel 2012. Al centro della discussione la possibilità di un gap tra il protocollo in scadenza e la ratifica di un nuovo accordo. Ma qui i discorsi si fanno troppo tecnici ed evito di addentrarmi.
Ieri invece, dopo avere perso varie ore negoziando su come negoziare, si sono finalmente aperti i tavoli dei due ad hoc working group e dei sottogruppi. Tra questi il più importante è quello dove si discutono le "questioni legali", ovvero se e come dare continuità al protocollo di Kyoto, in scadenza nel 2012. Al centro della discussione la possibilità di un gap tra il protocollo in scadenza e la ratifica di un nuovo accordo. Ma qui i discorsi si fanno troppo tecnici ed evito di addentrarmi.
martedì 3 agosto 2010
Bersani, 3monti, no grazie
Ma come si fa a ripetere per settimane che la manovra finanziaria del governo è sbagliata e iniqua e poi affermare che il suo vituperato autore potrebbe andare bene come presidente di un governo di transizione?
Detroit finalmente produce la Volt
La General Motors ha annunciato che entro un anno aumenterà del cinquanta per cento la produzione della Chevrolet Volt, il suo nuovo modello ibrido per cui proprio in questi giorni sono state aperte le prenotazioni. L'annuncio è stato fatto, con prontezza mediatica, durante la visita di Barack Obama allo stabilimento di Detroit-Hamtramck, dove la Volt viene costruita.
I piani iniziali di produzione prevedevano diecimila Volt tra l'inizio della catena lo scorso marzo e la fine dell'2011, con trentamila a regime nel 2012. Ora la General Motors ritiene di poterne assemblare 45.000 (la previsione iniziale per il secondo anno di produzione era di 60.000). Nel 2012, sempre nello stabilimento di Detroit, comincerà la produzione della versione europea della Volt, la Opel Ampera. Il prezzo della Volt è stato fissato in 41.000 dollari, che con un rimborso fiscale di 7.500 scendono a 33.500, circa venticinquemila Euro.
I piani iniziali di produzione prevedevano diecimila Volt tra l'inizio della catena lo scorso marzo e la fine dell'2011, con trentamila a regime nel 2012. Ora la General Motors ritiene di poterne assemblare 45.000 (la previsione iniziale per il secondo anno di produzione era di 60.000). Nel 2012, sempre nello stabilimento di Detroit, comincerà la produzione della versione europea della Volt, la Opel Ampera. Il prezzo della Volt è stato fissato in 41.000 dollari, che con un rimborso fiscale di 7.500 scendono a 33.500, circa venticinquemila Euro.
lunedì 2 agosto 2010
Negoziati sul clima, si ricomincia
Da oggi e fino a venerdì prossimo il pianeta è di nuovo riunito all'hotel Maritime di Bonn per la terza sessione del 2010 di negoziati sul cambiamento climatico. Si tratta del primo evento dopo il cambio alla guida dell'UNFCCC, con la costaricana Christiana Figueres che ha preso il posto di Yvo deBoer.
Nel suo discorso di apertura la Figueres ha paragonato la lotta ai cambiamenti climatici alla missione di Cristoforo Colombo ricordando che "il tempo non è dalla nostra parte" per poi concludere con una citazione di Nelson Mandela.
Sul fronte dei negoziati la presidenza ha prodotto un nuovo testo dopo che il precedente presentato a giugno aveva trovato forti resistenze da parte dei paesi meno sviluppati. Politicamente il fatto più recente è l'incontro dei ministri del gruppo BASIC (Brasile, India, Cina e Sud Africa) a Rio de Janeiro il 26 e 27 luglio scorsi. Nell'occasione i quattro grandi paesi in via di sviluppo hanno ribadito in un comunicato congiunto l'urgenza di concreti impegni finanziari da parte dei paesi occidentali. L'altra novità di rilievo è la volontà espressa dai tre grandi d'Europa (Germania, Francia e Gran Bretagna) di elevare il target di riduzione delle emissioni dal 20 al 30% entro il 2020.
Questa settimana a Bonn sarà cruciale per capire le possibilità di raggiungere un accordo di alto profilo alla COP 16 di Cancun. Ottenere in questa sessione progressi rilevanti e convergenze sui testi negoziali aprirebbe una prospettiva di ottimismo sugli esiti del summit messicano. Sostenibilitalia come sempre seguira le cronache e i retroscena giorno per giorno.
Nel suo discorso di apertura la Figueres ha paragonato la lotta ai cambiamenti climatici alla missione di Cristoforo Colombo ricordando che "il tempo non è dalla nostra parte" per poi concludere con una citazione di Nelson Mandela.
Sul fronte dei negoziati la presidenza ha prodotto un nuovo testo dopo che il precedente presentato a giugno aveva trovato forti resistenze da parte dei paesi meno sviluppati. Politicamente il fatto più recente è l'incontro dei ministri del gruppo BASIC (Brasile, India, Cina e Sud Africa) a Rio de Janeiro il 26 e 27 luglio scorsi. Nell'occasione i quattro grandi paesi in via di sviluppo hanno ribadito in un comunicato congiunto l'urgenza di concreti impegni finanziari da parte dei paesi occidentali. L'altra novità di rilievo è la volontà espressa dai tre grandi d'Europa (Germania, Francia e Gran Bretagna) di elevare il target di riduzione delle emissioni dal 20 al 30% entro il 2020.
Questa settimana a Bonn sarà cruciale per capire le possibilità di raggiungere un accordo di alto profilo alla COP 16 di Cancun. Ottenere in questa sessione progressi rilevanti e convergenze sui testi negoziali aprirebbe una prospettiva di ottimismo sugli esiti del summit messicano. Sostenibilitalia come sempre seguira le cronache e i retroscena giorno per giorno.
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