venerdì 31 marzo 2017
giovedì 30 marzo 2017
Il PIL in Europa, regione per regione
Eurostat ha pubblicato i dati 2015 del PIL in ciascuna delle 276 regioni dell'Unione Europea, compresa la Gran Bretagna. Le cifre delle tabelle di questo post sono adeguate all'indice PPS, Purchasing Power Standard, cioè al potere reale di acquisto nei singoli paesi e non al valore assoluto in Euro. Il riferimento è il PPS medio europeo, pari a 100.
Svetta la regione urbana di Londra ovest (già la est è molto più indietro). Interessante notare che Italia e Germania sono le uniche due nazioni in cui il PIL più elevato non coincide con la regione della capitale. Tra le dieci peggiori ci sono cinque regioni bulgare, due romene, due ungheresi e il territorio di oltremare francese di Mayotte, nelle isole Comore dell'Oceano Indiano (ci sono stato tempo fa, posti bellissimi).
Il report contiene anche i valori espressi in Euro per ciascuna regione. In valore assoluto West London è sempre prima, con 212.800 Euro. Segue lo stato-regione del Lussemburgo con 89.900, poi East London e Stoccolma con 64.300, Bruxelles con 63.300, Amburgo con 61.700 appena sopra ad Hovedstaten in Danimarca con 61.600.
In Italia (media nazionale 27.100 €) il record è della Provincia Autonoma di Bolzano con 41.300 Euro. Seguono Lombardia (35.700), Provincia di Trento (34.600), Valle d'Aosta (34.200), Emilia Romagna (33.600) e Lazio (31.000). In fondo alla classifica la Calabria con 16.600, poi Campania e Sicilia con 17.200 Euro.
Svetta la regione urbana di Londra ovest (già la est è molto più indietro). Interessante notare che Italia e Germania sono le uniche due nazioni in cui il PIL più elevato non coincide con la regione della capitale. Tra le dieci peggiori ci sono cinque regioni bulgare, due romene, due ungheresi e il territorio di oltremare francese di Mayotte, nelle isole Comore dell'Oceano Indiano (ci sono stato tempo fa, posti bellissimi).
Il report contiene anche i valori espressi in Euro per ciascuna regione. In valore assoluto West London è sempre prima, con 212.800 Euro. Segue lo stato-regione del Lussemburgo con 89.900, poi East London e Stoccolma con 64.300, Bruxelles con 63.300, Amburgo con 61.700 appena sopra ad Hovedstaten in Danimarca con 61.600.
In Italia (media nazionale 27.100 €) il record è della Provincia Autonoma di Bolzano con 41.300 Euro. Seguono Lombardia (35.700), Provincia di Trento (34.600), Valle d'Aosta (34.200), Emilia Romagna (33.600) e Lazio (31.000). In fondo alla classifica la Calabria con 16.600, poi Campania e Sicilia con 17.200 Euro.
mercoledì 29 marzo 2017
In Francia Valls dichiara il sostegno a Macron
Oggi Manuel Valls, ex premier socialista e sconfitto alle primarie del PSF da Benoît Hamon, ha annunciato che voterà per Emmanuel Macron e non per Hamon, il candidato del suo partito. "Mi prendo le mie responsabilità - ha detto Valls - non è una scelta di cuore ma una scelta di testa". Aggiungendo: "Non farò campagna elettorale e non chiederò niente in cambio".
Una mossa non del tutto inattesa, visto che Valls da settimane non si esprimeva sul suo appoggio a Hamon, ma che ha scosso profondamente l'apparato del Partito Socialista e lo stesso Benoît Hamon. Venerdi scorso Manuel Valls si era incontrato con François Hollande all'Eliseo, per la prima volta dallo scorso dicembre.
L'appoggio di Valls a Macron ha provocato reazioni violente da parte dell'apparato del Partito Socialista e ha anche dei risvolti etici, visto che i candidati alle primarie avevano firmato una carta e si erano impegnati a sostenere il vincitore, chiunque fosse. Così uno dei giudizi più sferzanti viene da Arnaud Montebourg, un altro candidato alle primarie vinte da Hamon, secondo il quale "Valls è un uomo senza onore la cui parola non vale niente".
La fedeltà alle scelte di partito è un problema diffuso. Anche Sergio Cofferati, dopo avere perso le primarie per la presidenza della regione Liguria, rifiutò di sostenere la candidata del PD Raffaella Paita e fece campagna elettorale per la lista della sinistra, malgrado avesse anche lui firmato un impegno all'atto della candidatura.
Attualmente i sondaggi piazzano Benoît Hamon in un deprimente quinto posto con solo il dieci per cento dei voti, dietro Macron, Le Pen, Fillon e scavalcato anche dal candidato comunista Melenchon. Il minimo storico per i socialisti francesi.
Manuel Valls al momento non gode di grande popolarità in Francia. Per alcuni osservatori il suo appoggio a Macron potrebbe rivelarsi una specie di bacio della morte e rischia di assimilare la candidatura di Macron all'immagine negativa di François Hollande. Di certo dopo le primarie molti degli elettori di Valls si erano già schierati con Macron rifiutando l'appoggio ad Hamon, quindi il suo endorsement non dovrebbe provocare grandi spostamenti elettorali. Chi ne esce a pezzi, se non addirittura imploso, è il partito socialista francese.
Una mossa non del tutto inattesa, visto che Valls da settimane non si esprimeva sul suo appoggio a Hamon, ma che ha scosso profondamente l'apparato del Partito Socialista e lo stesso Benoît Hamon. Venerdi scorso Manuel Valls si era incontrato con François Hollande all'Eliseo, per la prima volta dallo scorso dicembre.
L'appoggio di Valls a Macron ha provocato reazioni violente da parte dell'apparato del Partito Socialista e ha anche dei risvolti etici, visto che i candidati alle primarie avevano firmato una carta e si erano impegnati a sostenere il vincitore, chiunque fosse. Così uno dei giudizi più sferzanti viene da Arnaud Montebourg, un altro candidato alle primarie vinte da Hamon, secondo il quale "Valls è un uomo senza onore la cui parola non vale niente".
La fedeltà alle scelte di partito è un problema diffuso. Anche Sergio Cofferati, dopo avere perso le primarie per la presidenza della regione Liguria, rifiutò di sostenere la candidata del PD Raffaella Paita e fece campagna elettorale per la lista della sinistra, malgrado avesse anche lui firmato un impegno all'atto della candidatura.
Attualmente i sondaggi piazzano Benoît Hamon in un deprimente quinto posto con solo il dieci per cento dei voti, dietro Macron, Le Pen, Fillon e scavalcato anche dal candidato comunista Melenchon. Il minimo storico per i socialisti francesi.
Manuel Valls al momento non gode di grande popolarità in Francia. Per alcuni osservatori il suo appoggio a Macron potrebbe rivelarsi una specie di bacio della morte e rischia di assimilare la candidatura di Macron all'immagine negativa di François Hollande. Di certo dopo le primarie molti degli elettori di Valls si erano già schierati con Macron rifiutando l'appoggio ad Hamon, quindi il suo endorsement non dovrebbe provocare grandi spostamenti elettorali. Chi ne esce a pezzi, se non addirittura imploso, è il partito socialista francese.
Larry, il gatto europeista di Downing Street N° 10
Nel giorno in cui il Regno Unito formalizza l'addio all'Europa molti si stanno occupando delle reazioni di Larry, il gatto residente nella dimora del primo ministro britannico (la foto sopra è di stamattina). Larry ha dieci anni e abita al numero dieci di Downing Street dal 2011, quando fu scelto in un gattile dal personale del gabinetto del primo ministro.
I pettegolezzi raccontano che Larry abbia avuto un rapporto piuttosto conflittuale con David Cameron e sua moglie. E che da quando a Downing Street è arrivata Theresa May abbia sviluppato un temperamento più aggressivo. Nessun problema invece con Barack Obama, che riuscì ad accarezzarlo senza che Larry facesse obiezioni.
Su twitter c'è un account non ufficiale di Larry, dove il gatto manifesta i suoi pensieri e il suo sfrenato europeismo.
I pettegolezzi raccontano che Larry abbia avuto un rapporto piuttosto conflittuale con David Cameron e sua moglie. E che da quando a Downing Street è arrivata Theresa May abbia sviluppato un temperamento più aggressivo. Nessun problema invece con Barack Obama, che riuscì ad accarezzarlo senza che Larry facesse obiezioni.
Su twitter c'è un account non ufficiale di Larry, dove il gatto manifesta i suoi pensieri e il suo sfrenato europeismo.
La volubile Albione
IMAGE: The Daily Mail, in 1973 and today pic.twitter.com/0fa98Sjg6b— The Spectator Index (@spectatorindex) March 29, 2017
martedì 28 marzo 2017
Song of the Day
Il nuovo singolo di Guided by Voices si intitola 5° on the Inside e il gruppo ha appena pubblicato il video in esclusiva su Tidal (non cercatelo su YouTube, ma si può vedere anche senza essere abbonati a Tidal). Il brano è compreso nel nuovo August By Cake, che uscirà il 7 aprile. Si tratta del primo doppio album del gruppo e del centesimo disco per il prolifico leader della band Robert Pollard.
I dati sulla fertilità in Europa, il continente più vecchio del mondo
L'Europa sta invecchiando velocemente, con una età media della popolazione ormai vicina ai 43 anni. Ecco i dati di Statista sul tasso di fertilità in ogni nazione. In testa Francia e Irlanda.
Dal 2001 al 2015 l'età media in Europa è cresciuta di 4.1 anni. L'Irlanda è il paese con l'eta media più bassa: 36.4 anni. La Germania ha quella più alta, 45.9. L'Italia ha il 21,7 per cento di popolazione over 65, il dato più alto d'Europa (la media europea è il 18.9%, in Irlanda sono solo il 13%).
Tornando alla fertilità, i sette paesi con gli indici più bassi sono tutti mediterranei, tranne la Polonia.
Dal 2001 al 2015 l'età media in Europa è cresciuta di 4.1 anni. L'Irlanda è il paese con l'eta media più bassa: 36.4 anni. La Germania ha quella più alta, 45.9. L'Italia ha il 21,7 per cento di popolazione over 65, il dato più alto d'Europa (la media europea è il 18.9%, in Irlanda sono solo il 13%).
Tornando alla fertilità, i sette paesi con gli indici più bassi sono tutti mediterranei, tranne la Polonia.
lunedì 27 marzo 2017
domenica 26 marzo 2017
Il 70° compleanno di Elton John
Elton John ieri ha compiuto settanta anni. Molte personalità lo hanno festeggiato in un party organizzato a Los Angeles. Stevie Wonder e Lady Gaga hanno improvvisato una Happy Birthday in duetto.
sabato 25 marzo 2017
venerdì 24 marzo 2017
Quanti sono gli stranieri in Europa?
Ecco i dati di Statista sulla percentuale di stranieri nella popolazione dei singoli paesi dell'Unione Europea. Per stranieri si intende i residenti che non hanno cittadinanza.
mercoledì 22 marzo 2017
Come sarà il simbolo di MDP di D'Alema e Bersani?
Stasera a Roma il Movimento Democratici e Progressisti - Articolo 1 svelerà il suo simbolo elettorale. Come sarà? Le poche indiscrezioni dicono che "articolo" sarà scritto il verde mentre "1" sarà in rosso. Niente di emozionante, fin qui. Sulla grafica del logo MDP invece non ci sono anticipazioni. Sono andato a cercare su Google i logo di alcuni acronimi corrispondenti. Ecco la carrellata. Alcuni sono interessanti. Attendiamo con ansia il progetto grafico dalemiano.
Sono andato a cercare su Google i logo di alcuni acronimi corrispondenti. Ecco la carrellata.
Sono andato a cercare su Google i logo di alcuni acronimi corrispondenti. Ecco la carrellata.
Meglio camminare o pedalare? Vexata quaestio
Periodicamente il dilemma si ripropone: in termini di fitness, è meglio camminare o andare in bicicletta? La risposta certa, come spesso succede, non c'è. Però si possono fissare alcuni punti fermi. Il primo, sul quale quasi tutti sono d'accordo, è che camminare fa bene quanto correre. Anzi, una passeggiata da marciatore, in cui il movimento delle braccia coinvolge anche le spalle, stimola la muscolatura meglio della corsa. Quindi la velocità del passo non fa grande differenza.
Il secondo punto fermo è che, se è vero che pedalare brucia più calorie, la medesima distanza andando in bici viene percorsa in tempi molto più rapidi, in media circa un terzo. Parlando di spostamenti urbani (non di lunghi percorsi extraurbani di allenamento), un ciclista brucia 12 calorie al minuto e un pedone la metà. Ma in bici come detto si impiega un terzo del tempo, quindi facendo i conti è il pedone a consumare più calorie.
Camminare comporta lo spostamento del peso totale del corpo. Pedalare sposta il nostro corpo, ma il peso da movimentare viene ridotto dal mezzo meccanico. Quindi camminare fortifica di più ossa e muscolatura rispetto all'uso della bicicletta. Però spostarsi in bici è più efficiente in termini di energia consumata. Inoltre per molti camminare è lento e noioso, mentre la bici è più divertente (e ovviamente più veloce).
Poi però c'è il problema dei semafori: sotto il profilo cinetico un ciclista impiega sedici volte l'energia di un pedone per raggiungere la velocità di crociera ripartendo da fermo. Ogni semaforo rosso quindi è devastante per lo spreco di energie che comporta. Anche camminando però si spreca energia: quella utilizzata nel movimento "di rimbalzo" da un passo all'altro. Il corpo di un pedone, al contrario di quello di un ciclista, non va solo in avanti, ma anche su e giù.
La bicicletta è un ottimo mezzo meccanico nelle città di pianura, dove infatti è sempre molto diffusa. Basta pensare a capitali come Copenhagen o Amsterdam, ma anche a città italiane come Ferrara o Parma, la stessa Milano. Quando l'altimetria urbana varia bruscamente le cose per i ciclisti si fanno complicate e pedalare diventa quasi impossibile in centri come Genova, Ancona, Napoli e anche in buona parte di Roma. Le salite invece non spaventano i camminatori, anche se naturalmente richiedono uno sforzo maggiore.
Spostarsi in bici è un esercizio fisico più piacevole che camminare per i tanti che sono sovrappeso, in particolare coloro con più di 20 Kg oltre il peso forma. Per costoro camminare è una esperienza spesso sgradevole per i problemi alle articolazioni già stressate. Però c'è anche la questione economica: la bicicletta è costosa in termini di equipaggiamento (oltre al mezzo e alla sua manutenzione servono antifurto, casco, ecc.). Per camminare basta solo un buon paio di scarpe. Poi la bicicletta deve avere un ricovero (casa, ufficio, auto) e va riposta in luogo sicuro anche alla meta, cosa non sempre facile.
Conclusione: ambedue sono ottimi e sostenibili modi di spostamento. Per la mobilità quotidiana urbana probabilmente camminare è più flessibile e meno complicato.
Il secondo punto fermo è che, se è vero che pedalare brucia più calorie, la medesima distanza andando in bici viene percorsa in tempi molto più rapidi, in media circa un terzo. Parlando di spostamenti urbani (non di lunghi percorsi extraurbani di allenamento), un ciclista brucia 12 calorie al minuto e un pedone la metà. Ma in bici come detto si impiega un terzo del tempo, quindi facendo i conti è il pedone a consumare più calorie.
Camminare comporta lo spostamento del peso totale del corpo. Pedalare sposta il nostro corpo, ma il peso da movimentare viene ridotto dal mezzo meccanico. Quindi camminare fortifica di più ossa e muscolatura rispetto all'uso della bicicletta. Però spostarsi in bici è più efficiente in termini di energia consumata. Inoltre per molti camminare è lento e noioso, mentre la bici è più divertente (e ovviamente più veloce).
Poi però c'è il problema dei semafori: sotto il profilo cinetico un ciclista impiega sedici volte l'energia di un pedone per raggiungere la velocità di crociera ripartendo da fermo. Ogni semaforo rosso quindi è devastante per lo spreco di energie che comporta. Anche camminando però si spreca energia: quella utilizzata nel movimento "di rimbalzo" da un passo all'altro. Il corpo di un pedone, al contrario di quello di un ciclista, non va solo in avanti, ma anche su e giù.
La bicicletta è un ottimo mezzo meccanico nelle città di pianura, dove infatti è sempre molto diffusa. Basta pensare a capitali come Copenhagen o Amsterdam, ma anche a città italiane come Ferrara o Parma, la stessa Milano. Quando l'altimetria urbana varia bruscamente le cose per i ciclisti si fanno complicate e pedalare diventa quasi impossibile in centri come Genova, Ancona, Napoli e anche in buona parte di Roma. Le salite invece non spaventano i camminatori, anche se naturalmente richiedono uno sforzo maggiore.
Spostarsi in bici è un esercizio fisico più piacevole che camminare per i tanti che sono sovrappeso, in particolare coloro con più di 20 Kg oltre il peso forma. Per costoro camminare è una esperienza spesso sgradevole per i problemi alle articolazioni già stressate. Però c'è anche la questione economica: la bicicletta è costosa in termini di equipaggiamento (oltre al mezzo e alla sua manutenzione servono antifurto, casco, ecc.). Per camminare basta solo un buon paio di scarpe. Poi la bicicletta deve avere un ricovero (casa, ufficio, auto) e va riposta in luogo sicuro anche alla meta, cosa non sempre facile.
Conclusione: ambedue sono ottimi e sostenibili modi di spostamento. Per la mobilità quotidiana urbana probabilmente camminare è più flessibile e meno complicato.
martedì 21 marzo 2017
Metti un provolone nel francobollo
Domani sarà emesso il francobollo che celebra il provolone di Casa Auricchio e i 140 anni di vita dell'azienda casearia nata in Campania, ma che oggi ha sede a Cremona.
Tutti i capelli del presidente
"Ormai abbiamo esaurito i diversivi. L'unica possibilità rimasta è quella di fargli i capelli ricci"
[dal New Yorker]
[dal New Yorker]
lunedì 20 marzo 2017
Chuck Berry è morto di vecchiaia
Secondo il referto medico riportato dalle fonti di TMZ Chuck Berry è morto di cause naturali e non sarà effettuata alcuna autopsia. Confermata anche l'uscita entro l'anno dell'album Chuck, un progetto avviato da tempo. Si tratta del primo album di nuove canzoni di Chuck Berry dal 1979. E sarà ovviamente anche l'ultimo.
domenica 19 marzo 2017
sabato 18 marzo 2017
Chuck Berry, 1926 - 2017
Il miglior coccodrillo di Chuck Berry lo ha scritto John Pareles sul New York Times: "Chuck Berry sapeva che musica volevano i ragazzi prima che loro stessi lo sapessero". Chuck Berry è morto oggi a Saint Louis, dove era nato 90 anni fa. Di lui restano i primi, grandi classici del rock and roll come Maybellene, Sweet Little Sixteen, Roll Over Beethoven e, naturalmente, Johnny B. Goode. Nei filmati d'epoca Berry si esibisce sempre davanti a un pubblico composto solo da persone di razza bianca.
John Lennon disse: "Se il rock and roll dovesse avere un altro nome, sarebbe Chuck Berry". Il vero nome di Chuck Berry era Charles Edward Anderson, il quarto di sei figli di una famiglia benestante di Saint Louis. Suo padre aveva un'impresa edile e sua madre era dirigente scolastica. Si sposò a 22 anni nel 1948 ed ebbe quattro figli, sostenendo la famiglia con lavori umili.
Nel maggio del 1955 Chuck Berry, che suonava da tempo nei locali del Missouri, va a Chicago dove conosce Muddy Waters, che lo presenta alla Chess Records. Da quel momento comincia la sua carriera e, probabilmente, la storia del rock and roll. La sua chitarra Gibson semiacustica e il suo duck walk restano negli annali.
John Lennon disse: "Se il rock and roll dovesse avere un altro nome, sarebbe Chuck Berry". Il vero nome di Chuck Berry era Charles Edward Anderson, il quarto di sei figli di una famiglia benestante di Saint Louis. Suo padre aveva un'impresa edile e sua madre era dirigente scolastica. Si sposò a 22 anni nel 1948 ed ebbe quattro figli, sostenendo la famiglia con lavori umili.
Nel maggio del 1955 Chuck Berry, che suonava da tempo nei locali del Missouri, va a Chicago dove conosce Muddy Waters, che lo presenta alla Chess Records. Da quel momento comincia la sua carriera e, probabilmente, la storia del rock and roll. La sua chitarra Gibson semiacustica e il suo duck walk restano negli annali.
venerdì 17 marzo 2017
Frau Hitler
Per stemperare i contrasti tra Turchia ed Europa il quotidiano turco filogovernativo Günes oggi è uscito con questa prima pagina.
giovedì 16 marzo 2017
Le elezioni in Olanda le hanno vinte i Verdi
La destra xenofoba avanza meno del previsto, i liberali mantengono il ruolo di primo partito, i socialisti sono in piena disfatta. Ma i vincitori delle elezioni olandesi sono i Verdi, che secondo gli exit poll e i dati parziali aumentano i voti di quattro volte e diventano il primo partito ad Amsterdam.
La vittoria è di Jesse Klaver, il leader trentenne che ha portato il partito verde ad essere il riferimento della sinistra in Olanda, complice il naufragio dei Socialisti. Klaver aveva fatto campagna elettorale proponendosi come alternativa al premier uscente Rutte, ma la frammentazione politica del sistema proporzionale olandese non lo permetterà. Tuttavia i suoi voti potrebbero essere decisivi per spostare a sinistra la coalizione di governo che Rutte sarà obbligato a formare.
Klaver compirà 31 anni il prossimo 1 maggio. Suo padre ha origini marocchine e sua madre olandesi/indonesiane. E' entrato in parlamento nel 2010 a soli 24 anni, un predestinato. Dal 2015 è il leader del partito.
La vittoria è di Jesse Klaver, il leader trentenne che ha portato il partito verde ad essere il riferimento della sinistra in Olanda, complice il naufragio dei Socialisti. Klaver aveva fatto campagna elettorale proponendosi come alternativa al premier uscente Rutte, ma la frammentazione politica del sistema proporzionale olandese non lo permetterà. Tuttavia i suoi voti potrebbero essere decisivi per spostare a sinistra la coalizione di governo che Rutte sarà obbligato a formare.
Klaver compirà 31 anni il prossimo 1 maggio. Suo padre ha origini marocchine e sua madre olandesi/indonesiane. E' entrato in parlamento nel 2010 a soli 24 anni, un predestinato. Dal 2015 è il leader del partito.
martedì 14 marzo 2017
L'Olanda vota domani, senza sapere chi vincerà
Il sondaggio finale sulle elezioni olandesi di I&O, diffuso oggi alla vigilia del voto, stima la PVV di Geert Wilders in caduta libera. Sarebbe scesa al 10 per cento, lo stesso risultato del 2012. Gli altri istituti demoscopici olandesi stimano il partito di estrema destra tra il 13.5 e il 16 per cento.
Il piano rifiuti del M5S per Roma sembra complicato
Oggi sulle pagine romane de La Repubblica c'è l'anteprima del piano dei rifiuti della città di Roma, che l'assessore all'ambiente Pinuccia Montanari conta di approvare in Giunta entro la prossima settimana. Montanari, già assessore comunale a Reggio Emilia e Genova con giunte di centrosinistra, sembra puntare in alto con una programmazione quadriennale al 2021, ovvero fino al termine del mandato della giunta Raggi.
Salta all'occhio l'obiettivo dell'aumento della differenziata al 70 per cento, una cifra molto alta, anche se l'ex amministratore di AMA Fortini puntava a un 50 per cento entro il 2016 (i dati non sono ancora disponibili). Occorre dire che le stime di percentuale di raccolta differenziata sono spesso opinabili: secondo il rapporto ISPRA nel 2014 la differenziata a Roma era al 33.5%, l'azienda comunale dei rifiuti AMA per il 2015 dichiara un 41.2%, mentre per ISPRA nel 2015 la percentuale di differenziata è il 38.8%.
Di certo l'obiettivo del 70 per cento al 2021 appare ambizioso, considerando che proprio oggi a Strasburgo il Parlamento Europeo sta discutendo una direttiva secondo cui la raccolta differenziata in Europa dovrà raggiungere il 65-70 per cento, ma entro il 2030. Per arrivare al 70 per cento del riciclo della mondezza Montanari punta su un cosiddetto "porta a porta spinto" e sulla eliminazione dei cassonetti dalle strade. L'aumento dovrebbe passare anche attraverso l'incremento di ben sette volte della frazione umida. Ma moltiplicare per sette il riciclo dell'organico in soli quattro anni sembra complicato.
L'altro obiettivo cruciale è la riduzione del volume di rifiuti. Da almeno cinque anni Roma produce attorno a un milione e 700mila tonnellate di rifiuti l'anno. Montanari vorrebbe tagliarne duecentomila tonnellate in quattro anni, scendendo a un milione e 500mila. La riduzione della quantità di rifiuti è anche più difficile della loro selezione, specie con una tempistica così stretta.
Salta all'occhio l'obiettivo dell'aumento della differenziata al 70 per cento, una cifra molto alta, anche se l'ex amministratore di AMA Fortini puntava a un 50 per cento entro il 2016 (i dati non sono ancora disponibili). Occorre dire che le stime di percentuale di raccolta differenziata sono spesso opinabili: secondo il rapporto ISPRA nel 2014 la differenziata a Roma era al 33.5%, l'azienda comunale dei rifiuti AMA per il 2015 dichiara un 41.2%, mentre per ISPRA nel 2015 la percentuale di differenziata è il 38.8%.
Di certo l'obiettivo del 70 per cento al 2021 appare ambizioso, considerando che proprio oggi a Strasburgo il Parlamento Europeo sta discutendo una direttiva secondo cui la raccolta differenziata in Europa dovrà raggiungere il 65-70 per cento, ma entro il 2030. Per arrivare al 70 per cento del riciclo della mondezza Montanari punta su un cosiddetto "porta a porta spinto" e sulla eliminazione dei cassonetti dalle strade. L'aumento dovrebbe passare anche attraverso l'incremento di ben sette volte della frazione umida. Ma moltiplicare per sette il riciclo dell'organico in soli quattro anni sembra complicato.
L'altro obiettivo cruciale è la riduzione del volume di rifiuti. Da almeno cinque anni Roma produce attorno a un milione e 700mila tonnellate di rifiuti l'anno. Montanari vorrebbe tagliarne duecentomila tonnellate in quattro anni, scendendo a un milione e 500mila. La riduzione della quantità di rifiuti è anche più difficile della loro selezione, specie con una tempistica così stretta.
Effetto Brexit: l'Irlanda pensa a una riunificazione
Gli Irlandesi sono in larga parte favorevoli a una riunificazione con l'Irlanda del Nord. L'Irlanda unita piace particolarmente agli elettori di sinistra del Sinn Fein, con l'81% di sostenitori, ma è auspicata anche dalla maggioranza degli altri partiti. Colpisce che la fascia di età più convintamente unionista sia quella dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni.
lunedì 13 marzo 2017
Domani Merkel va da Trump. Cosa succederà?
Domani Angela Merkel (62) sarà ospite di Donald Trump (70) alla Casa Bianca. Un meeting molto atteso e dagli esiti incerti. I due leader sono in disaccordo praticamente su tutto, dalle politiche sui migranti al protezionismo economico. Poi c'è la questione militare: Trump ha chiesto ai paesi alleati di impegnare almeno il 2 per cento del PIL per spese militari. La Germania è al 1.2% e non ha intenzione di aumentare il budget.
Donald Trump in Germania non è popolare: un sondaggio dell'istituto Allensbach certifica il sostegno solo del sette per cento dei tedeschi al neopresidente americano. Merkel è una politica navigata, guida il paese più importante d'Europa da 11 anni. Secondo alcuni osservatori Trump le chiederà consigli, in particolare su come rapportarsi con Vladimir Putin e la Russia. O forse il tema Russia verrà semplicemente sorvolato, per evitare attriti.
Secondo alcune fonti Angela Merkel, nota per essere una gran secchiona, ha studiato con attenzione le dichiarazioni, le interviste e i discorsi di Trump. Avrebbe ripassato anche i suoi colloqui politici già avvenuti con la premier inglese Theresa May, il giapponese Shinzo Abe e il canadese Justin Trudeau. Anche i dettagli hanno il loro peso. I cronisti hanno cronometrato una stretta di mano lunga ben 19 secondi tra Trump e il premier giapponese Abe. Merkel odia gli imprevisti e segue rigidi schemi di protocollo, che invece Trump detesta. Vedremo cosa succederà.
Donald Trump in Germania non è popolare: un sondaggio dell'istituto Allensbach certifica il sostegno solo del sette per cento dei tedeschi al neopresidente americano. Merkel è una politica navigata, guida il paese più importante d'Europa da 11 anni. Secondo alcuni osservatori Trump le chiederà consigli, in particolare su come rapportarsi con Vladimir Putin e la Russia. O forse il tema Russia verrà semplicemente sorvolato, per evitare attriti.
Secondo alcune fonti Angela Merkel, nota per essere una gran secchiona, ha studiato con attenzione le dichiarazioni, le interviste e i discorsi di Trump. Avrebbe ripassato anche i suoi colloqui politici già avvenuti con la premier inglese Theresa May, il giapponese Shinzo Abe e il canadese Justin Trudeau. Anche i dettagli hanno il loro peso. I cronisti hanno cronometrato una stretta di mano lunga ben 19 secondi tra Trump e il premier giapponese Abe. Merkel odia gli imprevisti e segue rigidi schemi di protocollo, che invece Trump detesta. Vedremo cosa succederà.
Grecia, il triste declino di Tsipras e Syriza
Secondo l'ultimo sondaggio commissionato dal quotidiano ateniese Eleftheros Typos il partito centrista Nuova Democrazia è tornato largamente il primo partito greco. Νέα Δημοκρατία avrebbe il 31 per cento dei consensi, contro un modesto 14.5 per cento attribuito a SYRYZA. Alle ultime elezioni politiche del settembre 2015 SYRIZA aveva vinto con il 35.5 per cento dei voti, quindi dopo un anno e mezzo il consenso di Alexis Tsipras si è più che dimezzato.
Nel sondaggio odierno al terzo posto ci sono i neonazisti di Alba Dorata con il 6.7, poi i comunisti di KKE (5.6) e quel che resta dei socialisti del PASOK (5.5). Tutte le altre forze politiche sarebbero al di sotto della soglia di sbarramento del tre per cento, compresi gli Indipendenti Greci, il partito nazionalista di destra alleato di governo di SYRIZA, che è fermo al due per cento. Otto greci su dieci si dichiarano insoddisfatti dal governo Tsipras.
Un altro sondaggio di pochi giorni fa assegna a Nuova Democrazia il 38 per cento e a SYRIZA il 18, una forbice ancora maggiore, con Alba Dorata all'otto per cento e KKE e PASOK appaiati al sette per cento.
Nel sondaggio odierno al terzo posto ci sono i neonazisti di Alba Dorata con il 6.7, poi i comunisti di KKE (5.6) e quel che resta dei socialisti del PASOK (5.5). Tutte le altre forze politiche sarebbero al di sotto della soglia di sbarramento del tre per cento, compresi gli Indipendenti Greci, il partito nazionalista di destra alleato di governo di SYRIZA, che è fermo al due per cento. Otto greci su dieci si dichiarano insoddisfatti dal governo Tsipras.
Un altro sondaggio di pochi giorni fa assegna a Nuova Democrazia il 38 per cento e a SYRIZA il 18, una forbice ancora maggiore, con Alba Dorata all'otto per cento e KKE e PASOK appaiati al sette per cento.
domenica 12 marzo 2017
Il Lingotto è andato meglio del previsto. Ecco perché
Sto tornando da Torino. Ero andato al Lingotto con aspettative abbastanza modeste, ma avevo deciso comunque di andare. Queste occasioni, male che vada, servono per rivedere un sacco di amici sparsi per l'Italia. Homecoming, come dicono in America.
Al termine dei tre giorni il mio giudizio personale è molto positivo. Il meeting del Lingotto è andato decisamente oltre le previsioni. Non solo in termini di partecipazione, comunque notevole, ma di contenuti politici. Le ripartenze non sono mai semplici e i rischi che si corrono sono molteplici: revanscismo, deja vu, arroccamento, anacronismo, negazione dell'evidenza.
Al Lingotto non è stato così. Al contrario, si è fatta molta chiarezza e si è consolidata una comunità politica che io, nativo del PD, non avevo mai visto così unita prima. Il "merito", probabilmente, va diviso tra la consapevolezza della sconfitta del 4 dicembre, la continuità politica del governo Gentiloni (che è segnale importante di solidità istituzionale) ma soprattutto l'isterico strappo dei pochi fuggitivi del gruppetto di Bersani e D'Alema.
Non è un caso che gli interventi politicamente più significativi siano venuti dai tanti rappresentanti della filiera nata nel PCI e passata da PDS e DS. Da Chiamparino a Minniti, da Berlinguer a Fassino. Oltre ai contributi importanti dei più giovani, come Maurizio Martina e Sandro Gozi. I "senatori" della discendenza DS hanno dimostrato come il Partito Democratico non sia più una fusione a freddo, come qualcuno l'aveva definita, ma una comunità politica con senso di appartenenza, rispetto delle regole e condivisione di gioie e di dolori. "Andarsene adesso sarebbe da vigliacchi" ha detto Chiamparino. "Basta con la sindrome di Crono, che mangiava i suoi figli, abbiamo bisogno di una leadership forte", ha chiosato Minniti.
Il PD esce dal Lingotto molto rafforzato. Vale non solo per chi sostiene Renzi, ma per tutto il partito. Paradossalmente, i fuggitivi sono stati la medicina che ha guarito il PD dal morbo delle divisioni interne e ha finalmente permesso di realizzare quella trasversalità vista e ascoltata al Lingotto per Renzi, ma avvertibile anche tra i sostenitori di Orlando, tra i quali non mancano quelli di area popolare. Sulla mozione Emiliano taccio. Basta il nome: Resistenza.
Matteo Renzi dovrà fare tesoro di questa ritrovata unità, particolarmente in un momento politico così delicato. Non sembra avere avvertito compiutamente la necessità di un cambio di passo. Malgrado l'evidente volontà di "collettivizzare" la direzione politica, anche nel suo intervento di chiusura di oggi è stato troppo divisivo, troppo indulgente alla tentazione di dire l'ultima parola. E poi basta elenchi di cose fatte, prepariamo piuttosto elenchi di cose da fare.
Tuttavia, per tornare in loop alle prime righe di questo post, tutto mi è sembrato migliore e più nitido del previsto. Come cantavano i Timbuk 3, il futuro è così luminoso che sarà meglio mettersi gli occhiali da sole.
Al termine dei tre giorni il mio giudizio personale è molto positivo. Il meeting del Lingotto è andato decisamente oltre le previsioni. Non solo in termini di partecipazione, comunque notevole, ma di contenuti politici. Le ripartenze non sono mai semplici e i rischi che si corrono sono molteplici: revanscismo, deja vu, arroccamento, anacronismo, negazione dell'evidenza.
Al Lingotto non è stato così. Al contrario, si è fatta molta chiarezza e si è consolidata una comunità politica che io, nativo del PD, non avevo mai visto così unita prima. Il "merito", probabilmente, va diviso tra la consapevolezza della sconfitta del 4 dicembre, la continuità politica del governo Gentiloni (che è segnale importante di solidità istituzionale) ma soprattutto l'isterico strappo dei pochi fuggitivi del gruppetto di Bersani e D'Alema.
Non è un caso che gli interventi politicamente più significativi siano venuti dai tanti rappresentanti della filiera nata nel PCI e passata da PDS e DS. Da Chiamparino a Minniti, da Berlinguer a Fassino. Oltre ai contributi importanti dei più giovani, come Maurizio Martina e Sandro Gozi. I "senatori" della discendenza DS hanno dimostrato come il Partito Democratico non sia più una fusione a freddo, come qualcuno l'aveva definita, ma una comunità politica con senso di appartenenza, rispetto delle regole e condivisione di gioie e di dolori. "Andarsene adesso sarebbe da vigliacchi" ha detto Chiamparino. "Basta con la sindrome di Crono, che mangiava i suoi figli, abbiamo bisogno di una leadership forte", ha chiosato Minniti.
Il PD esce dal Lingotto molto rafforzato. Vale non solo per chi sostiene Renzi, ma per tutto il partito. Paradossalmente, i fuggitivi sono stati la medicina che ha guarito il PD dal morbo delle divisioni interne e ha finalmente permesso di realizzare quella trasversalità vista e ascoltata al Lingotto per Renzi, ma avvertibile anche tra i sostenitori di Orlando, tra i quali non mancano quelli di area popolare. Sulla mozione Emiliano taccio. Basta il nome: Resistenza.
Matteo Renzi dovrà fare tesoro di questa ritrovata unità, particolarmente in un momento politico così delicato. Non sembra avere avvertito compiutamente la necessità di un cambio di passo. Malgrado l'evidente volontà di "collettivizzare" la direzione politica, anche nel suo intervento di chiusura di oggi è stato troppo divisivo, troppo indulgente alla tentazione di dire l'ultima parola. E poi basta elenchi di cose fatte, prepariamo piuttosto elenchi di cose da fare.
Tuttavia, per tornare in loop alle prime righe di questo post, tutto mi è sembrato migliore e più nitido del previsto. Come cantavano i Timbuk 3, il futuro è così luminoso che sarà meglio mettersi gli occhiali da sole.
sabato 11 marzo 2017
Rifiuti, l'Europa alza il tiro. Inceneritori all'orizzonte
Martedì prossimo il Parlamento Europeo voterà quattro direttive sui rifiuti, centrate sul trattamento dei rifiuti solidi urbani (RSU), quelli che producono le famiglie e le piccole imprese. Nella "torta" dei rifiuti gli RSU rappresentano solo l'otto per cento del totale, contro il 34% delle costruzioni, il 30 di cave e miniere e il dieci per cento dell'industria. Tuttavia la natura mista dei rifiuti urbani obbliga a una gestione complessa, che fino a pochi anni fa in molti casi veniva risolta con uno sbrigativo trasporto in discarica.
Riciclare rifiuti è una pratica relativamente recente: nel 2004 in Europa solo il 31 per cento degli RSU veniva riciclato. In dieci anni questa percentuale è salita al 44, dato del 2014. Le stime dicono che entro il 2020 la metà dei rifiuti sarà riciclata.
I dati variano molto da nazione a nazione, sia per la quantità di rifiuti pro-capite che per le percentuali di riciclo e di materiale che finisce in discarica. La media europea è di 474 Kg a testa l'anno, ma si va dai 789 della Danimarca ai 242 della Romania (l'Italia è a 455).
Per quanto riguarda la porzione riciclata, la media come già scritto è il 44 per cento, con in testa la Germania con un solido 66, due terzi del totale. In coda Malta (solo 8%), Slovacchia (10), Romania (13), Croazia (17), Grecia (19). L'Italia ricicla il 45% degli RSU, in quasi perrfetta media continentale.
Le differenze maggiori si riscontrano sulla quantità dei rifiuti non riciclati che finisce in discarica. In questo caso la media europea è il 28% del totale, ma alcuni paesi hanno praticamente già azzerato il landfill. La Germania seppellisce zero rifiuti, Belgio, Danimarca e Svezia l'uno per cento, l'Olanda il due e l'Austria il quattro per cento. In questi paesi i rifiuti vengono inceneriti, spesso con impianti di termovalorizzazione (l'energia che si produce dai rifiuti è poco più di quella che si consuma nel ciclo del loro smaltimento, ma almeno il bilancio è in sostanziale pareggio).
In grande parte d'Europa invece le discariche sono ancora il primo sistema di smaltimento: Malta sotterra l'86% dei RSU, la Grecia l'81, la Croazia l'80, Cipro il 76, la Romania il 72, la Lettonia il 71. In 13 paesi la porzione di rifiuti che ancora finisce in discarica supera il cinquanta per cento (in Italia è il 34%).
Martedì a Strasburgo si voteranno i nuovi obiettivi proposti dalla Commissione: minimo 65% di riciclo e massimo dieci per cento dei rifiuti in discarica entro il 2030. Alla luce dei dati attuali sembrano cifre piuttosto ambiziose, ma la Commissione Ambiente del Parlamento Europeo spinge per limiti ancora più stringenti: 70 per cento di riciclo e max 5 per cento in discarica.
Se i nuovi limiti saranno approvati, come è praticamente certo, la riduzione del materiale conferito nelle discariche dovrà essere raggiunta con la distruzione dei rifiuti per incenerimento, stabilito che già il tetto minimo del 65% di riclo sembra complicato. Infatti, anche raggiungendolo, il massimo del dieci per cento da destinare alla discarica lascia un altro 25 per cento dei rifiuti in attesa di trattamento. Un quarto della produzione totale.
Riciclare rifiuti è una pratica relativamente recente: nel 2004 in Europa solo il 31 per cento degli RSU veniva riciclato. In dieci anni questa percentuale è salita al 44, dato del 2014. Le stime dicono che entro il 2020 la metà dei rifiuti sarà riciclata.
I dati variano molto da nazione a nazione, sia per la quantità di rifiuti pro-capite che per le percentuali di riciclo e di materiale che finisce in discarica. La media europea è di 474 Kg a testa l'anno, ma si va dai 789 della Danimarca ai 242 della Romania (l'Italia è a 455).
Per quanto riguarda la porzione riciclata, la media come già scritto è il 44 per cento, con in testa la Germania con un solido 66, due terzi del totale. In coda Malta (solo 8%), Slovacchia (10), Romania (13), Croazia (17), Grecia (19). L'Italia ricicla il 45% degli RSU, in quasi perrfetta media continentale.
Le differenze maggiori si riscontrano sulla quantità dei rifiuti non riciclati che finisce in discarica. In questo caso la media europea è il 28% del totale, ma alcuni paesi hanno praticamente già azzerato il landfill. La Germania seppellisce zero rifiuti, Belgio, Danimarca e Svezia l'uno per cento, l'Olanda il due e l'Austria il quattro per cento. In questi paesi i rifiuti vengono inceneriti, spesso con impianti di termovalorizzazione (l'energia che si produce dai rifiuti è poco più di quella che si consuma nel ciclo del loro smaltimento, ma almeno il bilancio è in sostanziale pareggio).
In grande parte d'Europa invece le discariche sono ancora il primo sistema di smaltimento: Malta sotterra l'86% dei RSU, la Grecia l'81, la Croazia l'80, Cipro il 76, la Romania il 72, la Lettonia il 71. In 13 paesi la porzione di rifiuti che ancora finisce in discarica supera il cinquanta per cento (in Italia è il 34%).
Martedì a Strasburgo si voteranno i nuovi obiettivi proposti dalla Commissione: minimo 65% di riciclo e massimo dieci per cento dei rifiuti in discarica entro il 2030. Alla luce dei dati attuali sembrano cifre piuttosto ambiziose, ma la Commissione Ambiente del Parlamento Europeo spinge per limiti ancora più stringenti: 70 per cento di riciclo e max 5 per cento in discarica.
Se i nuovi limiti saranno approvati, come è praticamente certo, la riduzione del materiale conferito nelle discariche dovrà essere raggiunta con la distruzione dei rifiuti per incenerimento, stabilito che già il tetto minimo del 65% di riclo sembra complicato. Infatti, anche raggiungendolo, il massimo del dieci per cento da destinare alla discarica lascia un altro 25 per cento dei rifiuti in attesa di trattamento. Un quarto della produzione totale.
venerdì 10 marzo 2017
Quanto è competitiva la tua regione in Europa?
La DG Politiche Regionali e Urbane ha pubblicato il rapporto 2016 sulla competitività, che analizza ciascuna regione dei 28 paesi UE. Le mappe sono interattive e si possono verificare in dettaglio i dati di ciascuna regione. Il riassunto cromatico della cartina qui sopra mostra in verde le regioni più avanzate e in viola quelle con i risultati peggiori. Il quadro italiano è abbastanza desolante, soprattutto al meridione. Peggio di noi solo Bulgaria, Grecia e Romania.
giovedì 9 marzo 2017
Ecco la lista dei 40 Europarlamentari che contano
Politico ha stilato l'elenco dei 40 membri del Parlamento Europeo più influenti. Sono 21 donne e 19 uomini. Gli unici due italiani, seppure piazzati in alto in classifica, sono Antonio Tajani e Gianni Pittella. Al primo posto c'è il leader del PPE Manfred Weber (lo scorso anno il primo era Martin Schulz).
Nel 2016 tra i primi 40 c'erano 16 tedeschi, che quest'anno scendono a undici. La seconda nazione è la Francia con sei, poi Olanda, Romania, Spagna e Svezia con tre. Belgio e la piccola Malta hanno due nomination, come l'Italia. Un solo nome in classifica per Olanda, Polonia, Portogallo, Slovenia e Regno Unito. Restano fuori dalla TOP 40 quattordici paesi.
La new entry più importante è la socialista portoghese Maria João Rodrigues, molto attiva sui temi del sociale, che esordisce all'ottavo posto. Dietro di lei, al nono posto, un altra esordiente: la liberale francese Sylvie Goulard. Politico ha deciso di escludere dalla lista i britannici con l'eccezione di Syed Kamall, il musulmano leader del gruppo europeo dei Conservatori e Riformisti.
Nel 2016 tra i primi 40 c'erano 16 tedeschi, che quest'anno scendono a undici. La seconda nazione è la Francia con sei, poi Olanda, Romania, Spagna e Svezia con tre. Belgio e la piccola Malta hanno due nomination, come l'Italia. Un solo nome in classifica per Olanda, Polonia, Portogallo, Slovenia e Regno Unito. Restano fuori dalla TOP 40 quattordici paesi.
La new entry più importante è la socialista portoghese Maria João Rodrigues, molto attiva sui temi del sociale, che esordisce all'ottavo posto. Dietro di lei, al nono posto, un altra esordiente: la liberale francese Sylvie Goulard. Politico ha deciso di escludere dalla lista i britannici con l'eccezione di Syed Kamall, il musulmano leader del gruppo europeo dei Conservatori e Riformisti.
45 secondi per capire la portata del riscaldamento globale
Una breve animazione realizzata dalla NASA mostra le alterazioni delle temperature terrestri dal 1880 a oggi. Prima le sfumature di giallo, poi quelle di rosso, segnalano le variazioni in aumento. Impressionante.
Song of the Day
Sei anni dopo l'eccellente album Hopeless Blues i Fleet Foxes rompono il silenzio con un singolo inedito che anticipa l'album Crack-Up, in uscita il 16 giugno.
Il brano si intitola Third of May / Ōdaigahara e dura quasi nove minuti. La voce di Robin Pecknold è spesso in primo piano, ma gli arrangiamenti sono elaborati con alcuni momenti al limite della sinfonia. Una canzone - se così si può chiamare un brano di nove minuti composto da numerose melodie - decisamente presuntuosa, ma eccellente.
Fleet Foxes saranno in concerto a Ferrara, unica data italiana, il 3 luglio.
mercoledì 8 marzo 2017
L'Olanda, le elezioni e il proporzionale puro
Tra una settimana, mercoledì 15 marzo, si voterà in Olanda per eleggere i 150 membri della Camera dei Rappresentanti. Il sistema elettorale olandese è rigidamente proporzionale. I voti non vengono conteggiati nei collegi, ma su base nazionale. La soglia minima è calcolata sulla base del numero dei seggi e quindi corrisponde a un centocinquantesimo dei voti validi, ovvero allo 0.67 per cento (recentemente circa 60.000 voti). Gli ultimi seggi vengono assegnati conteggiando gli scarti con il metodo d'Hondt tra chi ha superato il minimo dei voti.
Un sistema di questo genere incoraggia la frammentazione politica e a queste elezioni sulla scheda saranno presenti ben 28 partiti. Secondo i sondaggi almeno 15 di questi hanno buone possibilità di entrare in parlamento e nessuno dovrebbe andare oltre il 15-16 per cento, con al massimo sei punti di differenza tra i sei partiti maggiori. Alle elezioni del 2012 i partiti che avevano eletto almeno un rappresentante erano stati dodici.
Un sistema di questo genere incoraggia la frammentazione politica e a queste elezioni sulla scheda saranno presenti ben 28 partiti. Secondo i sondaggi almeno 15 di questi hanno buone possibilità di entrare in parlamento e nessuno dovrebbe andare oltre il 15-16 per cento, con al massimo sei punti di differenza tra i sei partiti maggiori. Alle elezioni del 2012 i partiti che avevano eletto almeno un rappresentante erano stati dodici.
Francia, il duello Le Pen-Macron regione per regione
Anche se tutti i sondaggi danno Marine Le Pen e Emmanuel Macron praticamente appaiati tra il 25 e il 26 per cento, il voto per le prossime presidenziali francesi è molto disomogeneo. Ifop ha misurato il consenso dei due candidati in testa ai sondaggi nelle singole regioni del paese.
Marine Le Pen ha risultati molto diversi tra loro, con una forbice di 14 punti tra massimo e minimo. Supera il trenta per cento nell'est della Francia, dalla Provenza-Costa Azzurra a sud all'Alsazia-Lorena e alla regione del Nord di Calais. Scende invece sotto il venti per cento in Aquitania e soprattutto nell'Île-de-France di Parigi (mappa sopra).
Emmanuel Macron ha un elettorato più stabile e si mantiene sopra il 20 per cento ovunque, senza registrare picchi superiori al trenta. I suoi migliori risultati sono in Aquitania e nella regione della Loira, ma la differenza più importante sono gli otto punti di scarto con Le Pen nella regione di Parigi, visto che l'Île-de-France ha quasi dodici milioni di abitanti (mappa sotto).
Marine Le Pen ha risultati molto diversi tra loro, con una forbice di 14 punti tra massimo e minimo. Supera il trenta per cento nell'est della Francia, dalla Provenza-Costa Azzurra a sud all'Alsazia-Lorena e alla regione del Nord di Calais. Scende invece sotto il venti per cento in Aquitania e soprattutto nell'Île-de-France di Parigi (mappa sopra).
Emmanuel Macron ha un elettorato più stabile e si mantiene sopra il 20 per cento ovunque, senza registrare picchi superiori al trenta. I suoi migliori risultati sono in Aquitania e nella regione della Loira, ma la differenza più importante sono gli otto punti di scarto con Le Pen nella regione di Parigi, visto che l'Île-de-France ha quasi dodici milioni di abitanti (mappa sotto).
Smog, Barcellona blocca le auto con più di venti anni
La municipalità di Barcellona ha deciso di bloccare il traffico alle auto immatricolate prima del gennaio 1997 e ai furgoni immatricolati prima dell'ottobre 1994. La misura entrerà in vigore il 1 gennaio 2019, varrà in ogni giorno feriale e sarà estesa ai 39 comuni dell'area metropolitana. Già dal 1 dicembre 2017 la circolazione di questi mezzi potrà essere vietata in condizioni acute di inquinamento atmosferico.
Il provvedimento riguarda circa 106.000 auto (il sette per cento del parco totale) e 22.000 furgoni (il 16% dei mezzi commerciali circolanti). La misura dovrebbe ridurrre le emissioni del 10 per cento entro cinque anni. Si stima che ogni anni nell'area urbana di Barcellona si verifichino 2500 morti premature causate dalla scarsa qualità dell'aria.
Il provvedimento riguarda circa 106.000 auto (il sette per cento del parco totale) e 22.000 furgoni (il 16% dei mezzi commerciali circolanti). La misura dovrebbe ridurrre le emissioni del 10 per cento entro cinque anni. Si stima che ogni anni nell'area urbana di Barcellona si verifichino 2500 morti premature causate dalla scarsa qualità dell'aria.
martedì 7 marzo 2017
Auto elettriche, le batterie costano sempre meno
Nel 2010 si era stimato che le batterie per le auto elettriche sarebbero scese al 125 dollari per KWh entro il 2022. In realtà le nuove stime accelerano molto questo obiettivo e il nuovo target sembra essere certo: meno di 100 dollari entro il 2020 (94.6 Euro). Il fenomeno è simile a quanto accaduto per i pannelli solari, il cui prezzo è oggi il 15 per cento di dieci anni fa.
Il costo stimato non si riferisce ai soli accumulatori, ma all'intero pacchetto batterie, che comprende supporti, impianto di raffreddamento e strumenti elettronici di gestione. Si tratta di un risparmio enorme: oggi il pacchetto batterie di Tesla costa 190 Dollari per Kwh. Tradotto in cifre, significa un risparmio di almeno 4000 Euro sul costo totale del pacchetto, che renderebbe le auto elettriche estremamente competitive sul mercato.
Il costo stimato non si riferisce ai soli accumulatori, ma all'intero pacchetto batterie, che comprende supporti, impianto di raffreddamento e strumenti elettronici di gestione. Si tratta di un risparmio enorme: oggi il pacchetto batterie di Tesla costa 190 Dollari per Kwh. Tradotto in cifre, significa un risparmio di almeno 4000 Euro sul costo totale del pacchetto, che renderebbe le auto elettriche estremamente competitive sul mercato.
I sindaci progettano il futuro dell'Europa
Il Comitato delle Regioni ed Eurocities organizzano oggi a Bruxelles il Summit dei Sindaci sul Futuro dell'Europa. Gli onori di casa li fanno Markku Markkula, presidente del CoR e il sindaco di Stoccolma Karin Björnsdotter Wanngård, presidente di Eurocities. Intervengono il primo vice presidente della Commissione Europea Jyrki Katainen e il Commissario alle Politiche Regionali e Urbane Corina Crețu. Patecipano tra gli altri Virginio Merola e Dario Nardella, sindaci di Bologna e Firenze. La diretta streaming è a questo link.
lunedì 6 marzo 2017
L'inquinamento uccide 1.7 milioni di bambini l'anno
Secondo un rapporto diffuso oggi da WHO-OMS l'inquinamento ambientale causa 1,7 milioni di decessi nei bambini al di sotto dei cinque anni. Applicando una corretta prevenzione la maggior parte di queste morti potrebbe essere evitata.
Le cause più comuni sono malattier respiratorie, diarrea, disfunzioni neonatali, incidenti e malaria. Ma nuovi pericoli si diffondono: il mancato smaltimento dei rifiuti elettronici e l'esposizione dei minori a questi materiali provoca problemi celebrali, difficolta di apprendimento, malattie polmonatri e tumori. I rifiuti elettronici stanno crescendo rapidamente e nel 2018 raggiungeranno i 50 milioni di tonnellate l'anno. Il cambiamento climatico e l'incrementoi delle emissioni di CO2 aumentano i casi di asma, che colpiscono 11-14 per cento dei ragazzini sopra i cinque anni.
Le cause più comuni sono malattier respiratorie, diarrea, disfunzioni neonatali, incidenti e malaria. Ma nuovi pericoli si diffondono: il mancato smaltimento dei rifiuti elettronici e l'esposizione dei minori a questi materiali provoca problemi celebrali, difficolta di apprendimento, malattie polmonatri e tumori. I rifiuti elettronici stanno crescendo rapidamente e nel 2018 raggiungeranno i 50 milioni di tonnellate l'anno. Il cambiamento climatico e l'incrementoi delle emissioni di CO2 aumentano i casi di asma, che colpiscono 11-14 per cento dei ragazzini sopra i cinque anni.
domenica 5 marzo 2017
I fuggitivi dal PD hanno bannato Emiliano
Come ai tempi della Russia di Lenin, quando l'immagine di Trotsky veniva cancellata dalle foto ufficiali del partito, nessuno dei fuggitivi dal PD nomina più Michele Emiliano. Eppure due settimane fa gli scissionisti erano tutti abbracciati sullo stesso palco.
Il problema di Emiliano è che adesso anche quasi tutto il Partito Democratico non vuol sentire parlare di lui.
Il problema di Emiliano è che adesso anche quasi tutto il Partito Democratico non vuol sentire parlare di lui.
È bello quando l'io diventa noi. https://t.co/RdNXjGrNxK pic.twitter.com/kn83hp8fYs— Articolo1 - Modempro (@Articolo1DemPro) February 18, 2017
Fillon non molla, ma il partito molla lui
Secondo gli organizzatori oggi François Fillon avrebbe radunato al Trocadéro oltre duecentomila sostenitori. In realtà erano parecchi di meno, comunque molti. Insomma, Fillon non molla. Nel frattempo il partito cerca una soluzione per sostituirlo con un altro candidato.
200.000 personnes à l'unisson ! #FillonTrocadéro pic.twitter.com/V8OuYuJygn— FILLON 2017 (@Fillon2017_fr) March 5, 2017
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