Nel corso di una cerimonia a Bruxelles il commissario europeo all'ambiente Stavros Dimas ha annunciato le prime città che potranno fregiarsi del titolo di capitale verde d'Europa. Il riconoscimento, che in qualche modo segue la consolidata proclamazione della capitale culturale d'Europa, era stato lanciato con un bando lo scorso anno.
Tra tutte le città che avevano proposto la loro candidatura (mappa) sono state selezionate otto finaliste: Amsterdam, Bristol, Copenaghen, Friburgo, Amburgo, Münster, Oslo e Stoccolma.
La giuria era composta da rappresentanti della Commissione Europea, dell'Agenzia Europea dell'Ambiente, di ICLEI - Governi locali per la sostenibilità, della Federazione Europea per il Trasporto e l'Ambiente (T&E), dell'Unione delle Capitali dell'Unione Europea e del Comitato delle Regioni.
La capitale verde d'Europa 2010 sarà Stoccolma, mentre per il 2011 il riconoscimento è stato assegnato ad Amburgo. I risultati ottenuti e i programmi delle due città sono impressionanti. Stoccolma, che rispetto al 1990 ha ridotto il CO2 del 25%, programma di raggiungere lo status di emissioni zero nel 2050. Amburgo, che con 1,8 milioni di abitanti è la seconda città della Germania e il secondo porto europeo per movimentazione di container, ha già ridotto le emissioni di CO2 del 15% rispetto al 1990, vuole arrivare al 40% entro il 2020 e all'80% al 2050.
Nessuna città italiana aveva presentato la sua candidatura.
Ecco il comunicato stampa ufficiale in italiano.
sabato 28 febbraio 2009
Piattaforma a cinque stelle
Le piattaforme petrolifere, una volta esaurito il giacimento sopra il quale sono state costruite, vengono abbandonate ad arrugginire in mezzo al mare. In alcuni casi sono state utilizzate per piazzare delle turbine eoliche, ma potrebbero avere anche un uso ricettivo.
La proposta viene dal concorso Radical Innovation in Hospitality che ha assegnato il gran premio 2008 ad un progetto di recupero di una piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico presentato dallo studio Morris Architects.
La piattaforma si trasforma in un resort a cinque stelle con trecento camere, un centro congressi, una piscina sul tetto e un approdo turistico. E visto che la struttura è fuori delle acque territoriali niente vieta di piazzarci anche un casinò.
Per lavorare nelle piattaforme gli operai devono avere una abilitazione speciale, portando alle stelle il costo della manodopera. In alternativa i progettisti pensano di realizzare unita abitative prefabbricate da trasportare via mare e assemblare sul posto.
Maggiori dettagli si possono trovare nella presentazione ufficiale del progetto. Naturalmente la riconversione è praticabile solo quando gli impianti si trovano in zone di valore turistico, come nei Caraibi. Difficile immaginare operazioni simili nelle gelide acque del Mare del Nord.
La proposta viene dal concorso Radical Innovation in Hospitality che ha assegnato il gran premio 2008 ad un progetto di recupero di una piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico presentato dallo studio Morris Architects.
La piattaforma si trasforma in un resort a cinque stelle con trecento camere, un centro congressi, una piscina sul tetto e un approdo turistico. E visto che la struttura è fuori delle acque territoriali niente vieta di piazzarci anche un casinò.
Per lavorare nelle piattaforme gli operai devono avere una abilitazione speciale, portando alle stelle il costo della manodopera. In alternativa i progettisti pensano di realizzare unita abitative prefabbricate da trasportare via mare e assemblare sul posto.
Maggiori dettagli si possono trovare nella presentazione ufficiale del progetto. Naturalmente la riconversione è praticabile solo quando gli impianti si trovano in zone di valore turistico, come nei Caraibi. Difficile immaginare operazioni simili nelle gelide acque del Mare del Nord.
venerdì 27 febbraio 2009
Telefonini sostenibili e quasi gratis
Qualche giorno fa ho annunciato i due modelli di cellulari con pannello solare incorporato proposti da Samsung e Lg
al Mobile World Congress di Barcellona.
Ma il vero telefonino sostenibile lo ha presentato la cinese ZTE Corporation, si chiama Coral 200 e la caratteristica che lo rende davvero innovativo è che a giugno sarà lanciato sul mercato al prezzo di 40 dollari, ovvero 32 Euro.
Secondo l'azienda costruttrice il Coral 200 consentirà 15 minuti di conversazione per ogni ora di esposizione ai raggi solari, il che lo rende uno strumento rivoluzionario per l'uso in zone prive di rete elettrica. Se il prezzo di lancio è questo, considerando che il listino dei gadget elettronici nel tempo è destinato a calare, potremo avere un Coral 200 in ogni kit di pronto soccorso.
al Mobile World Congress di Barcellona.
Ma il vero telefonino sostenibile lo ha presentato la cinese ZTE Corporation, si chiama Coral 200 e la caratteristica che lo rende davvero innovativo è che a giugno sarà lanciato sul mercato al prezzo di 40 dollari, ovvero 32 Euro.
Secondo l'azienda costruttrice il Coral 200 consentirà 15 minuti di conversazione per ogni ora di esposizione ai raggi solari, il che lo rende uno strumento rivoluzionario per l'uso in zone prive di rete elettrica. Se il prezzo di lancio è questo, considerando che il listino dei gadget elettronici nel tempo è destinato a calare, potremo avere un Coral 200 in ogni kit di pronto soccorso.
giovedì 26 febbraio 2009
Immaginario atomico italiano
Il governo della destra ha annunciato in grande pompa un accordo con la Francia per costruire quattro centrali nucleari di terza generazione "in tempi contenuti", secondo le parole del presidente del consiglio. Analisti internazionali stimano i costi di una centrale di questo tipo tra un minimo di 5 e un massimo di 12 miliardi di Euro.Secondo la valutazione prudente di cinque miliardi di Euro l'una la spesa per ogni italiano, visto che proprio oggi abbiamo superato i 60 milioni di abitanti, dovrebbe essere di circa 335 Euro. Nell'ipotesi più costosa la spesa pro capite salirebbe a 800 Euro. Questo solo per la costruzione, senza contare le spese per la sicurezza, la manutenzione e lo smaltimento delle scorie radioattive.
Ma tranquilli, è un affarone. Lo ripetono i ministri del governo di centrodestra, da Scajola al capoclasse Tremonti. Lo sostiene la presidenta Marcegaglia con il coro di tutta Confindustria. Lo garantisce l'amministratore delegato dell'ENEL Fulvio Conti, che sottolinea come la spesa media italiana per la bolletta elettrica sia di 396,70 euro all'anno, contro i 253,40 di quella francese. L'ENEL è l'unico soggetto che trae benefici concreti dal recente accordo nucleare con la Francia, ma questo è ovviamente solo incidentale.
La Francia ricava tre quarti del suo fabbisogno energetico dalle centrali nucleari, mentre secondo le dichiarazioni dei filonuclearisti italiani le quattro centrali previste nell'accordo con la Francia dovrebbero coprire il 25% della domanda italiana. E così Scajola e gli altri trionfalmente prevedono una riduzione delle bollette "fino al 30%". Sembrano stime ottimistiche, ma ammettiamo che sia così.
Ergo, se e quando le annunciate centrali nucleari saranno a regime, l'italiano medio al massimo potrà godere di un risparmio di circa 75 Euro l'anno.
Secondo Berlù i tempi di realizzazione di una centrale atomica sono "contenuti" ma nessuno osa pronosticarli inferiori ai 15 anni, con tendenza a stime oltre i 20. Quindi ogni italiano spenderà tra 335 e 800 Euro con la speranza di risparmiarne 75 l'anno tra 20 anni.
Questo senza mettere nel conto che nel frattempo i costi dell'energia da fonti rinnovabili stanno calando con regolarità da anni. E facendo finta che il prezzo dell'uranio non salga, anche se è in ascesa costante. E non considerando che la ricerca sta mettendo a punto nuove tecnologie per la produzione di energia rinnovabile a basso costo.
Con questi numeri ci si guadagna davvero? Parlatene con un consulente finanziario, vi dirà che è meglio investire in titoli tossici.
Ma tranquilli, è un affarone. Lo ripetono i ministri del governo di centrodestra, da Scajola al capoclasse Tremonti. Lo sostiene la presidenta Marcegaglia con il coro di tutta Confindustria. Lo garantisce l'amministratore delegato dell'ENEL Fulvio Conti, che sottolinea come la spesa media italiana per la bolletta elettrica sia di 396,70 euro all'anno, contro i 253,40 di quella francese. L'ENEL è l'unico soggetto che trae benefici concreti dal recente accordo nucleare con la Francia, ma questo è ovviamente solo incidentale.
La Francia ricava tre quarti del suo fabbisogno energetico dalle centrali nucleari, mentre secondo le dichiarazioni dei filonuclearisti italiani le quattro centrali previste nell'accordo con la Francia dovrebbero coprire il 25% della domanda italiana. E così Scajola e gli altri trionfalmente prevedono una riduzione delle bollette "fino al 30%". Sembrano stime ottimistiche, ma ammettiamo che sia così.
Ergo, se e quando le annunciate centrali nucleari saranno a regime, l'italiano medio al massimo potrà godere di un risparmio di circa 75 Euro l'anno.
Secondo Berlù i tempi di realizzazione di una centrale atomica sono "contenuti" ma nessuno osa pronosticarli inferiori ai 15 anni, con tendenza a stime oltre i 20. Quindi ogni italiano spenderà tra 335 e 800 Euro con la speranza di risparmiarne 75 l'anno tra 20 anni.
Questo senza mettere nel conto che nel frattempo i costi dell'energia da fonti rinnovabili stanno calando con regolarità da anni. E facendo finta che il prezzo dell'uranio non salga, anche se è in ascesa costante. E non considerando che la ricerca sta mettendo a punto nuove tecnologie per la produzione di energia rinnovabile a basso costo.
Con questi numeri ci si guadagna davvero? Parlatene con un consulente finanziario, vi dirà che è meglio investire in titoli tossici.
mercoledì 25 febbraio 2009
Futuro nucleare. E nel frattempo?
Molto rumore oggi per l'accordo sull'energia nucleare tra la Francia e l'Italia, firmato a Roma da Sarkozy e Berlusconi.
Pretendo di essere laico ed evito ogni commento sulla sicurezza dell'energia nucleare. Non mi dilungo sulla scarsa reperibilità dell'uranio, le cui scorte sono limitate con la conseguenza di un prezzo in rapida e costante ascesa. Evito anche la spinosa e irrisolta questione del trattamento e stoccaggio delle scorie. Tralascio l'interesse economico della Francia, che esporta tecnologia e garantisce futuro e capitali alle sue imprese. Non insisto sulla improbabile prospettiva che il nucleare italiano sia finanziato da capitali privati, visto che in tutto il mondo le centrali atomiche vengono costruite con l'ausilio fondamentale di consistenti interventi pubblici.
Credo però che sia opportuno ragionare sui tempi. Le centrali previste in Italia sono di cosiddetta terza generazione, come quella di Olkiluoto 3 attualmente in costruzione in Finlandia. Appaltato nel 2005 l'impianto da 1600 MW avrebbe dovuto essere ultimato a metà del 2009 ma il cantiere viaggia con tre anni di ritardo. Nel frattempo i costi di costruzione, previsti inizialmente in 2.5 miliardi di Euro, sono già oltre i 4 miliardi e gli incidenti registrati sommano a oltre 1500.
Olkiluoto 3, assieme alla centrale francese di Flamanville 3, rappresenta il prototipo delle nuove centrali EPR (European Pressurised Reactor), una tecnologia che Sarkozy ha cercato di piazzare in vari paesi come Canada, Turchia, Cina, Brasile, Sud Africa e Stati Uniti, fino a riuscire a siglare un accordo commerciale con il governo italiano.
Oggi il ministro degli esteri Frattini ha detto che "nei prossimi anni ci dovrà essere la posa della prima pietra di una centrale nucleare pulita e sicura italiana". Cosa vuol dire prossimi? L'Autorità per la Sicurezza Nucleare Francese, in un recente documento ammonisce dai facili entusiasmi atomici. Secondo l'ASN ci vogliono almeno cinque anni solo per redigere un quadro normativo, creare una Autorità, renderla operativa e mobilitare le competenze in tema di sicurezza e controllo. Inoltre, continuano gli esperti dell'agenzia statale francese, "l'esperienza internazionale dimostra che l'istruttoria da parte di questa Autorità di una domanda di autorizzazione alla costruzione di una centrale dura da un minimo di due a un massimo di dieci anni". Conoscendo l'Italia, dove non si riesce nemmeno a piazzare una discarica, quali sono i tempi prevedibili per concludere il processo autorizzativo?
Anche il governo della destra conosce i rischi che derivano dalla localizzazione delle centrali, tanto che per evitare fastidiosi cali di consenso ha sapientemente spostato i termini di presentazione dei criteri per la scelta dei siti al luglio 2009, ovvero dopo le elezioni. Senza contare che il titolo V della Costituzione assegna alle regioni un ruolo decisivo nella scelta dei siti. In pratica senza il consenso delle regioni non è possibile decidere dove va costruita una centrale energetica, qualunque sia la fonte utilizzata.
Una volta aperto il cantiere l'ASN calcola poi in cinque anni i tempi di costruzione, ma il recente caso finlandese di Olkiluoto 3 dimostra che prima di sette anni non si combina niente. E questo nella pragmatica Finlandia.
Secondo questi dati, ammesso che a luglio il governo decida davvero i criteri di scelta dei siti, per rendere operativa una centrale nucleare in Italia ci vorranno da un minimo di 14 a un massimo di 22 anni.
E nel frattempo?
Pretendo di essere laico ed evito ogni commento sulla sicurezza dell'energia nucleare. Non mi dilungo sulla scarsa reperibilità dell'uranio, le cui scorte sono limitate con la conseguenza di un prezzo in rapida e costante ascesa. Evito anche la spinosa e irrisolta questione del trattamento e stoccaggio delle scorie. Tralascio l'interesse economico della Francia, che esporta tecnologia e garantisce futuro e capitali alle sue imprese. Non insisto sulla improbabile prospettiva che il nucleare italiano sia finanziato da capitali privati, visto che in tutto il mondo le centrali atomiche vengono costruite con l'ausilio fondamentale di consistenti interventi pubblici.
Credo però che sia opportuno ragionare sui tempi. Le centrali previste in Italia sono di cosiddetta terza generazione, come quella di Olkiluoto 3 attualmente in costruzione in Finlandia. Appaltato nel 2005 l'impianto da 1600 MW avrebbe dovuto essere ultimato a metà del 2009 ma il cantiere viaggia con tre anni di ritardo. Nel frattempo i costi di costruzione, previsti inizialmente in 2.5 miliardi di Euro, sono già oltre i 4 miliardi e gli incidenti registrati sommano a oltre 1500.
Olkiluoto 3, assieme alla centrale francese di Flamanville 3, rappresenta il prototipo delle nuove centrali EPR (European Pressurised Reactor), una tecnologia che Sarkozy ha cercato di piazzare in vari paesi come Canada, Turchia, Cina, Brasile, Sud Africa e Stati Uniti, fino a riuscire a siglare un accordo commerciale con il governo italiano.
Oggi il ministro degli esteri Frattini ha detto che "nei prossimi anni ci dovrà essere la posa della prima pietra di una centrale nucleare pulita e sicura italiana". Cosa vuol dire prossimi? L'Autorità per la Sicurezza Nucleare Francese, in un recente documento ammonisce dai facili entusiasmi atomici. Secondo l'ASN ci vogliono almeno cinque anni solo per redigere un quadro normativo, creare una Autorità, renderla operativa e mobilitare le competenze in tema di sicurezza e controllo. Inoltre, continuano gli esperti dell'agenzia statale francese, "l'esperienza internazionale dimostra che l'istruttoria da parte di questa Autorità di una domanda di autorizzazione alla costruzione di una centrale dura da un minimo di due a un massimo di dieci anni". Conoscendo l'Italia, dove non si riesce nemmeno a piazzare una discarica, quali sono i tempi prevedibili per concludere il processo autorizzativo?
Anche il governo della destra conosce i rischi che derivano dalla localizzazione delle centrali, tanto che per evitare fastidiosi cali di consenso ha sapientemente spostato i termini di presentazione dei criteri per la scelta dei siti al luglio 2009, ovvero dopo le elezioni. Senza contare che il titolo V della Costituzione assegna alle regioni un ruolo decisivo nella scelta dei siti. In pratica senza il consenso delle regioni non è possibile decidere dove va costruita una centrale energetica, qualunque sia la fonte utilizzata.
Una volta aperto il cantiere l'ASN calcola poi in cinque anni i tempi di costruzione, ma il recente caso finlandese di Olkiluoto 3 dimostra che prima di sette anni non si combina niente. E questo nella pragmatica Finlandia.
Secondo questi dati, ammesso che a luglio il governo decida davvero i criteri di scelta dei siti, per rendere operativa una centrale nucleare in Italia ci vorranno da un minimo di 14 a un massimo di 22 anni.
E nel frattempo?
lunedì 23 febbraio 2009
Negazionisti
L'emergenza dei cambiamenti climatici non esiste, è solo una "valutazione politica". Questa è la tesi della Associazione 21imo Secolo, che il 3 marzo organizza a Roma nella sala conferenze del Parlamento a Palazzo Marini un incontro dal titolo "Cambiamenti climatici e ambiente politico" (programma).
L'evento è in collaborazione e col patrocinio del Dipartimento Ambiente di Forza Italia e del Dipartimento Energia di Forza Italia. Garantita la presenza dell'On. Roberto Tortoli del Dipartimento Ambiente di Forza Italia e già Sottosegretario all'Ambiente, del Sen. Antonio D’Alì presidente della Commissione Ambiente del Senato, dell'On. Angelo Alessandri, presidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, dell'On. Stefano Saglia presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati.
L'iniziativa viene descritta chiaramente nella premessa all'invito:
I cambiamenti climatici ed il ruolo delle attività dell’uomo nel modificare il clima del pianeta sono da tempo al centro dell’agenda politica. Importanti impegni internazionali sono stati sottoscritti nella convinzione che riducendo le emissioni dei cosiddetti gas-serra si possa influire sui fenomeni climatici globali.
Tale convinzione è fondata su solide basi scientifiche? I documenti dell’IPCC (l’organismo delle Nazioni Unite che si preoccupa del cambiamento climatico) sono valutazioni politiche o rappresentano correttamente la valutazione degli studiosi del clima?
(grazie a Elisabetta per la segnalazione)
L'evento è in collaborazione e col patrocinio del Dipartimento Ambiente di Forza Italia e del Dipartimento Energia di Forza Italia. Garantita la presenza dell'On. Roberto Tortoli del Dipartimento Ambiente di Forza Italia e già Sottosegretario all'Ambiente, del Sen. Antonio D’Alì presidente della Commissione Ambiente del Senato, dell'On. Angelo Alessandri, presidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, dell'On. Stefano Saglia presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati.
L'iniziativa viene descritta chiaramente nella premessa all'invito:
I cambiamenti climatici ed il ruolo delle attività dell’uomo nel modificare il clima del pianeta sono da tempo al centro dell’agenda politica. Importanti impegni internazionali sono stati sottoscritti nella convinzione che riducendo le emissioni dei cosiddetti gas-serra si possa influire sui fenomeni climatici globali.
Tale convinzione è fondata su solide basi scientifiche? I documenti dell’IPCC (l’organismo delle Nazioni Unite che si preoccupa del cambiamento climatico) sono valutazioni politiche o rappresentano correttamente la valutazione degli studiosi del clima?
(grazie a Elisabetta per la segnalazione)
Cosa fare da grande? L'interprete
L'Unione Europea ha 550 interpreti in pianta organica, oltre a 300-400 free lance impegnati ogni giorno scelti tra i 2000 accreditati dalla DG Interpretazione. Questo esercito di poliglotti viene impiegato in una media di 50-60 meeting al giorno, che fanno circa undicimila l'anno. Un totale di 158.000 giornate di lavoro da interprete nel 2008, che sono costate all'Unione 128 milioni di Euro. Tutto questo solo per i lavori della Commissione, del Comitato delle Regioni, il Comitato Economico e Sociale, la Banca Europea per gli Investimenti e le sedi distaccate della Commissione. Il Parlamento Europeo e la Corte di Giustizia infatti hanno dei propri servizi di interpretazione.
L'Europa a 27 ha 23 lingue ufficiali che rendono estremamente complessa la comunicazione comunitaria. Una interpretazione "totale simmetrica" di tutte le 23 lingue ufficiali richiede almeno 69 interpreti. Finora i problemi maggiori si avevano principalmente con le traduzioni ponte, tecnicamente chiamate relais, nelle quali si passa attraverso uno dei linguaggi più diffusi come Inglese e Francese per mettere in contatto, ad esempio, Maltese-Finlandese o Lituano-Greco. Il passaggio attraverso una lingua terza rende inevitabilmente meno precisa la traduzione e il rischio è l'effetto "telefono senza fili", ovvero una distorsione del concetto originale. L'effetto è verificabile utilizzando i traduttori online presenti in rete. Basta provare a tradurre una frase qualunque dall'Italiano in Inglese, poi in Tedesco, poi in Russo e di nuovo in Italiano e il rischio che il concetto sia stato completamente travisato è decisamente alto.
Adesso invece il Commissario Europeo all'interpretazione, il romeno Leonard Orban, lancia l'allarme sugli interpreti nella lingua "quasi ufficiale" della UE: l'Inglese. Infatti la maggior parte degli interpreti inglesi sono stati assunti negli anni '70, al tempo dell'ingresso di Londra nella UE, e sono ormai prossimi alla pensione. Dei 70 interpreti inglesi attualmente in forza almeno la metà andrà in pensione entro il 2018, mentre le nuove assunzioni viaggiano alla modesta media di 1,6 l'anno. Anche l'Italiano e il Danese soffriranno un esodo robusto nei prossimi anni, ma in questo caso il ricambio sembra meno difficile.
La DG Interpretazione ha lanciato una campagna di reclutamento per interpreti di lingua inglese e per le altre lingue della babele europea. Per convincere i giovani a lanciarsi nella carriera e stato anche realizzato un filmato pubblicato su YouTube.
L'Europa a 27 ha 23 lingue ufficiali che rendono estremamente complessa la comunicazione comunitaria. Una interpretazione "totale simmetrica" di tutte le 23 lingue ufficiali richiede almeno 69 interpreti. Finora i problemi maggiori si avevano principalmente con le traduzioni ponte, tecnicamente chiamate relais, nelle quali si passa attraverso uno dei linguaggi più diffusi come Inglese e Francese per mettere in contatto, ad esempio, Maltese-Finlandese o Lituano-Greco. Il passaggio attraverso una lingua terza rende inevitabilmente meno precisa la traduzione e il rischio è l'effetto "telefono senza fili", ovvero una distorsione del concetto originale. L'effetto è verificabile utilizzando i traduttori online presenti in rete. Basta provare a tradurre una frase qualunque dall'Italiano in Inglese, poi in Tedesco, poi in Russo e di nuovo in Italiano e il rischio che il concetto sia stato completamente travisato è decisamente alto.
Adesso invece il Commissario Europeo all'interpretazione, il romeno Leonard Orban, lancia l'allarme sugli interpreti nella lingua "quasi ufficiale" della UE: l'Inglese. Infatti la maggior parte degli interpreti inglesi sono stati assunti negli anni '70, al tempo dell'ingresso di Londra nella UE, e sono ormai prossimi alla pensione. Dei 70 interpreti inglesi attualmente in forza almeno la metà andrà in pensione entro il 2018, mentre le nuove assunzioni viaggiano alla modesta media di 1,6 l'anno. Anche l'Italiano e il Danese soffriranno un esodo robusto nei prossimi anni, ma in questo caso il ricambio sembra meno difficile.
La DG Interpretazione ha lanciato una campagna di reclutamento per interpreti di lingua inglese e per le altre lingue della babele europea. Per convincere i giovani a lanciarsi nella carriera e stato anche realizzato un filmato pubblicato su YouTube.
sabato 21 febbraio 2009
giovedì 19 febbraio 2009
La strana coppia della Green Economy
Il Financial Times ha pubblicato un editoriale firmato da Ban Ki-moon e Al Gore, che parte dal dato che 32 nazioni hanno varato programmi per un rilancio dell'economia per un investimento totale di 1.750 miliardi di Euro.
Il segretario generale ONU e il premio Nobel sottolineano come questa enorme massa di denaro "dovrebbe catapultarci nell'economia del 21° secolo e non cercare di perpetuare le industrie agonizzanti e le cattive abitudini di ieri".
Secondo la strana coppia cancellare i 300 miliardi di dollari spesi ogni anno in contributi per i combustibili fossili permetterebbe di ridurre del 6% le emissioni globali di CO2 e di aumentare il PIL dei singoli paesi. La scelta permetterebbe anche di contrastare la crescente competizione dei paesi in via di sviluppo, che oggi producono il 40% delle energie rinnovabili e il 70% del solare termico del pianeta.
Oggi nel mondo ci sono 2,3 milioni di persone che lavorano nel settore delle energie rinnovabili, più di quante siano direttamente occupate nei settori del petrolio e del gas. Negli Stati Uniti oggi ci sono più nuovi posti di lavoro nell'energia eolica che in tutta la filiera del carbone.
Ban Ki-moon e Al Gore chiedono anche maggiore sostegno alla cooperazione, particolarmente agli interventi nell'agricoltura dei paesi in via di sviluppo. E pretendono un accordo forte sul Clima a Copenhagen. "Non il prossimo anno, quest'anno".
"Per milioni di persone da Detroit a Dehli questi sono i giorni peggiori di sempre. Le famiglie hanno perso il lavoro, la casa, l'assistenza sanitaria e persino la speranza di un pasto. In una situazione del genere i governi devono fare scelte strategiche. Non possiamo permettere che le urgenze mettano in discussione i bisogni essenziali. Investire nella green economy non è una opzione secondaria. E' un investimento illuminato per un futuro più equo e prospero."
Il segretario generale ONU e il premio Nobel sottolineano come questa enorme massa di denaro "dovrebbe catapultarci nell'economia del 21° secolo e non cercare di perpetuare le industrie agonizzanti e le cattive abitudini di ieri".
Secondo la strana coppia cancellare i 300 miliardi di dollari spesi ogni anno in contributi per i combustibili fossili permetterebbe di ridurre del 6% le emissioni globali di CO2 e di aumentare il PIL dei singoli paesi. La scelta permetterebbe anche di contrastare la crescente competizione dei paesi in via di sviluppo, che oggi producono il 40% delle energie rinnovabili e il 70% del solare termico del pianeta.
Oggi nel mondo ci sono 2,3 milioni di persone che lavorano nel settore delle energie rinnovabili, più di quante siano direttamente occupate nei settori del petrolio e del gas. Negli Stati Uniti oggi ci sono più nuovi posti di lavoro nell'energia eolica che in tutta la filiera del carbone.
Ban Ki-moon e Al Gore chiedono anche maggiore sostegno alla cooperazione, particolarmente agli interventi nell'agricoltura dei paesi in via di sviluppo. E pretendono un accordo forte sul Clima a Copenhagen. "Non il prossimo anno, quest'anno".
"Per milioni di persone da Detroit a Dehli questi sono i giorni peggiori di sempre. Le famiglie hanno perso il lavoro, la casa, l'assistenza sanitaria e persino la speranza di un pasto. In una situazione del genere i governi devono fare scelte strategiche. Non possiamo permettere che le urgenze mettano in discussione i bisogni essenziali. Investire nella green economy non è una opzione secondaria. E' un investimento illuminato per un futuro più equo e prospero."
Tecnica ed estetica, oltre le pale
I generatori eolici non sono belli, è vero. Ma lo sono forse i tralicci dell'alta e media tensione, che infestano il territorio?
Conservatori paesaggisti e autorità monocratiche come le Soprintendenze si ergono fieramente contro la diffusione dei generatori eolici, quelli che il ministro-capoclasse Tremonti chiama simpaticamente "mulini a vento". La più grande centrale eolica delle Marche era stata bloccata da un veto della Soprintendenza, un ricorso al TAR l'ha riabilitata. Storie tutte italiane, battaglie di carte bollate, vincoli e ingiunzioni.
I generatori eolici più fiddusi sono bestioni alti come un palazzo di 20 piani, con pale lunghe come le ali di un 747. Ci possono essere alternative meno impattanti e magari anche più efficienti ed economiche? Ecco una rassegna di quindici modelli di generatori eolici dal design non convenzionale, descritti singolarmente nelle loro caratteristiche (nella foto ad esempio ecco il Serpente del cielo di Doug Selsam, una sequenza di 25 rotori flottanti in grado di produrre 3 Kw).
Guardare e leggere per credere.
Conservatori paesaggisti e autorità monocratiche come le Soprintendenze si ergono fieramente contro la diffusione dei generatori eolici, quelli che il ministro-capoclasse Tremonti chiama simpaticamente "mulini a vento". La più grande centrale eolica delle Marche era stata bloccata da un veto della Soprintendenza, un ricorso al TAR l'ha riabilitata. Storie tutte italiane, battaglie di carte bollate, vincoli e ingiunzioni.
I generatori eolici più fiddusi sono bestioni alti come un palazzo di 20 piani, con pale lunghe come le ali di un 747. Ci possono essere alternative meno impattanti e magari anche più efficienti ed economiche? Ecco una rassegna di quindici modelli di generatori eolici dal design non convenzionale, descritti singolarmente nelle loro caratteristiche (nella foto ad esempio ecco il Serpente del cielo di Doug Selsam, una sequenza di 25 rotori flottanti in grado di produrre 3 Kw).
Guardare e leggere per credere.
mercoledì 18 febbraio 2009
Di facebook per sempre, anzi no
Sono uno dei 175 milioni di utenti di facebook, mi trovate qui. Come tutti gli altri oggi ho trovato un post sulla mia bacheca che mi avvisava della rinuncia alla unilaterale modifica delle condizioni del servizio operata pochi giorni fa.
Le modifiche, che peraltro facebook da contratto ha il diritto di applicare, prevedevano che tutti i contenuti caricati dagli utenti sarebbero rimasti per sempre proprietà del network, anche dopo la cancellazione degli autori.
Secondo facebook la nuova regola derivava dalle difficoltà di riconoscere la proprietà di contenuti condivisi con altri. In pratica un utente di facebook che decidesse di cancellarsi lascerebbe una scia nelle pagine dei suoi amici che potrebbe sollevare conflitti di copyright. Quindi, secondo il sito, meglio fare proprio ogni contenuto ed evitare contenziosi da parte di ex utenti.
La cosa non è piaciuta al variegato popolo di fb, a cominciare dagli USA. Il New York Times racconta i termini della rivolta, cominciata sul sito di Consumer Union dove più di 300.000 utenti hanno cliccato sulla pagina "facebook vi possiede". Gli utenti di facebook hanno risposto usando le stesse armi del network e creando un gruppo di oppositori alle nuove regole che oggi contava più di 90.000 iscritti. Abbastanza da convincere il fondatore e amministratore delegato di facebook Mark Zuckenberg (foto) a fare marcia indietro pubblicando l'annuncio che è comparso sulla pagina di tutti gli utenti. Zuckenberg ha anche fondato un gruppo su facebook per discutere sui diritti e le responsabilità, a cui sono già iscritti 64.000 utenti.
Facebook non è quotata in borsa e come compagnia privata non è obbligata a rendere pubblici i propri bilanci. Secondo gli analisti produce dai 100 ai 300 milioni di dollari l'anno di utili, per la maggior parte derivati da un contratto di pubblicità stipulato con Microsoft, che possiede l'1.6% del social network.
Le modifiche, che peraltro facebook da contratto ha il diritto di applicare, prevedevano che tutti i contenuti caricati dagli utenti sarebbero rimasti per sempre proprietà del network, anche dopo la cancellazione degli autori.
Secondo facebook la nuova regola derivava dalle difficoltà di riconoscere la proprietà di contenuti condivisi con altri. In pratica un utente di facebook che decidesse di cancellarsi lascerebbe una scia nelle pagine dei suoi amici che potrebbe sollevare conflitti di copyright. Quindi, secondo il sito, meglio fare proprio ogni contenuto ed evitare contenziosi da parte di ex utenti.
La cosa non è piaciuta al variegato popolo di fb, a cominciare dagli USA. Il New York Times racconta i termini della rivolta, cominciata sul sito di Consumer Union dove più di 300.000 utenti hanno cliccato sulla pagina "facebook vi possiede". Gli utenti di facebook hanno risposto usando le stesse armi del network e creando un gruppo di oppositori alle nuove regole che oggi contava più di 90.000 iscritti. Abbastanza da convincere il fondatore e amministratore delegato di facebook Mark Zuckenberg (foto) a fare marcia indietro pubblicando l'annuncio che è comparso sulla pagina di tutti gli utenti. Zuckenberg ha anche fondato un gruppo su facebook per discutere sui diritti e le responsabilità, a cui sono già iscritti 64.000 utenti.
Facebook non è quotata in borsa e come compagnia privata non è obbligata a rendere pubblici i propri bilanci. Secondo gli analisti produce dai 100 ai 300 milioni di dollari l'anno di utili, per la maggior parte derivati da un contratto di pubblicità stipulato con Microsoft, che possiede l'1.6% del social network.
martedì 17 febbraio 2009
Instant Starbucks
I lettori abituali di Sostenibilitalia sanno che detesto Starbucks e che ho salutato con gioia la rinuncia dell'azienda al mercato italiano. Starbucks vende nei suoi 12.000 negozi sparsi negli USA e nel resto del mondo per 4 dollari dei beveroni sopravvalutati chiamati Latte o Frappuccino, di cui certo in Italia non sentiamo la mancanza.
Oggi Starbucks ha annunciato il lancio di una sua linea di caffè istantaneo chiamata VIA che sarà nei negozi dal 3 marzo. La strategia dell'azienda sembra più orientata verso i mercati esteri dove il caffè istantaneo è dominante come quello inglese (81%) e giapponese (63%) piuttosto che su quello americano, dove si consumano 66 miliardi di tazze di caffè l'anno (di cui il 75% a casa) ma quasi tutto filtrato.
L'instant coffee di Starbucks è caro come i beveroni che propina nei suoi negozi: 2.95 dollari per tre dosi in America e probabilmente 1.20 sterline in Gran Bretagna. Cioè dieci volte il costo di una dose di caffè istantaneo standard.
Il Times ha già pubblicato gli esiti di un test tra VIA e un qualunque caffè solubile. Risultato: i consumatori non riconoscono la differenza.
Oggi Starbucks ha annunciato il lancio di una sua linea di caffè istantaneo chiamata VIA che sarà nei negozi dal 3 marzo. La strategia dell'azienda sembra più orientata verso i mercati esteri dove il caffè istantaneo è dominante come quello inglese (81%) e giapponese (63%) piuttosto che su quello americano, dove si consumano 66 miliardi di tazze di caffè l'anno (di cui il 75% a casa) ma quasi tutto filtrato.
L'instant coffee di Starbucks è caro come i beveroni che propina nei suoi negozi: 2.95 dollari per tre dosi in America e probabilmente 1.20 sterline in Gran Bretagna. Cioè dieci volte il costo di una dose di caffè istantaneo standard.
Il Times ha già pubblicato gli esiti di un test tra VIA e un qualunque caffè solubile. Risultato: i consumatori non riconoscono la differenza.
AAA Segretario Cercasi
lunedì 16 febbraio 2009
Kyoto e Italia, quattro anni dopo
Come passa il tempo! Quattro anni fa entrava in vigore il Protocollo di Kyoto e l'Italia ne salutava l'ingresso con entusiasmo, come testimonia il comunicato stampa ufficiale del ministro dell'ambiente dell'epoca, che era Altero Matteoli. Sempre per l'occasione Matteoli rilasciava una intervista a La Repubblica in cui elencava tutte le misure che il governo Berlusconi avrebbe attuato per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni.
Il quarto anniversario del protocollo di Kyoto non vede realizzato quasi nulla di quanto elencava Matteoli nel 2005. Malgrado la nostra inerzia le emissioni però dal 2005 in poi sono calate, principalmente per la crisi economica, la ridotta produzione industriale, l'aumento del prezzo del petrolio e gli inverni miti. Parte della riduzione deriva anche da alcune alchimie contabili del protocollo e, secondo la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile di Edo Ronchi, con l’istituzione del registro degli assorbimenti forestali e con altri "meccanismi flessibili" previsti dal trattato si potrebbe arrivare a quota -5,4% entro il 2012, avvicinando l'obiettivo fissato del 6,5%.
Anche per Gianni Silvestrini di Kyoto Club il bilancio italiano è in chiaroscuro. I dati sono destinati a migliorare per la contabilizzazione dei "certificati bianchi", le ristrutturazioni edilizie e la diffusione delle fonti rinnovabili, che recentemente ha avuto un buon incremento (1.010 MW eolici, 200 MW fotovoltaici, 400.000 mq di solare termico nel 2008). Ma Silvestrini ammonisce che "occorre avviare una politica di lungo periodo per impedire che l’Italia si stacchi da un’Europa virtuosa sul clima".
Le città hanno un ruolo centrale nella riduzione delle emissioni di CO2 e la scorsa settimana il presidente della UE Barroso lo ha ripetuto agli amministratori convenuti a Bruxelles per firmare il Patto dei Sindaci. Le città che sottoscrivono il Patto dei Sindaci si impegnano ad agire per ridurre le emissioni oltre gli obiettivi del 20+20+20 fissati dall'Unione nel "Pacchetto Clima".
Mancano solo tre anni alla scadenza del Protocollo di Kyoto e a dicembre di quest'anno la COP-15 di Copenhagen approverà il nuovo patto mondiale sul clima, dove le città dovranno essere incluse a pieno titolo.
Il quarto anniversario del protocollo di Kyoto non vede realizzato quasi nulla di quanto elencava Matteoli nel 2005. Malgrado la nostra inerzia le emissioni però dal 2005 in poi sono calate, principalmente per la crisi economica, la ridotta produzione industriale, l'aumento del prezzo del petrolio e gli inverni miti. Parte della riduzione deriva anche da alcune alchimie contabili del protocollo e, secondo la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile di Edo Ronchi, con l’istituzione del registro degli assorbimenti forestali e con altri "meccanismi flessibili" previsti dal trattato si potrebbe arrivare a quota -5,4% entro il 2012, avvicinando l'obiettivo fissato del 6,5%.
Anche per Gianni Silvestrini di Kyoto Club il bilancio italiano è in chiaroscuro. I dati sono destinati a migliorare per la contabilizzazione dei "certificati bianchi", le ristrutturazioni edilizie e la diffusione delle fonti rinnovabili, che recentemente ha avuto un buon incremento (1.010 MW eolici, 200 MW fotovoltaici, 400.000 mq di solare termico nel 2008). Ma Silvestrini ammonisce che "occorre avviare una politica di lungo periodo per impedire che l’Italia si stacchi da un’Europa virtuosa sul clima".
Le città hanno un ruolo centrale nella riduzione delle emissioni di CO2 e la scorsa settimana il presidente della UE Barroso lo ha ripetuto agli amministratori convenuti a Bruxelles per firmare il Patto dei Sindaci. Le città che sottoscrivono il Patto dei Sindaci si impegnano ad agire per ridurre le emissioni oltre gli obiettivi del 20+20+20 fissati dall'Unione nel "Pacchetto Clima".
Mancano solo tre anni alla scadenza del Protocollo di Kyoto e a dicembre di quest'anno la COP-15 di Copenhagen approverà il nuovo patto mondiale sul clima, dove le città dovranno essere incluse a pieno titolo.
Non era un UFO, purtroppo
Un mese fa avevo riportato la notizia di un misterioso incidente a una centrale eolica in Inghilterra, dove una pala di venti metri si era staccata da un generatore e un'altra si era piegata. Nella notte molti testimoni avevano notato strane luci in cielo e si era diffusa l'opinione che un UFO fosse entrato in collisione con la turbina provocando i danni.
In realtà nei giorni successivi le "strane luci" si erano rivelate fuochi di artificio sparati per la festa dell'80° compleanno di Peter Bell, un agricoltore in pensione che vive nei pressi della centrale.
I resti della turbina erano stati spediti alla Enercon, l'azienda tedesca che l'aveva prodotta. Al termine delle indagini Ecotricity, che gestisce la centrale di Fen Farm nel Lincolnshire, ha diffuso un comunicato in cui esclude che i danni alla turbina possano derivare da una collisione e individua la causa nel cedimento strutturale di alcuni bulloni sottoposti a sollecitazioni eccessive a causa del malfunzionamento di non meglio descritti "componenti di supporto".
Secondo i vertici di GCube, il broker che assicura circa trentamila turbine eoliche nel mondo, "ogni anno cinque o sei perdono le pale".
In realtà nei giorni successivi le "strane luci" si erano rivelate fuochi di artificio sparati per la festa dell'80° compleanno di Peter Bell, un agricoltore in pensione che vive nei pressi della centrale.
I resti della turbina erano stati spediti alla Enercon, l'azienda tedesca che l'aveva prodotta. Al termine delle indagini Ecotricity, che gestisce la centrale di Fen Farm nel Lincolnshire, ha diffuso un comunicato in cui esclude che i danni alla turbina possano derivare da una collisione e individua la causa nel cedimento strutturale di alcuni bulloni sottoposti a sollecitazioni eccessive a causa del malfunzionamento di non meglio descritti "componenti di supporto".
Secondo i vertici di GCube, il broker che assicura circa trentamila turbine eoliche nel mondo, "ogni anno cinque o sei perdono le pale".
Telefonini sostenibili/2
Confermando una tradizione di esasperata competizione commerciale la LG ha replicato immediatamente all'annuncio del telefonino ad energia solare della Samsung (vedi post precedente) presentando il suo modello con celle fotovoltaiche incorporate (foto).
Come nel caso del Blue Earth anche dell'apparecchio LG non si conoscono ancora le caratteristiche tecniche. L'azienda però ha anticipato che dieci minuti di ricarica solare dovrebbero garantire tre minuti di conversazione.
Sotto il profilo estetico il design LG sembra più classico e meno accattivante del Blue Earth. Anche la LG ha dichiarato che il telefonino solare avrà un imballo minimo e completamente riciclabile e che le istruzioni saranno stampate su carta riciclata e con inchiostro bio a base di soia.
Samsung e LG sono rispettivamente il secondo e il terzo produttore mondiale di telefonini. Vediamo come risponderà Nokia.
Come nel caso del Blue Earth anche dell'apparecchio LG non si conoscono ancora le caratteristiche tecniche. L'azienda però ha anticipato che dieci minuti di ricarica solare dovrebbero garantire tre minuti di conversazione.
Sotto il profilo estetico il design LG sembra più classico e meno accattivante del Blue Earth. Anche la LG ha dichiarato che il telefonino solare avrà un imballo minimo e completamente riciclabile e che le istruzioni saranno stampate su carta riciclata e con inchiostro bio a base di soia.
Samsung e LG sono rispettivamente il secondo e il terzo produttore mondiale di telefonini. Vediamo come risponderà Nokia.
sabato 14 febbraio 2009
Telefonini sostenibili
La Samsung ha annunciato il primo telefono cellulare con pannello solare incorporato. Si chiama Blue Earth e oltre a ricaricarsi da solo è costruito con una scocca in plastica PET riciclata. Inoltre il caricabatteria ha una certificazione energetica a cinque stelle e in stand-by consuma solo 0.03 watt. Il telefono è dotato di un contapassi che calcola le emissioni di CO2 risparmiate camminando. Anche l'imballo, realizzato completamente in cartone riciclato, è ridotto al minimo. Il telefonino Blue Earth sarà presentato il 16 febbraio al Mobile World Congress di Barcellona.
venerdì 13 febbraio 2009
Governo vs. Energie Rinnovabili
Nella finanziaria del 2008 il governo Prodi aveva introdotto l’obbligo, per gli edifici di nuova costruzione, di prevedere l'installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili per una potenza non inferiore a 1 kilowatt per unità abitativa, "compatibilmente con la realizzabilità tecnica dell’intervento". Per gli edifici industriali di almeno 100 mq l'energia prodotta da fonti rinnovabili doveva essere di almeno 5 kilowatt. La disposizione sarebbe dovuta entrare in vigore a decorrere dal 1 gennaio 2009.
Il decreto milleproroghe appena approvato al Senato non smentisce il suo nome e proroga questo obbligo al 2010. Un'altra occasione persa dal governo nel settore dell'energia, dopo la imbarazzante posizione tenuta in Europa sul Pacchetto clima. Nel frattempo l'America, il Giappone, la Corea e tutta l'Europa investono sulle energie rinnovabili e il mondo parla di Green New Deal. L'Italia purtroppo è altrove.
Contro questa imbarazzante posizione di retroguardia del governo di destra è nata una catena di blog che si sta diffondendo in rete. Il senatore del Pdl Giuseppe Menardi, primo firmatario dell'emendamento di proroga, sostiene che "il rinvio nasce dalla necessità che tutti gli operatori si facciano trovare pronti quando la norma sarà operativa". Secondo Menardi oggi il ritardo è riscontrabile "nella filiera industriale e nella progettazione".
Il decreto milleproroghe appena approvato al Senato non smentisce il suo nome e proroga questo obbligo al 2010. Un'altra occasione persa dal governo nel settore dell'energia, dopo la imbarazzante posizione tenuta in Europa sul Pacchetto clima. Nel frattempo l'America, il Giappone, la Corea e tutta l'Europa investono sulle energie rinnovabili e il mondo parla di Green New Deal. L'Italia purtroppo è altrove.
Contro questa imbarazzante posizione di retroguardia del governo di destra è nata una catena di blog che si sta diffondendo in rete. Il senatore del Pdl Giuseppe Menardi, primo firmatario dell'emendamento di proroga, sostiene che "il rinvio nasce dalla necessità che tutti gli operatori si facciano trovare pronti quando la norma sarà operativa". Secondo Menardi oggi il ritardo è riscontrabile "nella filiera industriale e nella progettazione".
France vs. Monsanto
Nel febbraio 2008 il governo francese aveva proibito la coltivazione di mais transgenico in tutto il paese, invocando la clausola di salvaguardia prevista dall'Unione Europea. Nella campagna 2007 la varietà transgenica di mais MON810 era stata seminata in 22.000 ettari, circa l'uno per cento di tutta la superficie coltivata a mais in Francia. Il divieto francese era conseguenza di una ricerca che aveva sollevato "seri dubbi" sulla sicurezza del seme transgenico sviluppato dalla Monsanto, indicandolo anche come causa di mutazioni in alcuni insetti, una specie di lombrico e altri microorganismi. La ricerca sottolineava anche la possibilità che il polline transgenico del mais potesse diffondersi anche a centinaia di chilometri dal luogo di coltivazione. Successivamente 12 dei 15 scienziati autori della ricerca avevano dichiarato che i risultati delle loro analisi erano stati "male interpretati".
L'agenzia francese per la sicurezza alimentare è stata incaricata di effettuare nuove analisi sul mais transgenico e due giorni fa sono filtrate alcune indiscrezioni su Le Figaro secondo le quali l'agenzia aveva concluso che coltivare il MON810 non comporta alcun rischio per i consumatori.
La posizione del governo francese non è però cambiata e ieri a Bruxelles il primo ministro François Fillon, nel corso di una conferenza stampa congiunta con il presidente della Commissione Europea Barroso, ha dichiarato che il bando alla coltivazione del mais transgenico è motivato da rischi ambientali e che resterà in vigore fino a quando l'Unione Europea non avrà emanato direttive specifiche. Anche Austria, Grecia e Ungheria hanno utilizzato norme di salvaguardia per vietare le coltivazioni OGM sul loro territorio. Proprio la prossima settimana a Bruxelles è prevista una discussione sul tema e alcuni sostengono che le indiscrezioni sugli esiti del rapporto, che avrebbe dovuto essere reso pubblico più avanti, sarebbero state diffuse dalla potente lobby pro-OGM per influenzare il dibattito europeo.
La maggioranza dei Francesi è contraria all'introduzione di colture transgeniche nel paese. L'attivista José Bové, da sempre contrario agli OGM fino ad essere arrestato per avere falciato campi coltivati con semi transgenici, ha dichiarato in una intervista a France-Soir che un cambiamento di rotta del governo francese "sarebbe scandaloso".
L'agenzia francese per la sicurezza alimentare è stata incaricata di effettuare nuove analisi sul mais transgenico e due giorni fa sono filtrate alcune indiscrezioni su Le Figaro secondo le quali l'agenzia aveva concluso che coltivare il MON810 non comporta alcun rischio per i consumatori.
La posizione del governo francese non è però cambiata e ieri a Bruxelles il primo ministro François Fillon, nel corso di una conferenza stampa congiunta con il presidente della Commissione Europea Barroso, ha dichiarato che il bando alla coltivazione del mais transgenico è motivato da rischi ambientali e che resterà in vigore fino a quando l'Unione Europea non avrà emanato direttive specifiche. Anche Austria, Grecia e Ungheria hanno utilizzato norme di salvaguardia per vietare le coltivazioni OGM sul loro territorio. Proprio la prossima settimana a Bruxelles è prevista una discussione sul tema e alcuni sostengono che le indiscrezioni sugli esiti del rapporto, che avrebbe dovuto essere reso pubblico più avanti, sarebbero state diffuse dalla potente lobby pro-OGM per influenzare il dibattito europeo.
La maggioranza dei Francesi è contraria all'introduzione di colture transgeniche nel paese. L'attivista José Bové, da sempre contrario agli OGM fino ad essere arrestato per avere falciato campi coltivati con semi transgenici, ha dichiarato in una intervista a France-Soir che un cambiamento di rotta del governo francese "sarebbe scandaloso".
Il canto del cigno
Sono stati trovati in Danimarca i resti del più vecchio cigno reale (cygnus olor) mai identificato. La carcassa con una zampa inanellata è stata individuata nella città di Korsør Skovstrand nell'isola di Zealand. Attraverso il numero dell'anello il museo zoologico dell'università di Copenhagen ha condotto una ricerca verificando che l'animale era stato inanellato il 21 febbraio 1970 ad Heikendorf, nei pressi di Kiel in Germania e che all'epoca aveva almeno un anno e mezzo. Il cigno quindi ha vissuto 40 anni, stracciando il record precedente di un suo simile rinvenuto morto nel 1979 a 26 anni.
Il cigno è l'uccello nazionale della Danimarca, paese che ha dato i natali ad Hans Christian Andersen, autore de Il brutto anatroccolo.
Il cigno è l'uccello nazionale della Danimarca, paese che ha dato i natali ad Hans Christian Andersen, autore de Il brutto anatroccolo.
giovedì 12 febbraio 2009
Meglio Turchi che mai
La scorsa settimana la Turchia ha aderito al Protocollo di Kyoto. La ratifica è stata votata in un parlamento non esattamente al gran completo: presenti 252 deputati su 550, 243 voti favorevoli, tre contrari e sei astenuti.
Il ministro dell'ambiente Veysel Eroğlu ha ringraziato i deputati aggiungendo che "tutti dovrebbero sottoscrivere il protocollo". La Turchia aveva annunciato l'intenzione di aderire a Kyoto nel giugno 2007, anche dietro le pressioni dell'Unione Europea con cui Ankara sta negoziando da anni l'adesione.
L'adesione non comporta impegni per la Turchia, almeno fino al 2012. Il paese infatti non aveva partecipato alla convenzione del 1992, quando fu approvato il protocollo di Kyoto, e quindi non è tra le 39 nazioni elencate nel cosiddetto Allegato B, che hanno sottoscritto l'impegno di ridurre le emissioni di CO2 entro il 2012 ai livelli del 1990.
La Turchia è tra i fondatori dell'OCSE e in questo gruppo è il paese con il più alto tasso di crescita di emissioni rispetto al 1990 (82%) e il 23imo in assoluto per volume di CO2 prodotto. L'economia turca ha avuto negli ultimi anni una forte crescita e la domanda di energia continua a salire. Attualmente nel paese sono previste o in costruzione 47 nuove centrali a carbone, che aumenterebbero di un ulteriore 50% le emissioni.
Il ministro Eroğlu tuttavia è ottimista e sostiene la capacità della Turchia di entrare a pieno titolo nel nuovo protocollo che nel 2012 sostituirà Kyoto. Fino a quella data Ankara investirà nella lotta ai cambiamenti climatici 58 miliardi di Euro, di cui 15 provenienti dal settore privato. Eroğlu intende fare della Turchia il primo paese al mondo per la riforestazione, con un programma che prevede il rimboschimento di 2.3 miliardi di ettari entro il 2012.
Il ministro dell'ambiente Veysel Eroğlu ha ringraziato i deputati aggiungendo che "tutti dovrebbero sottoscrivere il protocollo". La Turchia aveva annunciato l'intenzione di aderire a Kyoto nel giugno 2007, anche dietro le pressioni dell'Unione Europea con cui Ankara sta negoziando da anni l'adesione.
L'adesione non comporta impegni per la Turchia, almeno fino al 2012. Il paese infatti non aveva partecipato alla convenzione del 1992, quando fu approvato il protocollo di Kyoto, e quindi non è tra le 39 nazioni elencate nel cosiddetto Allegato B, che hanno sottoscritto l'impegno di ridurre le emissioni di CO2 entro il 2012 ai livelli del 1990.
La Turchia è tra i fondatori dell'OCSE e in questo gruppo è il paese con il più alto tasso di crescita di emissioni rispetto al 1990 (82%) e il 23imo in assoluto per volume di CO2 prodotto. L'economia turca ha avuto negli ultimi anni una forte crescita e la domanda di energia continua a salire. Attualmente nel paese sono previste o in costruzione 47 nuove centrali a carbone, che aumenterebbero di un ulteriore 50% le emissioni.
Il ministro Eroğlu tuttavia è ottimista e sostiene la capacità della Turchia di entrare a pieno titolo nel nuovo protocollo che nel 2012 sostituirà Kyoto. Fino a quella data Ankara investirà nella lotta ai cambiamenti climatici 58 miliardi di Euro, di cui 15 provenienti dal settore privato. Eroğlu intende fare della Turchia il primo paese al mondo per la riforestazione, con un programma che prevede il rimboschimento di 2.3 miliardi di ettari entro il 2012.
mercoledì 11 febbraio 2009
Il Patto dei Sindaci d'Europa
Ieri al Parlamento Europeo di Bruxelles oltre duecento città d'Europa hanno firmato il Patto dei Sindaci davanti al presidente della Commissione Barroso, al commissario all'energia Piebalgs, al vice presidente del Parlamento Vidal-Quadras e al presidente del Comitato delle Regioni Luc Van Den Brande. Tra le città anche molte capitali come Londra, Madrid, Parigi, Budapest, Amsterdam, Lisbona, Bruxelles, Helsinki.
Il Patto dei Sindaci (Covenant of Mayors) impegna le autorità locali che lo sottoscrivono ad andare oltre gli obiettivi fissati dall'Unione Europea in merito alla riduzione di emissioni di CO2, all'efficienza energetica e alla diffusione delle fonti rinnovabili. In pratica le città firmatarie si pongono come traguardo minimo il pacchetto 20+20+20 approvato dal Consiglio Europeo nel dicembre 2008. Le azioni intraprese dalle amministrazioni locali potranno avere il supporto della Banca Europea per gli Investimenti attraverso il programma Intelligent Energy Europe.
Le città che hanno aderito formalmente al Patto dei Sindaci sono già quasi 400.
Il Patto dei Sindaci (Covenant of Mayors) impegna le autorità locali che lo sottoscrivono ad andare oltre gli obiettivi fissati dall'Unione Europea in merito alla riduzione di emissioni di CO2, all'efficienza energetica e alla diffusione delle fonti rinnovabili. In pratica le città firmatarie si pongono come traguardo minimo il pacchetto 20+20+20 approvato dal Consiglio Europeo nel dicembre 2008. Le azioni intraprese dalle amministrazioni locali potranno avere il supporto della Banca Europea per gli Investimenti attraverso il programma Intelligent Energy Europe.
Le città che hanno aderito formalmente al Patto dei Sindaci sono già quasi 400.
lunedì 9 febbraio 2009
La scoperta dell'acqua calda
In questi ultimi tempi si parla molto di energie rinnovabili, ma se eolico, fotovoltaico, geotermico e altre nuove tecnologie sono sempre più popolari il vecchio solare termico sembra passato in secondo piano.
In realtà il solare termico rimane il sistema più economico e affidabile per produrre acqua calda e i nuovi impianti di riscaldamento inerziale a pavimento o a parete, che funzionano con temperature sotto i 40°, permettono di utilizzarlo come fonte energetica anche in climi temperati.
Una azienda irlandese di County Mayo ha dichiarato di produrre il pannello solare termico più efficiente del mondo. Dopo sei anni di sperimentazioni la Surface Power ha sviluppato un pannello che dovrebbe essere più efficiente del 131% rispetto agli standard quando il sole è basso, ovvero il mattino e la sera, e il 76% a mezzogiorno. In media quindi il pannello Surface Power dovrebbe produrre il doppio di acqua calda rispetto a una installazione standard, il che non migliora solo il rendimento degli impianti ma accorcia della metà i tempi di ammortamento, rendendo l'investimento estremamente interessante.
In realtà il solare termico rimane il sistema più economico e affidabile per produrre acqua calda e i nuovi impianti di riscaldamento inerziale a pavimento o a parete, che funzionano con temperature sotto i 40°, permettono di utilizzarlo come fonte energetica anche in climi temperati.
Una azienda irlandese di County Mayo ha dichiarato di produrre il pannello solare termico più efficiente del mondo. Dopo sei anni di sperimentazioni la Surface Power ha sviluppato un pannello che dovrebbe essere più efficiente del 131% rispetto agli standard quando il sole è basso, ovvero il mattino e la sera, e il 76% a mezzogiorno. In media quindi il pannello Surface Power dovrebbe produrre il doppio di acqua calda rispetto a una installazione standard, il che non migliora solo il rendimento degli impianti ma accorcia della metà i tempi di ammortamento, rendendo l'investimento estremamente interessante.
domenica 8 febbraio 2009
Vita da cani? Niente male
Non posso negare di essere molto oppresso, compresso, depresso dal desolante scenario politico, sia nella mia Ancona che nel panorama nazionale.
Ergo scriverò un post leggerissimo, dedicato al primo hotel con Spa per cani. Si chiama PawPaws ed è stato inaugurato pochi giorni fa a Sidney, in Australia. L'Australia è in testa alle classifiche mondiali con oltre il 40% dei nuclei familiari del paese down under che dichiarano di avere almeno un cane.
PawPaws offre dogsitting quotidiano, ospitalità alberghiera, tosatura e trattamenti di bellezza rigorosamente per quadrupedi. Nella spa ad esempio si può sottoporre l'amato cucciolo a un trattamento disintossicante dove viene "desfoliato con grani di zucchero biologico e semi di vaniglia nera...poi immerso in un bagno di hinoki e zenzero giapponese...infine il pelo viene cosparso di gocce di mandarino verde biologico e ylang ylang per garantire la durata dell'effetto rinfrescante". Tutto questo in un'ora per la modesta somma di 120 dollari australiani, ovvero 62 Euro. Una tosatura base con shampoo e asciugatura costa 65 dollari (34 Euro).
Pernottare per un cane di taglia media costa 75 dollari in camera singola e 112 in doppia, rispettivamente 39 e 58 Euro.
Si raccomanda la prenotazione.
Ergo scriverò un post leggerissimo, dedicato al primo hotel con Spa per cani. Si chiama PawPaws ed è stato inaugurato pochi giorni fa a Sidney, in Australia. L'Australia è in testa alle classifiche mondiali con oltre il 40% dei nuclei familiari del paese down under che dichiarano di avere almeno un cane.
PawPaws offre dogsitting quotidiano, ospitalità alberghiera, tosatura e trattamenti di bellezza rigorosamente per quadrupedi. Nella spa ad esempio si può sottoporre l'amato cucciolo a un trattamento disintossicante dove viene "desfoliato con grani di zucchero biologico e semi di vaniglia nera...poi immerso in un bagno di hinoki e zenzero giapponese...infine il pelo viene cosparso di gocce di mandarino verde biologico e ylang ylang per garantire la durata dell'effetto rinfrescante". Tutto questo in un'ora per la modesta somma di 120 dollari australiani, ovvero 62 Euro. Una tosatura base con shampoo e asciugatura costa 65 dollari (34 Euro).
Pernottare per un cane di taglia media costa 75 dollari in camera singola e 112 in doppia, rispettivamente 39 e 58 Euro.
Si raccomanda la prenotazione.
sabato 7 febbraio 2009
Gadget sostenibili
Il magazine on-line di design Core 77 ha lanciato la seconda edizione del concorso Greener Gadgets. Sono stati selezionati cinquanta progetti di design ecosostenibile, presentati in una galleria web. I visitatori possono commentarli e votarli entro il 20 febbraio. I dieci più votati saranno selezionati per la finale, che si svolgerà a New York il 27 febbraio.
Tra le cinquanta proposte c'è anche un progetto italiano, presentato da Francesco Biasci e Martina Becattini. Si tratta di un computer case costruito con cartone riciclabile e attualmente è al ventiduesimo posto, con 199 preferenze.
I due progetti finora più votati non mi sembrano particolarmente eccellenti. Uno è un contatore del consumo d'acqua da applicare ai rubinetti per avvisare delle quantità utilizzate. Progettato dall'Israeliano Ariel Drach è un oggetto esteticamente poco curato che nessuno di noi vorrebbe nel suo bagno. L'altro, ideato da un pool di professori e studenti dell'Università di Bogotà in Colombia, è un "semaforo ambientale" che fornisce dati sull'inquinamento atmosferico e altri indicatori di qualità urbana.
Tra le cinquanta proposte c'è anche un progetto italiano, presentato da Francesco Biasci e Martina Becattini. Si tratta di un computer case costruito con cartone riciclabile e attualmente è al ventiduesimo posto, con 199 preferenze.
I due progetti finora più votati non mi sembrano particolarmente eccellenti. Uno è un contatore del consumo d'acqua da applicare ai rubinetti per avvisare delle quantità utilizzate. Progettato dall'Israeliano Ariel Drach è un oggetto esteticamente poco curato che nessuno di noi vorrebbe nel suo bagno. L'altro, ideato da un pool di professori e studenti dell'Università di Bogotà in Colombia, è un "semaforo ambientale" che fornisce dati sull'inquinamento atmosferico e altri indicatori di qualità urbana.
venerdì 6 febbraio 2009
L'Europa e l'indipendenza del Kosovo
Il Parlamento Europeo riunito ieri a Strasburgo ha votato una risoluzione che sollecita tutti gli stati membri dell'Unione a riconoscere l'indipendenza del Kosovo. Le nazioni europee che hanno già formalmente accettato il Kosovo indipendente sono 22. All'appello mancano Cipro, Grecia, Romania, Slovacchia e Spagna. Alcuni di questi paesi motivano la loro riluttanza con il timore di mettere in pericolo i buoni rapporti in corso con la Serbia. Altri, Spagna in testa, temono di alimentare propositi di secessioni autonomiste nel proprio territorio.
Il ministro degli esteri della Serbia Vuk Jeremić in una dichiarazione all'emittente B-92 ha definito"inaccettabile" la risoluzione, contestando il diritto del Parlamento Europeo di intromettersi in questioni di politica estera. La Serbia sta con fatica iniziando un processo di avvicinamento all'Unione Europea e la questione kosovara è uno degli elementi centrali per l'avvio dei negoziati con Bruxelles. La risoluzione ha avuto 422 voti a favore, 133 contrari e 24 astenuti e, sempre secondo Jeremić, dimostra come in Europa "non vi sia accordo" sul Kosovo.
Il Kosovo ha da pochi mesi una nuova bandiera (sopra) che vede la sagoma gialla della regione su sfondo blu sovrastata da sei stelle bianche. Molti sostengono che i colori scelti e l'inserimento delle stelle svelano l'ambizione kosovara di un ingresso in Europa. Le sei stelle rappresentano le etnie del paese, ovvero la maggioranza albanese e le cinque minoranze: Roma Egizi e Ashkali (chiamati RAE), Bosniaci, Gorani, Turchi, e Serbi.
Il ministro degli esteri della Serbia Vuk Jeremić in una dichiarazione all'emittente B-92 ha definito"inaccettabile" la risoluzione, contestando il diritto del Parlamento Europeo di intromettersi in questioni di politica estera. La Serbia sta con fatica iniziando un processo di avvicinamento all'Unione Europea e la questione kosovara è uno degli elementi centrali per l'avvio dei negoziati con Bruxelles. La risoluzione ha avuto 422 voti a favore, 133 contrari e 24 astenuti e, sempre secondo Jeremić, dimostra come in Europa "non vi sia accordo" sul Kosovo.
Il Kosovo ha da pochi mesi una nuova bandiera (sopra) che vede la sagoma gialla della regione su sfondo blu sovrastata da sei stelle bianche. Molti sostengono che i colori scelti e l'inserimento delle stelle svelano l'ambizione kosovara di un ingresso in Europa. Le sei stelle rappresentano le etnie del paese, ovvero la maggioranza albanese e le cinque minoranze: Roma Egizi e Ashkali (chiamati RAE), Bosniaci, Gorani, Turchi, e Serbi.
Come muoiono i soldati USA? Suicidi.
L'esercito americano ha diffuso pochi giorni fa i dati definitivi del 2008, con 128 soldati suicidi e altri 15 casi sospetti. A cui si aggiungono i suicidi di 41 marines. Sono le cifre più alte da quando, 28 anni fa, l'esercito ha cominciato a registrarle.
Niente in confronto a quanto appena diffuso dalla CNN per gennaio 2009: ben 24 casi di sospetti suicidi, sette già confermati e gli altri ancora oggetto di inchiesta.
Secondo i dati ufficiali dal Pentagono nel mese di gennaio 2009 i soldati americani missing in action nei contingenti in Iraq e Afghanistan sono stati in totale 16.
Niente in confronto a quanto appena diffuso dalla CNN per gennaio 2009: ben 24 casi di sospetti suicidi, sette già confermati e gli altri ancora oggetto di inchiesta.
Secondo i dati ufficiali dal Pentagono nel mese di gennaio 2009 i soldati americani missing in action nei contingenti in Iraq e Afghanistan sono stati in totale 16.
giovedì 5 febbraio 2009
La via italiana alla Green Economy
Sabato scorso Walter Veltroni ha ilustrato a un convegno degli Ecologisti Democratici le sue proposte per una Green Economy italiana (ecco il testo integrale del suo intervento).
Il governo della destra sta facendo davvero poco in questo settore e Veltroni non ha difficoltà a motivare le critiche all'inerzia dell'esecutivo. Tutta l'Europa sta investendo risorse importanti per il rilancio dell'economia in chiave "verde". Meno l'Italia.
Due giorni fa Bruxelles ha dato il via libera al pacchetto di incentivi proposto dalla Francia, che comprende 500 milioni di Euro di finanziamenti a tasso agevolato (fino al 50% degli interessi) per le aziende che producono rispettando gli standard di qualità ambientale. A Davos tutti i governanti del mondo, a partire dal segretario ONU Ban Ki-moon, hanno messo i temi dell'energia e dei cambiamenti climatici al centro delle loro relazioni. Meno il ministro capoclasse Tremonti, che ha scelto la linea del grillo parlante.
Il Partito Democratico fa quindi benissimo a sollevare una "questione ambientale", presentando una serie di proposte condivisibili e non difficili da attuare, se l'esecutivo lo volesse.
Anche il centrosinistra però non sottolinea abbastanza il ruolo centrale che giocano le città e i territori in un progetto di green economy. Nelle proposte fatte da Veltroni non c'è la possibilità per gli enti locali di investire in energie rinnovabili e risparmio energetico oltre gli angusti limiti del patto di stabilità. Non c'è la possibilità per le città di entrare nei meccanismi economici del protocollo di Kyoto e quindi di contabilizzare la riduzione delle emissioni di CO2 che si può ottenere dalle scelte amministrative locali.
Tra quattro mesi si svolgeranno le elezioni europee, ma anche una fondamentale tornata di elezioni amministrative in cui i temi economici ed energetici avranno una grande importanza. Se il governo di destra continuerà nella sua ottusa e inspiegabile indifferenza verso le priorità globali, da parte sua il centrosinistra non dovrebbe lasciarsi sfuggire questa occasione.
Il governo della destra sta facendo davvero poco in questo settore e Veltroni non ha difficoltà a motivare le critiche all'inerzia dell'esecutivo. Tutta l'Europa sta investendo risorse importanti per il rilancio dell'economia in chiave "verde". Meno l'Italia.
Due giorni fa Bruxelles ha dato il via libera al pacchetto di incentivi proposto dalla Francia, che comprende 500 milioni di Euro di finanziamenti a tasso agevolato (fino al 50% degli interessi) per le aziende che producono rispettando gli standard di qualità ambientale. A Davos tutti i governanti del mondo, a partire dal segretario ONU Ban Ki-moon, hanno messo i temi dell'energia e dei cambiamenti climatici al centro delle loro relazioni. Meno il ministro capoclasse Tremonti, che ha scelto la linea del grillo parlante.
Il Partito Democratico fa quindi benissimo a sollevare una "questione ambientale", presentando una serie di proposte condivisibili e non difficili da attuare, se l'esecutivo lo volesse.
Anche il centrosinistra però non sottolinea abbastanza il ruolo centrale che giocano le città e i territori in un progetto di green economy. Nelle proposte fatte da Veltroni non c'è la possibilità per gli enti locali di investire in energie rinnovabili e risparmio energetico oltre gli angusti limiti del patto di stabilità. Non c'è la possibilità per le città di entrare nei meccanismi economici del protocollo di Kyoto e quindi di contabilizzare la riduzione delle emissioni di CO2 che si può ottenere dalle scelte amministrative locali.
Tra quattro mesi si svolgeranno le elezioni europee, ma anche una fondamentale tornata di elezioni amministrative in cui i temi economici ed energetici avranno una grande importanza. Se il governo di destra continuerà nella sua ottusa e inspiegabile indifferenza verso le priorità globali, da parte sua il centrosinistra non dovrebbe lasciarsi sfuggire questa occasione.
mercoledì 4 febbraio 2009
Isole sostenibili
L'isola di Bonaire fa parte del gruppo di Antille Olandesi situate nella parte meridionale del mar dei Caraibi, a sole 50 miglia dalle coste del Venezuela. E' un posto bellissimo e ancora lontano dalle rotte del turismo di massa. Ci si arriva passando da Curaçao e si trova un isola brulla dai colori accecanti.
Bonaire è il paradiso dei sub, perché l'isola ha gran parte delle coste a picco con fondali profondi fino alla riva ed è in pratica un reef lei stessa. Ci si può immergere direttamente da terra, senza bisogno di barche appoggio.
Presto Bonaire sarà anche la prima isola dei caraibi a utilizzare energia proveniente per il 100% da fonti rinnovabili. Il governo locale ha avviato un programma che prevede l'eliminazione di tutte le fonti di energia alimentate da combustibili fossili e la costruzione di una centrale eolica da 11 MW, una centrale a biodiesel da 14 MW e una riserva di backup da 3,5 MW. Il progetto è gestito da Ecopower Bonaire BV, un consorzio composto dalla olandese Evelop e dalla tedesca Enercon. La sola centrale eolica, composta da 12 generatori da 0,9 MW, copre il fabbisogno di energia dell'intera isola. La centrale biodiesel è stata costruita per garantire stabilità alla rete elettrica ed entro due-tre anni dovrebbe essere alimentata con combustibile ricavato dalle alghe. L'intero sistema energetico carbon-free di Bonaire dovrebbe essere completato entro la fine del 2009.
Bonaire è il paradiso dei sub, perché l'isola ha gran parte delle coste a picco con fondali profondi fino alla riva ed è in pratica un reef lei stessa. Ci si può immergere direttamente da terra, senza bisogno di barche appoggio.
Presto Bonaire sarà anche la prima isola dei caraibi a utilizzare energia proveniente per il 100% da fonti rinnovabili. Il governo locale ha avviato un programma che prevede l'eliminazione di tutte le fonti di energia alimentate da combustibili fossili e la costruzione di una centrale eolica da 11 MW, una centrale a biodiesel da 14 MW e una riserva di backup da 3,5 MW. Il progetto è gestito da Ecopower Bonaire BV, un consorzio composto dalla olandese Evelop e dalla tedesca Enercon. La sola centrale eolica, composta da 12 generatori da 0,9 MW, copre il fabbisogno di energia dell'intera isola. La centrale biodiesel è stata costruita per garantire stabilità alla rete elettrica ed entro due-tre anni dovrebbe essere alimentata con combustibile ricavato dalle alghe. L'intero sistema energetico carbon-free di Bonaire dovrebbe essere completato entro la fine del 2009.
domenica 1 febbraio 2009
Davos sostenibile?
I resoconti della stampa italiana sul Forum di Davos sono stati ricchi di particolari su quanto detto (e poi smentito) dal nostro ministro capoclasse Tremonti.
Pochi accenni invece alle dichiarazioni del segretario generale ONU Ban Ki-moon, che nei due eventi ai quali ha partecipato ha ribadito che "in questi tempi di crisi multiple l'unica vera minaccia esistenziale sono i cambiamenti climatici" che "mettono in discussione tutti i nostri obiettivi di sviluppo e progresso sociale" (ecco il comunicato stampa ufficiale ONU).
Ban Ki-moon ha sottolineato l'importanza di un Green New Deal globale e auspicato una positiva conclusione dei negoziati post-Kyoto il prossimo dicembre a Copenhagen. Il segretario ONU ha anche sottolineato l'importanza del coinvolgimento del settore privato sostenendo l'iniziativa Global Compact e le imprese che hanno sottoscritto il patto Caring for Climate. Secondo Ban Ki-moon investire in una economia sostenibile permetterà di prevenire le crisi e di creare i presupposti di una economia a basse emissioni, basata su nuovi posti di lavoro, energie rinnovabili ed efficienza energetica.
Nel suo discorso di Davos il ministro capoclasse Tremonti non ha nemmeno sfiorato questi temi.
Pochi accenni invece alle dichiarazioni del segretario generale ONU Ban Ki-moon, che nei due eventi ai quali ha partecipato ha ribadito che "in questi tempi di crisi multiple l'unica vera minaccia esistenziale sono i cambiamenti climatici" che "mettono in discussione tutti i nostri obiettivi di sviluppo e progresso sociale" (ecco il comunicato stampa ufficiale ONU).
Ban Ki-moon ha sottolineato l'importanza di un Green New Deal globale e auspicato una positiva conclusione dei negoziati post-Kyoto il prossimo dicembre a Copenhagen. Il segretario ONU ha anche sottolineato l'importanza del coinvolgimento del settore privato sostenendo l'iniziativa Global Compact e le imprese che hanno sottoscritto il patto Caring for Climate. Secondo Ban Ki-moon investire in una economia sostenibile permetterà di prevenire le crisi e di creare i presupposti di una economia a basse emissioni, basata su nuovi posti di lavoro, energie rinnovabili ed efficienza energetica.
Nel suo discorso di Davos il ministro capoclasse Tremonti non ha nemmeno sfiorato questi temi.
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