Approfitto di un'ora di sosta a Parigi per fare il punto sul leak della bozza di accordo sul clima che secondo la Reuters sarebbe stata fatta circolare dal premier danese Rasmussen.
Secondo l'agenzia la Danimarca vorrebbe che il meeting di Copenhagen si concludesse con un accordo politicamente vincolante (politically biding) visto che il vincolo legale è ormai escluso dalle tortuose procedure negoziali delle Nazioni Unite.
Dall'India, fonte iniziale della notizia, arriva il diniego a stabilire un tetto globale alle emissioni al 2025, come sarebbe indicato nella bozza danese. Nel frattempo Connie Hedegaard, futuro commissario europeo al cambiamento climatico e attuale ministro di Danimarca con delega alla COP-15, nega che esista e sia stata fatta circolare una bozza di trattato. "Stiamo discutendo e valutando varie opzioni" ha dichiarato "e i negoziati cominceranno solo la prossima settimana.
Nel frattempo India, Brasile, Sud Africa e China si sono visti a Pechino per scrivere un testo (questo esistente e confermato) di accordo da presentare come G-77 e China, il gruppo dei paesi in via di sviluppo che attualmente è presieduto dal Sudan, presente all'incontro.
E mentre il Dalai Lama a Sidney parla di clima e di docce il premier australiano Kevin Rudd è oggi a Washington per incontrare Obama, con Copenhagen al primo punto dell'agenda. L'Australia discuterà tra pochi gioni al Senato un piano nazionale sul clima e le previsioni sono contrastanti. Un voto negativo potrebbe portare ad elezioni anticipate in primavera, le prime elezioni causate dai cambiamenti climatici.
In Italia la notizia lanciata da Reuters è rimbalzata rapidamente sulle pagine di Repubblica grazie ad Antonio Cianciullo. Ne ha parlato anche Il Sole24Ore e poi i vari blog tematici.
lunedì 30 novembre 2009
Controspionaggio
Oggi la Reuters ha annunciato dalla sua sede in Asia di avere letto in anteprima e in esclusiva una bozza di risoluzione per la conferenza sul clima di Copenhagen redatta dal governo danese.
Ne riparliamo stasera, oggi passo la giornata negli aeroporti.
Ne riparliamo stasera, oggi passo la giornata negli aeroporti.
Le docce del Dalai Lama
Stamattina il Dalai Lama nel corso della sua visita ufficiale a Sidney ha invitato i leader mondiali ad agire concretamente contro il cambiamento climatico, chiedendo nuovi atteggiamenti a livello sia personale che collettivo.
"Nel mio piccolo non uso mai la vasca da bagno ma la doccia e spengo sempre la luce quando esco dalle stanze".
"Nel mio piccolo non uso mai la vasca da bagno ma la doccia e spengo sempre la luce quando esco dalle stanze".
sabato 28 novembre 2009
Barroso due, l'Italia si accontenta
In Italia siamo cosi occupati tra lodi, trans e altre piccolezze che nemmeno il Corriere della Sera trova lo spazio per pubblicare la lista dei 27 componenti la nuova Commissione Europea.
A casa nostra gli articoli distratti sul nuovo governo d'Europa, anche nella stampa di opposizione, commentano con soddisfazione il nuovo portafoglio italiano, con Antonio Tajani che passa dai trasporti a industria e imprenditoria. Bisogna leggere European Voice, succursale di Bruxelles dell'Economist, per sapere che "l'Italia ha ottenuto il ruolo che voleva, anche se la delega appare ai più meno rilevante dell'incarico ai trasporti precedentemente ricoperto da Tajani".
La storia è la solita: le cose succedono, cambiano e il governo italiano è altrove. Non c'è da stupirsi quindi se la Germania si prende l'energia, incarico precedentemente negletto tanto da essere assegnato nel 2005 al lettone Piebalgs. Berlino ha capito che il futuro si gioca sull'energia, anche in termini economici. E il commissario tedesco all'energia Oettinger di certo lavorerà in sintonia con la danese Hedegaard, che come da previsioni ha una delega alla climate action (ambedue sono di centrodestra, by the way). Così poco importa se due delle tradizionali direzioni generali finanziarie vanno a nazioni minori come Belgio e Finlandia. La Gran Bretagna ha già avuto gli esteri con lady Ashton, la Francia si prende il mercato interno con Michel Barnier, la Spagna con Almunia dirige un altro settore cruciale come la concorrenza.
L'Italia di Berlù, arretrata e bigotta, ne esce come si merita.
A casa nostra gli articoli distratti sul nuovo governo d'Europa, anche nella stampa di opposizione, commentano con soddisfazione il nuovo portafoglio italiano, con Antonio Tajani che passa dai trasporti a industria e imprenditoria. Bisogna leggere European Voice, succursale di Bruxelles dell'Economist, per sapere che "l'Italia ha ottenuto il ruolo che voleva, anche se la delega appare ai più meno rilevante dell'incarico ai trasporti precedentemente ricoperto da Tajani".
La storia è la solita: le cose succedono, cambiano e il governo italiano è altrove. Non c'è da stupirsi quindi se la Germania si prende l'energia, incarico precedentemente negletto tanto da essere assegnato nel 2005 al lettone Piebalgs. Berlino ha capito che il futuro si gioca sull'energia, anche in termini economici. E il commissario tedesco all'energia Oettinger di certo lavorerà in sintonia con la danese Hedegaard, che come da previsioni ha una delega alla climate action (ambedue sono di centrodestra, by the way). Così poco importa se due delle tradizionali direzioni generali finanziarie vanno a nazioni minori come Belgio e Finlandia. La Gran Bretagna ha già avuto gli esteri con lady Ashton, la Francia si prende il mercato interno con Michel Barnier, la Spagna con Almunia dirige un altro settore cruciale come la concorrenza.
L'Italia di Berlù, arretrata e bigotta, ne esce come si merita.
venerdì 27 novembre 2009
Dalle città un click per il clima
Il Coordinamento Agende 21 Italia ha lanciato l’iniziativa Clicca per Copenhagen! che vuole coinvolgere gli enti locali italiani in vista del summit mondiale della COP-15.
Collegandosi al sito A21Italy i sindaci, i presidenti e gli altri amministratori degli enti locali italiani possono aderire con un click all’appello indirizzato al ministro invisibile dell'ambiente Stefania Prestigiacomo perché il governo italiano sia trai promotori della sottoscrizione a Copenhagen di un accordo vincolante per il clima.
“Agenda 21 Italia è tra le organizzazioni che a Copenhagen – spiega il presidente Emanuele Burgin – faranno pressione perché si arrivi ad un nuovo accordo vincolante sui cambiamenti climatici. Siamo un’associazione che riunisce enti locali e territoriali di tutta Italia e di tutti gli orientamenti politici, perciò auspichiamo una posizione netta del nostro Governo che, malgrado non sia ancora in regola con gli obiettivi di Kyoto, ha tutto l'interesse ad unirsi alle nazioni che hanno già dichiarato le cifre del loro impegno, a cominciare dagli Stati Uniti, l'Unione Europea e la Cina".
Collegandosi al sito A21Italy i sindaci, i presidenti e gli altri amministratori degli enti locali italiani possono aderire con un click all’appello indirizzato al ministro invisibile dell'ambiente Stefania Prestigiacomo perché il governo italiano sia trai promotori della sottoscrizione a Copenhagen di un accordo vincolante per il clima.
“Agenda 21 Italia è tra le organizzazioni che a Copenhagen – spiega il presidente Emanuele Burgin – faranno pressione perché si arrivi ad un nuovo accordo vincolante sui cambiamenti climatici. Siamo un’associazione che riunisce enti locali e territoriali di tutta Italia e di tutti gli orientamenti politici, perciò auspichiamo una posizione netta del nostro Governo che, malgrado non sia ancora in regola con gli obiettivi di Kyoto, ha tutto l'interesse ad unirsi alle nazioni che hanno già dichiarato le cifre del loro impegno, a cominciare dagli Stati Uniti, l'Unione Europea e la Cina".
Fotovoltaico in svendita
Chi vuole investire o comunque essere costantemente aggiornato sugli aspetti economici dell'energia pulita consulta con frequenza New Energy Finance. Gli analisti del gruppo di consulenza americano hanno pubblicato un report che certifica come alla fine del 2009 il prezzo di un pannello solare fotovoltaico sarà la metà dell'anno prima.
Il dato è importante perché conferma una tendenza che in tempi brevi potrebbe rendere il solare fotovoltaico competitivo rispetto alle fonti energetiche tradizionali anche senza sovvenzioni pubbliche.
Il dato è importante perché conferma una tendenza che in tempi brevi potrebbe rendere il solare fotovoltaico competitivo rispetto alle fonti energetiche tradizionali anche senza sovvenzioni pubbliche.
Copenhagen, Berlusconi forse
"Ritengo che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sarà presente a Copenaghen". Secondo quanto riportato dall'ANSA lo avrebbe detto il ministro invisibile dell'ambiente Stefania Prestigiacomo nel corso di una audizione della commissione ambiente della Camera.
giovedì 26 novembre 2009
Copenhagen, c'è anche la Cina
L'agenzia stampa di stato Xinhua ha diffuso oggi la notizia che il Consiglio di Stato della Cina ha approvato un programma di riduzione delle emissioni di CO2 del 40-45% entro il 2020, partendo dai dati del 2005.
Un bel botto che segue di poche ore l'annuncio di Barack Obama.
Secondo Xinhua il portavoce del Consiglio di Stato ha dichiarato che si tratta di "una azione volontaria basata sulle nostre condizioni nazionali."
Va chiarito che la riduzione annunciata non è assoluta, ma è riferita alla energia necessaria per una unità di PIL. Questo significa che con i tassi di crescita della Cina il totale delle emissioni del paese è comunque destinato a salire, ma con una tendenza molto più ridotta dell'attuale.
La Cina utilizzerà le energie rinnovabili e il nucleare per arrivare al 15% di produzione di energia primaria con combustibili non fossili entro il 2020. Entro la stessa data pianterà 40 milioni di ettari di boschi.
Il comunicato aggiunge che la Cina "in qualità di nazione responsabile in via di sviluppo auspica una concertazione globale degli interventi per fronteggiare i cambiamenti climatici attraverso una cooperazione internazionale pragmatica ed efficace". Si fa anche riferimento alla Bali Roadmap e al principio delle "responsabilità comuni ma differenziate" concludendo con l'auspicio che la COP-15 di Copenhagen porti risultati importanti nei settori della mitigazione e dell'adattamento ai cambiamenti climatici, della diffusione e trasferimento delle tecnologie e dei meccanismi finanziari, cioè i quattro pilastri del dopo-Kyoto.
Sempre oggi il premier cinese Wen Jiabao (foto) ha annunciato che parteciperà alla sessione di Copenhagen. Un portavoce ha dichiarato che la presenza alla COP-15 di Wen Jiabao "dimostra l'importanza che il governo cinese attribuisce al tema e la volontà di cooperare con la comunità internazionale".
Un bel botto che segue di poche ore l'annuncio di Barack Obama.
Secondo Xinhua il portavoce del Consiglio di Stato ha dichiarato che si tratta di "una azione volontaria basata sulle nostre condizioni nazionali."
Va chiarito che la riduzione annunciata non è assoluta, ma è riferita alla energia necessaria per una unità di PIL. Questo significa che con i tassi di crescita della Cina il totale delle emissioni del paese è comunque destinato a salire, ma con una tendenza molto più ridotta dell'attuale.
La Cina utilizzerà le energie rinnovabili e il nucleare per arrivare al 15% di produzione di energia primaria con combustibili non fossili entro il 2020. Entro la stessa data pianterà 40 milioni di ettari di boschi.
Il comunicato aggiunge che la Cina "in qualità di nazione responsabile in via di sviluppo auspica una concertazione globale degli interventi per fronteggiare i cambiamenti climatici attraverso una cooperazione internazionale pragmatica ed efficace". Si fa anche riferimento alla Bali Roadmap e al principio delle "responsabilità comuni ma differenziate" concludendo con l'auspicio che la COP-15 di Copenhagen porti risultati importanti nei settori della mitigazione e dell'adattamento ai cambiamenti climatici, della diffusione e trasferimento delle tecnologie e dei meccanismi finanziari, cioè i quattro pilastri del dopo-Kyoto.
Sempre oggi il premier cinese Wen Jiabao (foto) ha annunciato che parteciperà alla sessione di Copenhagen. Un portavoce ha dichiarato che la presenza alla COP-15 di Wen Jiabao "dimostra l'importanza che il governo cinese attribuisce al tema e la volontà di cooperare con la comunità internazionale".
Piste poco ciclabili
Il sito web del Guardian ha un Bike blog molto vivace e frequentato, dedicato interamente alle biciclette e ai ciclisti.
I curatori del blog hanno pubblicato una galleria fotografica intitolata Le peggiori piste ciclabili del mondo dove hanno inserito alcuni casi esilaranti, come quello della foto sopra in cui i ciclisti dovrebbero spiaccicarsi contro i pali della luce.
Il Guardian ha chiesto ai lettori di segnalare altre perle aggiungendo le foto ad un gruppo appositamente creato su Flickr, dove sono state già postate 112 foto.
I curatori del blog hanno pubblicato una galleria fotografica intitolata Le peggiori piste ciclabili del mondo dove hanno inserito alcuni casi esilaranti, come quello della foto sopra in cui i ciclisti dovrebbero spiaccicarsi contro i pali della luce.
Il Guardian ha chiesto ai lettori di segnalare altre perle aggiungendo le foto ad un gruppo appositamente creato su Flickr, dove sono state già postate 112 foto.
mercoledì 25 novembre 2009
Copenhagen, Obama c'è
La Casa Bianca ha diffuso oggi la notizia che Barack Obama parteciperà alla COP-15 di Copenhagen. Obama sarà al summit sul clima mercoledì 9 dicembre, una delle prime giornate delle due settimane di vertice. Il giorno successivo il presidente USA si sposterà ad Oslo per ricevere il premio Nobel per la pace.
L'arrivo di Obama a Copenhagen non era affatto sicuro e di certo non atteso nella prima settimana della COP-15, che invece prevede la presenza dei leader da mercoledì 16 a venerdì 18 nel cosiddetto High Level Segment, in cui sono in programma gli interventi dei capi di stato o dei loro delegati.
La presenza di Obama è ovviamente molto importante per gli esiti della conferenza e il fatto che il presidente americano parlerà nei primi giorni potrà incasinare il protocollo ma di certo influirà sui negoziati in corso. L'amministrazione USA aveva dichiarato che il presidente avrebbe preso parte alla COP-15 solo nel caso che fosse raggiunto un accordo di alto livello. Con la mossa di presenziare nei primi giorni Obama non arriverà ad accordo fatto, ma potrebbe contribuire in modo sostanziale a conseguirlo. Una bella risposta a tutti i gufi che avevano già liquidato Copenhagen come un meeting senza risultati. Anche perché gli USA, oltre alla presenza del loro presidente, hanno confermato la volonta dell'America di ridurre le emissioni, dando finalmente delle cifre sulla riduzione delle emissioni di CO2: 17% al 2020, 42% al 2030, 82% al 2050. Obiettivi che, sottolinea la Casa Bianca, sono "in linea con i progetti di legge attualmente in itinere alla camera e al senato" e saranno attuati "nel contesto di un accordo che comprenda robuste misure di mitigazione da parte della Cina e delle altre nazioni emergenti" (leggi il comunicato ufficiale). In effetti il Climate Bill approvato dalla Camera dei Rappresentanti è in linea con gli obiettivi enunciati oggi da Obama, ma l'approvazione del provvedimento da parte del Senato non è affatto scontata.
Gli Americani sono molto concreti, così oggi Carol Browner, che è assistente di Obama per l'energia e i cambiamenti climatici, ha quantificato il raggiungimento degli obiettivi annunciati dal presidente Obama in una spesa media di 173 $ l'anno per una famiglia americana di quattro persone.
L'arrivo di Obama a Copenhagen non era affatto sicuro e di certo non atteso nella prima settimana della COP-15, che invece prevede la presenza dei leader da mercoledì 16 a venerdì 18 nel cosiddetto High Level Segment, in cui sono in programma gli interventi dei capi di stato o dei loro delegati.
La presenza di Obama è ovviamente molto importante per gli esiti della conferenza e il fatto che il presidente americano parlerà nei primi giorni potrà incasinare il protocollo ma di certo influirà sui negoziati in corso. L'amministrazione USA aveva dichiarato che il presidente avrebbe preso parte alla COP-15 solo nel caso che fosse raggiunto un accordo di alto livello. Con la mossa di presenziare nei primi giorni Obama non arriverà ad accordo fatto, ma potrebbe contribuire in modo sostanziale a conseguirlo. Una bella risposta a tutti i gufi che avevano già liquidato Copenhagen come un meeting senza risultati. Anche perché gli USA, oltre alla presenza del loro presidente, hanno confermato la volonta dell'America di ridurre le emissioni, dando finalmente delle cifre sulla riduzione delle emissioni di CO2: 17% al 2020, 42% al 2030, 82% al 2050. Obiettivi che, sottolinea la Casa Bianca, sono "in linea con i progetti di legge attualmente in itinere alla camera e al senato" e saranno attuati "nel contesto di un accordo che comprenda robuste misure di mitigazione da parte della Cina e delle altre nazioni emergenti" (leggi il comunicato ufficiale). In effetti il Climate Bill approvato dalla Camera dei Rappresentanti è in linea con gli obiettivi enunciati oggi da Obama, ma l'approvazione del provvedimento da parte del Senato non è affatto scontata.
Gli Americani sono molto concreti, così oggi Carol Browner, che è assistente di Obama per l'energia e i cambiamenti climatici, ha quantificato il raggiungimento degli obiettivi annunciati dal presidente Obama in una spesa media di 173 $ l'anno per una famiglia americana di quattro persone.
martedì 24 novembre 2009
Connie va in Europa
Il primo ministro danese Lars Løkke Rasmussen ha ufficializzato oggi la nomina di Connie Hedegaard nella prossima Commissione Europea.
La Hedegaard (49) è attualmente ministro di Danimarca con delega al clima e all'energia ed è il referente politico per l'organizzazione della COP-15.
Da oggi Connie Hedegaard lascerà il suo ministero per rimanere fino al nuovo anno nel governo danese con la sola responsabilità della COP-15. Il nuovo ministro per clima e energia sarà un'altra donna: Lykke Friis, già prorettore dell'università di Copenhagen.
La nomina non è inaspettata, anche se politicamente non banale visto che la Hedegaard fa parte del partito conservatore, che nella coalizione di governo danese è largamente minoritario rispetto al partito liberale del premier Rasmussen. La Hedegaard è un'altro esempio di come le politiche sul clima siano patrimonio rivendicato anche dalla destra europea, alla quale la bigotta e provinciale destra italiana non riesce ad allinearsi, distinguendosi ancora una volta per il peggio.
Molto probabilmente Connie Hedegaard sarà il primo commissario europeo all'energia, dicastero che il presidente Barroso ha più volte dichiarato di avere intenzione di istituire.
La Hedegaard (49) è attualmente ministro di Danimarca con delega al clima e all'energia ed è il referente politico per l'organizzazione della COP-15.
Da oggi Connie Hedegaard lascerà il suo ministero per rimanere fino al nuovo anno nel governo danese con la sola responsabilità della COP-15. Il nuovo ministro per clima e energia sarà un'altra donna: Lykke Friis, già prorettore dell'università di Copenhagen.
La nomina non è inaspettata, anche se politicamente non banale visto che la Hedegaard fa parte del partito conservatore, che nella coalizione di governo danese è largamente minoritario rispetto al partito liberale del premier Rasmussen. La Hedegaard è un'altro esempio di come le politiche sul clima siano patrimonio rivendicato anche dalla destra europea, alla quale la bigotta e provinciale destra italiana non riesce ad allinearsi, distinguendosi ancora una volta per il peggio.
Molto probabilmente Connie Hedegaard sarà il primo commissario europeo all'energia, dicastero che il presidente Barroso ha più volte dichiarato di avere intenzione di istituire.
Ma la Bertolasocrazia resta
Il 10 novembre Guido Bertolaso ha annunciato che alla fine dell'anno andrà in pensione approfittando della legge "anti fannulloni" del ministro Brunetta che consente un prepensionamento per i funzionari statali (Bertolaso ha solo 59 anni).
Non so cosà farà Bertolaso e francamente non mi interessa. Qualcuno dice il ministro, altri il presidente della Roma calcio. C'è chi giura che mollerà Berlù e si riaccaserà con Rutelli e Casini. Nelle Marche la destra ha persino sperato di candidarlo alla presidenza della regione, anche se non è chiaro che cosa lo leghi al territorio.
Negli ultimi dieci anni Guido Bertolaso è diventato l'uomo degli eventi straordinari. Dal Giubileo al terremoto in Abruzzo, dai mondiali di nuoto ai rifiuti in Campania. In tutte le piccole e grandi occasioni in cui è stato chiamato a svolgere il ruolo di commissario Bertolaso ha agito con pieni poteri, scavalcando l'intricato e bizantino complesso legislativo nazionale. Mentre i governi di destra e di sinistra emanavano successive versioni del codice degli appalti, rendendo sempre più complessa e tortuosa la gestione dei lavori pubblici, Bertolaso affidava serenamente commesse per milioni, come nel caso della ristrutturazione de La Maddalena in vista del G8 poi spostato a L'Aquila.
La gestione di Bertolaso dei grandi eventi, più o meno catastrofici, è il tema dell'articolo di ieri di Alberto Statera su Affari e Finanza, il supplemento de La Repubblica. Statera cità la definizione Bertolasocrazia coniata da Giuliano Amato in una intervista nella quale descriveva l'agonia del parlamento italiano. La maggior parte delle leggi approvate in parlamento sono solo conversioni di decreti di inziativa del governo. E quando le leggi si fanno basta nominare un commissario per renderle inapplicabili.
La gestione commissariale ha un senso nell'emergenza dei disastri ma diventa uno strumento opaco quando applicata alle grandi opere pubbliche o all'organizzazione di eventi. Ma la prassi ormai è quella di superare i recinti normativi invocando fretta e stato di necessità, e allora vai con il commissario.
Bertolaso andrà in pensione presto, ma purtroppo la Bertolasocrazia resterà come prassi consolidata di un paese che produce norme che preferisce non applicare.
Non so cosà farà Bertolaso e francamente non mi interessa. Qualcuno dice il ministro, altri il presidente della Roma calcio. C'è chi giura che mollerà Berlù e si riaccaserà con Rutelli e Casini. Nelle Marche la destra ha persino sperato di candidarlo alla presidenza della regione, anche se non è chiaro che cosa lo leghi al territorio.
Negli ultimi dieci anni Guido Bertolaso è diventato l'uomo degli eventi straordinari. Dal Giubileo al terremoto in Abruzzo, dai mondiali di nuoto ai rifiuti in Campania. In tutte le piccole e grandi occasioni in cui è stato chiamato a svolgere il ruolo di commissario Bertolaso ha agito con pieni poteri, scavalcando l'intricato e bizantino complesso legislativo nazionale. Mentre i governi di destra e di sinistra emanavano successive versioni del codice degli appalti, rendendo sempre più complessa e tortuosa la gestione dei lavori pubblici, Bertolaso affidava serenamente commesse per milioni, come nel caso della ristrutturazione de La Maddalena in vista del G8 poi spostato a L'Aquila.
La gestione di Bertolaso dei grandi eventi, più o meno catastrofici, è il tema dell'articolo di ieri di Alberto Statera su Affari e Finanza, il supplemento de La Repubblica. Statera cità la definizione Bertolasocrazia coniata da Giuliano Amato in una intervista nella quale descriveva l'agonia del parlamento italiano. La maggior parte delle leggi approvate in parlamento sono solo conversioni di decreti di inziativa del governo. E quando le leggi si fanno basta nominare un commissario per renderle inapplicabili.
La gestione commissariale ha un senso nell'emergenza dei disastri ma diventa uno strumento opaco quando applicata alle grandi opere pubbliche o all'organizzazione di eventi. Ma la prassi ormai è quella di superare i recinti normativi invocando fretta e stato di necessità, e allora vai con il commissario.
Bertolaso andrà in pensione presto, ma purtroppo la Bertolasocrazia resterà come prassi consolidata di un paese che produce norme che preferisce non applicare.
lunedì 23 novembre 2009
Agolo
Agolo in Yoruba significa per favore ed è il titolo del pezzo più famoso di Angelique Kidjo, cantante del Benin da sempre attenta ai temi della solidarietà e dell'ambiente, tanto da essere dal 2002 ambasciatrice dell'UNICEF.
Angelique, che nel 2008 ha vinto un Grammy Award per il migliore album di world music, oggi presta la sua voce alla campagna delle Nazioni Unite Seal the Deal, che invita i leader mondiali a siglare alla COP-15 di Copenhagen il nuovo trattato sui cambiamenti climatici.
Così ecco pubblicato sulla pagina UNEP di YouTube il video di una nuova versione di Agolo, dove il per favore è indirizzato a chi sta mettendo a rischio la ratifica del nuovo protocollo sul clima.
Angelique, che nel 2008 ha vinto un Grammy Award per il migliore album di world music, oggi presta la sua voce alla campagna delle Nazioni Unite Seal the Deal, che invita i leader mondiali a siglare alla COP-15 di Copenhagen il nuovo trattato sui cambiamenti climatici.
Così ecco pubblicato sulla pagina UNEP di YouTube il video di una nuova versione di Agolo, dove il per favore è indirizzato a chi sta mettendo a rischio la ratifica del nuovo protocollo sul clima.
La musica che fa muovere
Il sito Ecouterre è nato qualche mese fa da una costola di Inhabitat e si occupa di avanguardia nella moda e nel settore tessile, sempre in una prospettiva sostenibile.
Tra gli ultimi post c'è la segnalazione dei "pantaloni da ballo" (dancepants) presentati da due designer della Lituania al concorso Green Life di Designboom.
Sostenibilitalia si era già occupata del concorso Green Life segnalando il progetto vincitore, la Murakami Chair dell'americano Rochus Jacob.
Questi dancepants sono arrivati nel ristretto gruppo dei finalisti scelti tra 3709 progetti. L'idea è semplice: un lettore MP3 posizionato nel girovita dei pantaloni è collegato a una piccola dinamo collocata nella caviglia. Il movimento cinetico carica il lettore e permette di ascoltare la musica. Da fermi l'MP3 torna silenzioso. Secondo i progettisti l'attrezzo "è il modo migliore per rendersi conto della propria energia". E di certo non si corre il rischio che di trovarsi con le pile scariche a metà corsa.
You got to keep moving if you want to keep grooving.
Tra gli ultimi post c'è la segnalazione dei "pantaloni da ballo" (dancepants) presentati da due designer della Lituania al concorso Green Life di Designboom.
Sostenibilitalia si era già occupata del concorso Green Life segnalando il progetto vincitore, la Murakami Chair dell'americano Rochus Jacob.
Questi dancepants sono arrivati nel ristretto gruppo dei finalisti scelti tra 3709 progetti. L'idea è semplice: un lettore MP3 posizionato nel girovita dei pantaloni è collegato a una piccola dinamo collocata nella caviglia. Il movimento cinetico carica il lettore e permette di ascoltare la musica. Da fermi l'MP3 torna silenzioso. Secondo i progettisti l'attrezzo "è il modo migliore per rendersi conto della propria energia". E di certo non si corre il rischio che di trovarsi con le pile scariche a metà corsa.
You got to keep moving if you want to keep grooving.
sabato 21 novembre 2009
Il giorno del gabinetto
Due giorni fa, giovedì 19 novembre si è celebrato il World Toilet Day o Giorno del Gabinetto.
Il World Toilet Day vuole portare l'attenzione del mondo sui 2.6 miliardi di persone, di cui 980mila bambini, che non hanno accesso ai servizi igienici e al milione e 800mila che muoiono ogni anno per mancanza di igiene, per la maggior parte nei primi anni di vita. Ma la World Toilet Organization sottolinea come anche nel ricco mondo occidentale i servizi igienici siano ancora un problema, dalla scarsa pulizia dei bagni pubblici all'inquinamento prodotto dai sistemi fognari inefficienti.
Dimezzare il numero di abitanti della terra che non hanno accesso ai servizi igienici era uno degli obiettivi fissati nel 2004 al World Summit delle Nazioni Unite di Johannesburg. La mancanza di servizi igienici e fognature e la prima causa di mortalità infantile. Nel mondo muoiono di diarrea 5000 bambini al giorno, cinque volte quanti ne uccide l'HIV/AIDS.
Il World Toilet Day vuole portare l'attenzione del mondo sui 2.6 miliardi di persone, di cui 980mila bambini, che non hanno accesso ai servizi igienici e al milione e 800mila che muoiono ogni anno per mancanza di igiene, per la maggior parte nei primi anni di vita. Ma la World Toilet Organization sottolinea come anche nel ricco mondo occidentale i servizi igienici siano ancora un problema, dalla scarsa pulizia dei bagni pubblici all'inquinamento prodotto dai sistemi fognari inefficienti.
Dimezzare il numero di abitanti della terra che non hanno accesso ai servizi igienici era uno degli obiettivi fissati nel 2004 al World Summit delle Nazioni Unite di Johannesburg. La mancanza di servizi igienici e fognature e la prima causa di mortalità infantile. Nel mondo muoiono di diarrea 5000 bambini al giorno, cinque volte quanti ne uccide l'HIV/AIDS.
venerdì 20 novembre 2009
Jeanne-Claude, 1935-2009
Jeanne-Claude Denat de Guillebon è morta a New York a 74 anni per le complicazioni di un aneurisma celebrale. Assieme a Christo Vladimirov Javašev formava dal 1958 la coppia più famosa della Land Art. Christo e Jeanne-Claude erano nati lo stesso anno e lo stesso giorno e, secondo loro, anche la stessa ora, uno in Bulgaria e l'altra in Marocco.
Ecco la comunicazione sul sito ufficiale di Christo e Jeanne-Claude.
Christo ha ricevuto le condoglianze del sindaco di New York Bloomberg e ha dichiarato che, seguendo il patto siglato con Jean Claude, continuerà il lavoro artistico della coppia. I progetti in corso sono due, uno in Colorado e l'altro negli Emirati Arabi. Negli Emirati sarà realizzata una Mastaba, che in arabo significa panchina, di 300 per 225 metri,alta 150 e costituita da circa 410.000 barili di petrolio posati orizzontalmente.
Ecco la comunicazione sul sito ufficiale di Christo e Jeanne-Claude.
Christo ha ricevuto le condoglianze del sindaco di New York Bloomberg e ha dichiarato che, seguendo il patto siglato con Jean Claude, continuerà il lavoro artistico della coppia. I progetti in corso sono due, uno in Colorado e l'altro negli Emirati Arabi. Negli Emirati sarà realizzata una Mastaba, che in arabo significa panchina, di 300 per 225 metri,alta 150 e costituita da circa 410.000 barili di petrolio posati orizzontalmente.
Stampa libera e indipendente
Oggi il Giornale del presidente del consiglio continua la campagna di "fuoco amico" contro Fini & Co. e se la prende con Flavia Perina, deputato e direttore del Secolo d'Italia.
Oltre D'Alema/2
Qualcuno sostiene che un anno fa re Alberto del Belgio abbia dovuto faticare parecchio per convincere Herman Van Rompuy ad accettare la carica di primo ministro. Da ieri Van Rompuy (62) è il primo presidente dell'Unione Europea, nuovo ruolo creato dopo la tribolata ratifica del trattato di Lisbona.
Herman Van Rompuy (a destra nella foto) viene descritto come un uomo schivo, con 35 anni di carriera politica alle spalle che lo hanno reso un paziente e abile mediatore. Qualcuno lo accusa di essere un po "matusa", malgrado gestica una sua pagina su facebook (niente amici, solo fan e per ora pochini, meno di mille) e anche un blog personale (in fiammingo...).
Catherine Ashton, baronessa di Upholland in Lancashire, Cathy per gli amici (53), ha sostituito Peter Mandelson nel ruolo di commissario europeo al commercio il 6 ottobre 2008. In questo anno di lavoro la Ashton ha dimostrato grandi capacità, concludendo un accordo commerciale Europa/Corea del Sud e avviandone un'altro di grande rilievo con il Canada. Entro pochi giorni dovrebbe essere in grado di chiudere anche la più annosa disputa commerciale dell'Europa, quella che riguarda il trattamento privilegiato delle banane che vengono importate dalle ex-colonie. Insomma Catherine (a sinistra nella foto) è in gamba e tutti sono convinti che farà bene, anche se i perfidi sottolineano come non sia stata mai eletta ma solo nominata nei suoi incarichi. La Ashton, sposata con due figli, è brutta come solo una brutta donna inglese riesce ad essere, ma pazienza. In fondo nemmeno Massimo D'Alema è un adone.
La stampa europea non ha gradito le nomine. Il Financial Times, già citato nel post precedente, ricorda la vecchia domanda di Henry Kissinger ("Chi devo chiamare se devo parlare con l'Europa?") e si domanda se il nuovo presidente avra l'autorevolezza per imporsi nel ruolo. El Pais scrive senza mezzi termini che "due sconosciuti guideranno l'Europa". Il Guardian rimpiange Blair alla presidenza e definisce "oscura" la Ashton. Liberation si chiede "ma perché loro?" e definisce Van Rompuy "un presidente decorativo". Da parte sua Le Monde intervista l'ex premier Michel Rocard che giudica il tandem Van Rompuy- Ashton "una scelta sbagliata".
Le nomine in realtà non sono cosi sorprendenti. Per cominciare i due ruoli andavano divisi tra popolari e socialisti. Poi era salita alla ribalta la questione di genere, visto che Barroso nominerà una commissione con pochissime donne (vedi post della scorsa settimana) e si erano già alzate le vibrate proteste femminili, a partire dalle vicepresidenti uscenti Margot Wallstrom e Diana Wallis.
Serpeggiava anche un profondo malumore degli stati minori, ostili a consegnare la presidenza a una delle potenze continentali, con la conseguenza di un ridimensionamento del ruolo della Commissione di Barroso. E questo ha tagliato fuori Blair lasciando la presidenza a un candidato di basso profilo come Van Rompuy. A questo punto però la Gran Bretagna andava risarcita con la seconda poltrona, che però non poteva essere destinata a Miliband per le note questioni di genere. Ed ecco quindi spuntare la baronessa che ha riportato D'Alema nel suo ufficio di Italianieuropei.
Herman Van Rompuy (a destra nella foto) viene descritto come un uomo schivo, con 35 anni di carriera politica alle spalle che lo hanno reso un paziente e abile mediatore. Qualcuno lo accusa di essere un po "matusa", malgrado gestica una sua pagina su facebook (niente amici, solo fan e per ora pochini, meno di mille) e anche un blog personale (in fiammingo...).
Catherine Ashton, baronessa di Upholland in Lancashire, Cathy per gli amici (53), ha sostituito Peter Mandelson nel ruolo di commissario europeo al commercio il 6 ottobre 2008. In questo anno di lavoro la Ashton ha dimostrato grandi capacità, concludendo un accordo commerciale Europa/Corea del Sud e avviandone un'altro di grande rilievo con il Canada. Entro pochi giorni dovrebbe essere in grado di chiudere anche la più annosa disputa commerciale dell'Europa, quella che riguarda il trattamento privilegiato delle banane che vengono importate dalle ex-colonie. Insomma Catherine (a sinistra nella foto) è in gamba e tutti sono convinti che farà bene, anche se i perfidi sottolineano come non sia stata mai eletta ma solo nominata nei suoi incarichi. La Ashton, sposata con due figli, è brutta come solo una brutta donna inglese riesce ad essere, ma pazienza. In fondo nemmeno Massimo D'Alema è un adone.
La stampa europea non ha gradito le nomine. Il Financial Times, già citato nel post precedente, ricorda la vecchia domanda di Henry Kissinger ("Chi devo chiamare se devo parlare con l'Europa?") e si domanda se il nuovo presidente avra l'autorevolezza per imporsi nel ruolo. El Pais scrive senza mezzi termini che "due sconosciuti guideranno l'Europa". Il Guardian rimpiange Blair alla presidenza e definisce "oscura" la Ashton. Liberation si chiede "ma perché loro?" e definisce Van Rompuy "un presidente decorativo". Da parte sua Le Monde intervista l'ex premier Michel Rocard che giudica il tandem Van Rompuy- Ashton "una scelta sbagliata".
Le nomine in realtà non sono cosi sorprendenti. Per cominciare i due ruoli andavano divisi tra popolari e socialisti. Poi era salita alla ribalta la questione di genere, visto che Barroso nominerà una commissione con pochissime donne (vedi post della scorsa settimana) e si erano già alzate le vibrate proteste femminili, a partire dalle vicepresidenti uscenti Margot Wallstrom e Diana Wallis.
Serpeggiava anche un profondo malumore degli stati minori, ostili a consegnare la presidenza a una delle potenze continentali, con la conseguenza di un ridimensionamento del ruolo della Commissione di Barroso. E questo ha tagliato fuori Blair lasciando la presidenza a un candidato di basso profilo come Van Rompuy. A questo punto però la Gran Bretagna andava risarcita con la seconda poltrona, che però non poteva essere destinata a Miliband per le note questioni di genere. Ed ecco quindi spuntare la baronessa che ha riportato D'Alema nel suo ufficio di Italianieuropei.
giovedì 19 novembre 2009
Oltre D'Alema
Il web e la stampa sono affollati di commenti sulle nomine di Herman Van Rompuy a presidente e della baronessa Cathy Ashton (foto) ad alto rappresentate per la politica estera dell'Unione Europea.
Il più caustico è il Financial Times, dove George Parker scrive: "il mese scorso il ministro degli esteri inglese David Milliband disse che l'Europa aveva bisogno di un presidente in grado di 'fermare il traffico' a Washington e a Pechino. Giovedi sera i leader dell'Unione Europea hanno nominato un presidente e una responsabile della politica estera che farebbero fatica a fermare il traffico nelle loro città natali".
Il più caustico è il Financial Times, dove George Parker scrive: "il mese scorso il ministro degli esteri inglese David Milliband disse che l'Europa aveva bisogno di un presidente in grado di 'fermare il traffico' a Washington e a Pechino. Giovedi sera i leader dell'Unione Europea hanno nominato un presidente e una responsabile della politica estera che farebbero fatica a fermare il traffico nelle loro città natali".
mercoledì 18 novembre 2009
domenica 15 novembre 2009
Perché Copenhagen resta cruciale
Una parte della stampa mondiale ha diffuso oggi articoli allarmati e allarmanti sulla decisione di non raggiungere un accordo mondiale definitivo sul clima alla prossima COP-15 di Copenhagen. In Italia ad esempio lo ha fatto Repubblica, che parla addirittura di "vertice declassato".
Tutto nasce dagli esiti del summit Asia Pacific Economic Cooperation concluso oggi a Singapore (foto e dichiarazione finale del meeting). Questa mattina a Singapore i leader di Stati Uniti, Cina, Giappone, Russia, Messico, Australia e Indonesia si sono incontrati con il premier danese Rasmussen, arrivato per l'occasione. "Valutato il fattore tempo e viste le posizioni delle singole nazioni nelle settimane che restano dovremo concentrarci su ciò che possiamo fare e non farci distrarre da quello che non è possibile" ha detto Rasmussen aggiungendo che "l'accordo di Copenhagen dovrà affidare un mandato per continuare i negoziati e fissare una data per la loro conclusione".
I punti controversi restano quelli che Sostenibilitalia ha già descritto in precedenti post: stabilire i limiti di emissione per i paesi OCSE e quelli emergenti e quantificare l'intervento economico dei paesi industrializzati per finanziare la riconversione energetica nelle nazioni in via di sviluppo. Sapevamo da tempo che questo non sarebbe stato deciso a Copenhagen, dove in ogni caso i bizantini regolamenti ONU impedivano di ratificare un impegno formale o legally binding, termine usato nei tavoli negoziali. Ecco perché non trovo tragiche le notizie che arrivano da Singapore, che non fanno che confermare quanto già circolava nei corridoi.
Gli esiti interlocutori delle sessioni di negoziati di Bonn, Bangkok e Barcellona degli ultimi sei mesi avevano chiarito che il miglior risultato realisticamente possibile alla COP-15 sarà un high level agreement, da ratificare in un secondo momento. Da tempo si parla di una "COP 15 e mezzo" o COP 15.5 che potrebbe svolgersi a metà 2010, presumibilmente a Bonn in giugno, e che dovrebbe esserre il punto di arrivo del mandato breve affidato a Copenhagen. Questa soluzione sembra già migliore di quella che circolava mesi fa, quando i pessimisti rimandavano il tutto alla COP-16 in Messico a dicembre 2010.
Ieri intanto Sarkozy e Lula hanno annunciato un accordo importante sui temi del clima. La Francia ha confermato la volontà di ridurre le emissioni dei paesi industrializzati dell'80% entro il 2050, il Brasile ha annunciato che ridurrà le emissioni di gas serra tra il 36,1 e il 38,9% entro il 2020. Sarkozy ha anche detto di voler prendere parte al vertice del Commonwealth a Tobago per cercare proseliti nell'universo post coloniale inglese, che per un Francese è uno sforzo non da poco.
In tutto questo naturalmente pesano ruoli e ambizioni politiche. La Francia vuole mantenere una leadership europea, con posizioni che scavalcano quele tedesche e inglesi. Obama non può sbilanciarsi prima del passaggio del climate bill al senato americano, che però lo voterà solo il prossimo anno. In oriente la Cina sta investendo molto più dell'occidente sulla riconversione ma politicamente non cede sulla differenza tra paesi industrializzati e in via di sviluppo. La Danimarca spera ancora che l'accordo post-Kyoto possa chiamarsi Protocollo di Copenhagen e cerca di mediare tra i grandi protagonisti per battezzare il patto. L'Italia ha troppo da fare per evitare i processi al premier per occuparsi di questi dettagli.
La cosa più importante - ha detto giorni fa Al Gore al Washington Post - è che gli esiti di Copenhagen siano percepiti come un'importante passo avanti. Su questo io continuo ad essere moderatamente ottimista.
Tutto nasce dagli esiti del summit Asia Pacific Economic Cooperation concluso oggi a Singapore (foto e dichiarazione finale del meeting). Questa mattina a Singapore i leader di Stati Uniti, Cina, Giappone, Russia, Messico, Australia e Indonesia si sono incontrati con il premier danese Rasmussen, arrivato per l'occasione. "Valutato il fattore tempo e viste le posizioni delle singole nazioni nelle settimane che restano dovremo concentrarci su ciò che possiamo fare e non farci distrarre da quello che non è possibile" ha detto Rasmussen aggiungendo che "l'accordo di Copenhagen dovrà affidare un mandato per continuare i negoziati e fissare una data per la loro conclusione".
I punti controversi restano quelli che Sostenibilitalia ha già descritto in precedenti post: stabilire i limiti di emissione per i paesi OCSE e quelli emergenti e quantificare l'intervento economico dei paesi industrializzati per finanziare la riconversione energetica nelle nazioni in via di sviluppo. Sapevamo da tempo che questo non sarebbe stato deciso a Copenhagen, dove in ogni caso i bizantini regolamenti ONU impedivano di ratificare un impegno formale o legally binding, termine usato nei tavoli negoziali. Ecco perché non trovo tragiche le notizie che arrivano da Singapore, che non fanno che confermare quanto già circolava nei corridoi.
Gli esiti interlocutori delle sessioni di negoziati di Bonn, Bangkok e Barcellona degli ultimi sei mesi avevano chiarito che il miglior risultato realisticamente possibile alla COP-15 sarà un high level agreement, da ratificare in un secondo momento. Da tempo si parla di una "COP 15 e mezzo" o COP 15.5 che potrebbe svolgersi a metà 2010, presumibilmente a Bonn in giugno, e che dovrebbe esserre il punto di arrivo del mandato breve affidato a Copenhagen. Questa soluzione sembra già migliore di quella che circolava mesi fa, quando i pessimisti rimandavano il tutto alla COP-16 in Messico a dicembre 2010.
Ieri intanto Sarkozy e Lula hanno annunciato un accordo importante sui temi del clima. La Francia ha confermato la volontà di ridurre le emissioni dei paesi industrializzati dell'80% entro il 2050, il Brasile ha annunciato che ridurrà le emissioni di gas serra tra il 36,1 e il 38,9% entro il 2020. Sarkozy ha anche detto di voler prendere parte al vertice del Commonwealth a Tobago per cercare proseliti nell'universo post coloniale inglese, che per un Francese è uno sforzo non da poco.
In tutto questo naturalmente pesano ruoli e ambizioni politiche. La Francia vuole mantenere una leadership europea, con posizioni che scavalcano quele tedesche e inglesi. Obama non può sbilanciarsi prima del passaggio del climate bill al senato americano, che però lo voterà solo il prossimo anno. In oriente la Cina sta investendo molto più dell'occidente sulla riconversione ma politicamente non cede sulla differenza tra paesi industrializzati e in via di sviluppo. La Danimarca spera ancora che l'accordo post-Kyoto possa chiamarsi Protocollo di Copenhagen e cerca di mediare tra i grandi protagonisti per battezzare il patto. L'Italia ha troppo da fare per evitare i processi al premier per occuparsi di questi dettagli.
La cosa più importante - ha detto giorni fa Al Gore al Washington Post - è che gli esiti di Copenhagen siano percepiti come un'importante passo avanti. Su questo io continuo ad essere moderatamente ottimista.
Ancora su Europa e Balcani
Su European Voice è stato pubblicato la scorsa settimana un intervento del commissario europeo all'allargamento, il finlandese Olli Rehn. Il titolo dell'articolo chiarisce il tema: "I Balcani restano la cartina a tornasole dell'Europa".
Il commissario Rehn cerca di spiegare la difficiltà dei rapporti tra nazioni balcaniche e Unione Europea. Racconta con soddisfazione dell'accordo tra Slovenia e Croazia siglato a Stoccolma il 4 novembre, che permetterà al governo di Zagabria di riprendere i negoziati dopo un lungo stallo, con l'obiettivo di entrare in Europa nel 2012.
Rehn riferisce anche sulla raccomandazione fatta il mese scorso dal Consiglio Europeo, che invita la Commissione ha iniziare formalmente la fase negoziale con FYROM, la Macedonia (foto).
Il commissario poi si sofferma con amarezza sui modestissimi progressi nei rapporti tra Unione Europea e Bosnia-Erzegovina, una nazione ancora lontana dalla stabilità e afflitta da problemi cronici che secondo Rehn rischiano di lasciarla "per sempre" in una posizione arretrata rispetto alle altre repubbliche balcaniche.
Nemmeno una parola di Rehn sulla Serbia.
Il commissario Rehn cerca di spiegare la difficiltà dei rapporti tra nazioni balcaniche e Unione Europea. Racconta con soddisfazione dell'accordo tra Slovenia e Croazia siglato a Stoccolma il 4 novembre, che permetterà al governo di Zagabria di riprendere i negoziati dopo un lungo stallo, con l'obiettivo di entrare in Europa nel 2012.
Rehn riferisce anche sulla raccomandazione fatta il mese scorso dal Consiglio Europeo, che invita la Commissione ha iniziare formalmente la fase negoziale con FYROM, la Macedonia (foto).
Il commissario poi si sofferma con amarezza sui modestissimi progressi nei rapporti tra Unione Europea e Bosnia-Erzegovina, una nazione ancora lontana dalla stabilità e afflitta da problemi cronici che secondo Rehn rischiano di lasciarla "per sempre" in una posizione arretrata rispetto alle altre repubbliche balcaniche.
Nemmeno una parola di Rehn sulla Serbia.
venerdì 13 novembre 2009
Piazzista, non statista
Oggi il presidente del consiglio d'Italia ha incontrato il primo ministro di Serbia Boris Tadic. Le cronache parlano di un colloquio proficuo e cordiale.
Berlusconi, che arriva a malapena alla spalla di Tadic creando difficoltà nelle foto ufficiali, ha dato il meglio di se stesso. Ha criticato la scarsa musicalità della lingua dell'ospite, dicendo che aspetta di sentire un'opera in serbo. Ha cercato solidarietà con Tadic sul tema degli imperatori romani di origine serba, salvo poi non ricordare quanti fossero. Ha inserito l'inevitabile gag calcistica su Stankovic e per fare il simpatico ha chiamato Tadic "presidente Clooney", nell'imbarazzo generale.
Parlando di cose concrete, Berlù ha fatto persino peggio. Il presidente del consiglio non riesce a dimenticare le sue origini di venditore eccellente, rispolverando uno dei trucchi base del piazzista: blandire l'interlocutore dicendogli quello che vuole sentire. Così Berlù ha dichiarato in conferenza stampa che la Serbia potrà entrare nell'Unione Europea "al massimo nel 2014", ma forse anche entro il 2012.
Il 2012, per capire meglio le cose, è l'anno previsto per l'ingresso nell'Unione della Croazia, che ha presentato la sua candidatura nel 1999, assieme alla Turchia. Serbia e Bosnia-Erzegovina, assieme al Kosovo, sono le uniche nazioni balcaniche a non avere ancora completato il percorso che permette di presentare una candidatura all'ingresso in Europa. Montenegro e Albania lo hanno fatto, FYROM (Macedonia) ha già raggiunto lo status di paese ufficialmente candidato.
Attualmente Belgrado è solo un potenziale candidato. Dichiarare che la Serbia possa entrare nella UE in quattro - o addirittura due - anni è pura follia. Naturalmente la stampa serba ha rilanciato con tripudio la frottola.
Chi si chiede perché l'Italia abbia perso ogni credibilità in Europa dovrebbe riflettere sulle assurde dichiarazioni del nostro governo, che oltre confine sono un esempio di incompetenza, pressapochismo e piaggeria. Roba da piazzisti, non statisti.
Berlusconi, che arriva a malapena alla spalla di Tadic creando difficoltà nelle foto ufficiali, ha dato il meglio di se stesso. Ha criticato la scarsa musicalità della lingua dell'ospite, dicendo che aspetta di sentire un'opera in serbo. Ha cercato solidarietà con Tadic sul tema degli imperatori romani di origine serba, salvo poi non ricordare quanti fossero. Ha inserito l'inevitabile gag calcistica su Stankovic e per fare il simpatico ha chiamato Tadic "presidente Clooney", nell'imbarazzo generale.
Parlando di cose concrete, Berlù ha fatto persino peggio. Il presidente del consiglio non riesce a dimenticare le sue origini di venditore eccellente, rispolverando uno dei trucchi base del piazzista: blandire l'interlocutore dicendogli quello che vuole sentire. Così Berlù ha dichiarato in conferenza stampa che la Serbia potrà entrare nell'Unione Europea "al massimo nel 2014", ma forse anche entro il 2012.
Il 2012, per capire meglio le cose, è l'anno previsto per l'ingresso nell'Unione della Croazia, che ha presentato la sua candidatura nel 1999, assieme alla Turchia. Serbia e Bosnia-Erzegovina, assieme al Kosovo, sono le uniche nazioni balcaniche a non avere ancora completato il percorso che permette di presentare una candidatura all'ingresso in Europa. Montenegro e Albania lo hanno fatto, FYROM (Macedonia) ha già raggiunto lo status di paese ufficialmente candidato.
Attualmente Belgrado è solo un potenziale candidato. Dichiarare che la Serbia possa entrare nella UE in quattro - o addirittura due - anni è pura follia. Naturalmente la stampa serba ha rilanciato con tripudio la frottola.
Chi si chiede perché l'Italia abbia perso ogni credibilità in Europa dovrebbe riflettere sulle assurde dichiarazioni del nostro governo, che oltre confine sono un esempio di incompetenza, pressapochismo e piaggeria. Roba da piazzisti, non statisti.
giovedì 12 novembre 2009
Barroso ha bisogno di donne
Jose Manuel Barrso aveva promesso che la sua seconda comissione sarebbe stata più bilanciata della prima sotto il profilo di genere. L'esecutivo uscente ha otto donne su 27 commissari, malgrado Barroso avesse preteso nel 2007 dalle entranti Bulgaria e Romania di nominare due donne.
Per aumentare la presenza femminile il presidente un paio di settimane fa aveva scritto una lettera ai 27 capi di stato, sollecitando la nomination di donne per la sua nuova commissione.
Barroso non deve essere stato particolarmente convincente, visto che delle venti segnalazioni arrivate fino ad oggi solo tre sono donne: Androulla Vassiliou di Cipro, Viviane Reding del Lussemburgo e Rumiana Jeleva della Bulgaria. Di queste le prime due sono già in commissione, mentre la terza è destinata a sostituire un'altra donna, l'atuale commissario alla tutela dei consumatori Meglena Kuneva.
Mancano solo sette nomination e le possibilità che siano tutte femminili sembra molto scarsa. La Danimarca dovrebbe nominare il ministro per l'energia e clima Connie Hedegaard (che subentra a una collega, Mariann Fischer Boel) e anche la Svezia proporrà una donna per sostituire l'attuale vicepresidente della Commissione Margot Wallstrom. Le ultime quattro nomitation delle 20 già comunicate al presidente (Ungheria, Cekia, Germania e Austria) sono tutte maschili.
Barroso spera che la Gran Bretagna confermi per il secondo mandato Catherine Ashton, attuale commissario al commercio, e che l'Irlanda nomini Máire Geoghegan-Quinn, data per favorita come la greca Anna Diamantapoulou già commissaria in passato. Ma anche con questo terzetto il totale sarebbe solo di sei. In pratica per mantenere la stessa quota attuale cinque delle sette nomine che ancora restano dovrebbero essere femminili. Lidea di poter aumentare la presenza delle donne sembra ormai scartata.
Quasi a dimostrare di non avere colpe Barroso ha fatto notare che in Europa c'è solo un capo doi stato donna, Angela Merkel. E solo due presidenti della repubblica di sesso femminile, in Finlanda e Lituania.
Per aumentare la presenza femminile il presidente un paio di settimane fa aveva scritto una lettera ai 27 capi di stato, sollecitando la nomination di donne per la sua nuova commissione.
Barroso non deve essere stato particolarmente convincente, visto che delle venti segnalazioni arrivate fino ad oggi solo tre sono donne: Androulla Vassiliou di Cipro, Viviane Reding del Lussemburgo e Rumiana Jeleva della Bulgaria. Di queste le prime due sono già in commissione, mentre la terza è destinata a sostituire un'altra donna, l'atuale commissario alla tutela dei consumatori Meglena Kuneva.
Mancano solo sette nomination e le possibilità che siano tutte femminili sembra molto scarsa. La Danimarca dovrebbe nominare il ministro per l'energia e clima Connie Hedegaard (che subentra a una collega, Mariann Fischer Boel) e anche la Svezia proporrà una donna per sostituire l'attuale vicepresidente della Commissione Margot Wallstrom. Le ultime quattro nomitation delle 20 già comunicate al presidente (Ungheria, Cekia, Germania e Austria) sono tutte maschili.
Barroso spera che la Gran Bretagna confermi per il secondo mandato Catherine Ashton, attuale commissario al commercio, e che l'Irlanda nomini Máire Geoghegan-Quinn, data per favorita come la greca Anna Diamantapoulou già commissaria in passato. Ma anche con questo terzetto il totale sarebbe solo di sei. In pratica per mantenere la stessa quota attuale cinque delle sette nomine che ancora restano dovrebbero essere femminili. Lidea di poter aumentare la presenza delle donne sembra ormai scartata.
Quasi a dimostrare di non avere colpe Barroso ha fatto notare che in Europa c'è solo un capo doi stato donna, Angela Merkel. E solo due presidenti della repubblica di sesso femminile, in Finlanda e Lituania.
mercoledì 11 novembre 2009
Ferrovieri in autobus
Dopo la privatizzazione la proprietà e la gestione delle ferrovie inglesi sono in capo a Network Rail, che ha messo in pratica una politica di rincaro delle tariffe che ha costretto l'autorità di sorveglianza a imporre una riduzione del 21% rispetto agli aumenti proposti dalla compagnia. Malgrado questo gli Inglesi hanno visto il nuovo record di un biglietto ferroviario che supera le mille sterline, un viaggio in prima classe da Cornwall alle Highlands.
In Italia i ferrovieri viaggiano gratis o quasi su tutta la rete. Network Rail concede "tariffe privilegiate" solo ai dipendenti assunti a suo tempo dalla rete statale British Rail e comunque non per trasferte di lavoro.
Il 20 novembre Network Rail deve trasferire 200 dipendenti dal quartier generale di Reading, in Berkshire, to Coventry. Il viaggio è di circa 150 Km e secondo il tariffario della compagnia il biglietto di seconda classe andata e ritorno costa 146 sterline, più di 161 euro. Network Rail non ci ha pensato troppo e ha deciso di trasferire i dipendenti in bus, per un costo di sole 12 sterline a testa, poco più di 13 euro.
La stampa inglese, dall'austera BBC al Sun, ha ovviamente ricamato sulla vicenda sottolineando che facendo viaggiare i duecento dipendenti in bus Network Rail spenderà 2400 sterline contro le 27000 necessarie per pagare i biglietti della propria rete.
Un portavoce della compagnia ha dichiarato "ci serviamo del treno per la maggior parte delle trasferte, ma a volte se c'è un'alternativa più economica la utilizziamo".
In Italia i ferrovieri viaggiano gratis o quasi su tutta la rete. Network Rail concede "tariffe privilegiate" solo ai dipendenti assunti a suo tempo dalla rete statale British Rail e comunque non per trasferte di lavoro.
Il 20 novembre Network Rail deve trasferire 200 dipendenti dal quartier generale di Reading, in Berkshire, to Coventry. Il viaggio è di circa 150 Km e secondo il tariffario della compagnia il biglietto di seconda classe andata e ritorno costa 146 sterline, più di 161 euro. Network Rail non ci ha pensato troppo e ha deciso di trasferire i dipendenti in bus, per un costo di sole 12 sterline a testa, poco più di 13 euro.
La stampa inglese, dall'austera BBC al Sun, ha ovviamente ricamato sulla vicenda sottolineando che facendo viaggiare i duecento dipendenti in bus Network Rail spenderà 2400 sterline contro le 27000 necessarie per pagare i biglietti della propria rete.
Un portavoce della compagnia ha dichiarato "ci serviamo del treno per la maggior parte delle trasferte, ma a volte se c'è un'alternativa più economica la utilizziamo".
Obama andrà a Copenhagen, se...
Barack Obama ha dichiarato lunedì che parteciperà alla COP-15 di Copenhagen se un accordo globale sul clima sarà sul tavolo e la sua presenza potesse essere di aiuto per chiuderlo.
Questa affermazione va oltre quanto finora diffuso dallo staff presidenziale, che non si è mai sbilanciato su una presenza del presidente americano al vertice sul clima.
"Se avrò la certezza che tutte le nazioni staranno negoziando in buona fede e che ci troveremo sulla soglia di un nuovo accordo, che la mia presenza a Copenhagen potrebbe aiutare a siglare, di certo sarò presente" ha detto Barack.
Essere o non essere a Copenhagen sembra il dilemma di questi giorni. Angela Merkel, cancelliere di Germania, ha affermato ieri che parteciperà solo se Stati Uniti, Cina e India avranno chiarito in anticipo la loro volontà di chiudere un accordo. "Le posizioni dell'Unione Europea sono chiare e senza ambiguità" ha ribadito Merkel. "Ora siamo in attesa degli Stati Uniti e di nazioni come Cina e India. Mi spenderò in modo particolare per raggiungere un accordo e se questo ci sarà andrò certamente a Copenhagen. Una sconfitta a Copenhagen riporterebbe la difesa dell'ambiente indietro di anni e non possiamo permetterlo".
Ad oggi circa quaranta capi di stato e di governo hanno confermato la loro presenza alla COP-15, tra i quali Gordon Brown e Nicholas Sarkozy. Il presidente del consiglio italiano non si è ancora pronunciato.
Questa affermazione va oltre quanto finora diffuso dallo staff presidenziale, che non si è mai sbilanciato su una presenza del presidente americano al vertice sul clima.
"Se avrò la certezza che tutte le nazioni staranno negoziando in buona fede e che ci troveremo sulla soglia di un nuovo accordo, che la mia presenza a Copenhagen potrebbe aiutare a siglare, di certo sarò presente" ha detto Barack.
Essere o non essere a Copenhagen sembra il dilemma di questi giorni. Angela Merkel, cancelliere di Germania, ha affermato ieri che parteciperà solo se Stati Uniti, Cina e India avranno chiarito in anticipo la loro volontà di chiudere un accordo. "Le posizioni dell'Unione Europea sono chiare e senza ambiguità" ha ribadito Merkel. "Ora siamo in attesa degli Stati Uniti e di nazioni come Cina e India. Mi spenderò in modo particolare per raggiungere un accordo e se questo ci sarà andrò certamente a Copenhagen. Una sconfitta a Copenhagen riporterebbe la difesa dell'ambiente indietro di anni e non possiamo permetterlo".
Ad oggi circa quaranta capi di stato e di governo hanno confermato la loro presenza alla COP-15, tra i quali Gordon Brown e Nicholas Sarkozy. Il presidente del consiglio italiano non si è ancora pronunciato.
martedì 10 novembre 2009
Scenari poco rassicuranti
Il 2009 sarà il primo anno dal 1981 in cui la domanda globale di energia segnerà un calo significativo. Sono gli effetti della crisi economica, ma le proiezioni dicono che per il 2030, se non saranno messi in pratica interventi radicali, l'energia consumata dal pianeta sarà il 40% in più del 2007, e l'aumento riguarderà per oltre il 90% i paesi in via di sviluppo che non fanno parte dell'OCSE.
Questo è lo scenario di partenza del World Energy Outlook 2009 presentato oggi a Londra da Nobuo Tanaka e Fatih Birol, rispettivamente direttore e capo economista dell'Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA). Il rapporto annuale è un malloppo di quasi 700 pagine, ma sul sito dell'agenzia è disponibile anche una sintesi in italiano di 22 pagine.
Secondo Fatih Birol l'unico modo per invertire questa tendenza ed evitare drammatiche conseguenze nel clima della terra è ridurre il consumo di combustibili fossili a partire dal 2020. Del resto la produzione di petrolio declinerà rapidamente e, sempre secondo Birol, ci vorrebbero "quattro Arabie Saudite" per compensare la riduzione delle estrazioni di greggio da qui al 2030 (l'Arabia Saudita produce 12.5 milioni di barili di greggio al giorno).
Per rendere economicamente conveniente la riconversione energetica del pianeta bisognerà alzare di molto il prezzo del CO2. Secondo la IEA nelle nazioni OCSE è necessario fissare un prezzo del carbonio di 50 dollari/tonnellata al 2020 e ben 110 $ al 2030. Per i paesi in via di sviluppo l'agenzia indica 30 $/t al 2020 e 50 al 2030. Questo significa, per chi non è familiare con la materia, che chi consuma combustibili fossili paga molto caro il loro utilizzo, rendendo competitive le altre fonti energetiche.
La IEA stima che per uscire dall'economia del petrolio i paesi in via di sviluppo dovranno investire almeno 200 miliardi di dollari l'anno, parte dei quali dovrà necessariamente essere finanziato dai paesi industrializzati (uno dei punti più controversi del nuovo accordo globale post-Kyoto). Se entro il prossimo anno non saranno presi adeguati provvedimenti la IEA stima che ogni anno di ritardo costerà ulteriori 500 miliardi di dollari.
"Abbiamo bisogno che a Copenhagen si raggiunga un accordo - ha rimarcato Fatih Birol - per dare un segnale forte al mondo dell'industria. Altrimenti non cambierà nulla".
Questo è lo scenario di partenza del World Energy Outlook 2009 presentato oggi a Londra da Nobuo Tanaka e Fatih Birol, rispettivamente direttore e capo economista dell'Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA). Il rapporto annuale è un malloppo di quasi 700 pagine, ma sul sito dell'agenzia è disponibile anche una sintesi in italiano di 22 pagine.
Secondo Fatih Birol l'unico modo per invertire questa tendenza ed evitare drammatiche conseguenze nel clima della terra è ridurre il consumo di combustibili fossili a partire dal 2020. Del resto la produzione di petrolio declinerà rapidamente e, sempre secondo Birol, ci vorrebbero "quattro Arabie Saudite" per compensare la riduzione delle estrazioni di greggio da qui al 2030 (l'Arabia Saudita produce 12.5 milioni di barili di greggio al giorno).
Per rendere economicamente conveniente la riconversione energetica del pianeta bisognerà alzare di molto il prezzo del CO2. Secondo la IEA nelle nazioni OCSE è necessario fissare un prezzo del carbonio di 50 dollari/tonnellata al 2020 e ben 110 $ al 2030. Per i paesi in via di sviluppo l'agenzia indica 30 $/t al 2020 e 50 al 2030. Questo significa, per chi non è familiare con la materia, che chi consuma combustibili fossili paga molto caro il loro utilizzo, rendendo competitive le altre fonti energetiche.
La IEA stima che per uscire dall'economia del petrolio i paesi in via di sviluppo dovranno investire almeno 200 miliardi di dollari l'anno, parte dei quali dovrà necessariamente essere finanziato dai paesi industrializzati (uno dei punti più controversi del nuovo accordo globale post-Kyoto). Se entro il prossimo anno non saranno presi adeguati provvedimenti la IEA stima che ogni anno di ritardo costerà ulteriori 500 miliardi di dollari.
"Abbiamo bisogno che a Copenhagen si raggiunga un accordo - ha rimarcato Fatih Birol - per dare un segnale forte al mondo dell'industria. Altrimenti non cambierà nulla".
Fondali e fondelli
Non mi soffermo sull'editoriale del direttore del TG1 che sostiene la necessità di ripristinare l'immunità parlamentare. Chi non lo avesse ancora visto trova il filmato qui, sono due minuti scarsi e vale la pena di spenderli per farsi la propria opinione.
Voglio invece concentrarmi sullo sfondo scelto da Minzolini. Quando appaiono in televisione i direttori dei giornali o dei Tg hanno quasi sempre alle spalle una libreria con eleganti volumi rilegati in pelle con finiture oro, di dimensione enciclopedica. In questa immagine potrebbe essere l'Enciclopedia Britannica come la Treccani, non saprei. I volumi peraltro hanno quasi sempre l'aria di essere intonsi, come nel caso della foto.
Questo sfondo un pò passé deve sembrare a Minzolini un elemento in grado di dare un tocco di autorevolezza in più. Del resto nel terzo millennio le enciclopedie di carta sono diventate oggetti di arredamento più che strumenti di consultazione. Seppure stantia, la parata di libroni incornicia l'ovale perfetto del cranio di Minzolini e lo dipinge se non come un intellettuale almeno come un erudito.
Berlusconi invece nel famoso filmato del 1994 in cui annunciava il suo ingresso in politica aveva scelto uno stile più pop, con una libreria casalinga piccolo borghese, completa di foto di famiglia con cornici d'argento (foto sotto).
In ambedue i casi i fondali danno l'impressione di essere utilizzati per dare ai protagonisti una immagine che in realtà non hanno. Minzolini, forse per via di un serpeggiante complesso di inferiorità, ci tiene a sembrare colto, misurato e autorevole. Berlù invece per esorcizzare l'immagine arrogante da straricco sceglieva un profilo basso e tranquillizzante, una scenografia tra Aiazzone e l'Ikea con l'aggiunta degli argenti di famiglia e dei romanzi da classifica.
L'apparenza, come si sa, inganna.
Voglio invece concentrarmi sullo sfondo scelto da Minzolini. Quando appaiono in televisione i direttori dei giornali o dei Tg hanno quasi sempre alle spalle una libreria con eleganti volumi rilegati in pelle con finiture oro, di dimensione enciclopedica. In questa immagine potrebbe essere l'Enciclopedia Britannica come la Treccani, non saprei. I volumi peraltro hanno quasi sempre l'aria di essere intonsi, come nel caso della foto.
Questo sfondo un pò passé deve sembrare a Minzolini un elemento in grado di dare un tocco di autorevolezza in più. Del resto nel terzo millennio le enciclopedie di carta sono diventate oggetti di arredamento più che strumenti di consultazione. Seppure stantia, la parata di libroni incornicia l'ovale perfetto del cranio di Minzolini e lo dipinge se non come un intellettuale almeno come un erudito.
Berlusconi invece nel famoso filmato del 1994 in cui annunciava il suo ingresso in politica aveva scelto uno stile più pop, con una libreria casalinga piccolo borghese, completa di foto di famiglia con cornici d'argento (foto sotto).
In ambedue i casi i fondali danno l'impressione di essere utilizzati per dare ai protagonisti una immagine che in realtà non hanno. Minzolini, forse per via di un serpeggiante complesso di inferiorità, ci tiene a sembrare colto, misurato e autorevole. Berlù invece per esorcizzare l'immagine arrogante da straricco sceglieva un profilo basso e tranquillizzante, una scenografia tra Aiazzone e l'Ikea con l'aggiunta degli argenti di famiglia e dei romanzi da classifica.
L'apparenza, come si sa, inganna.
lunedì 9 novembre 2009
Camelina e Kerosene
La KLM ha annunciato che il 23 novembre farà volare un Boeing 747 alimentato da un mix di biocarburante e kerosene. L'olio vegetale proviene dalla Camelina, una pianta molto rustica, in grado di crescere anche in terreni non adatti a colture alimentari e con un ciclo colturale breve (85-100 giorni tra semina e raccolto).
Lo scorso gennaio anche la JAL aveva effettuato un volo con un 747 alimentato a camelina, ma senza passeggeri. Invece il volo KLM avrà passeggeri a bordo, anche se "in numero limitato".
La camelina cresce spontaneamente anche in Italia ed è una delle infestanti più diffuse. La si trova a primavera lungo le scarpate e ai bordi delle strade. La possibilità di coltivare camelina in terreni a bassa produttività riduce le obiezioni di chi lamenta la competizione del biodiesel con le colture alimentari.
Secondo Biofuel Digest KLM utilizzerà una miscela 50/50 di olio di camelina e kerosene.
Le stime dicono che il traffico aereo contribuisce per circa il 2% alle emissioni di gas serra. KLM fa parte di Sustainable Aviation Fuel Users Group (SAFUG), una associazione di linee aree e industrie aeronautiche formata nel 2008. La compagnia olandese ha anche un sito web piuttosto curato dedicato alla responsabilità sociale di impresa.
Lo scorso gennaio anche la JAL aveva effettuato un volo con un 747 alimentato a camelina, ma senza passeggeri. Invece il volo KLM avrà passeggeri a bordo, anche se "in numero limitato".
La camelina cresce spontaneamente anche in Italia ed è una delle infestanti più diffuse. La si trova a primavera lungo le scarpate e ai bordi delle strade. La possibilità di coltivare camelina in terreni a bassa produttività riduce le obiezioni di chi lamenta la competizione del biodiesel con le colture alimentari.
Secondo Biofuel Digest KLM utilizzerà una miscela 50/50 di olio di camelina e kerosene.
Le stime dicono che il traffico aereo contribuisce per circa il 2% alle emissioni di gas serra. KLM fa parte di Sustainable Aviation Fuel Users Group (SAFUG), una associazione di linee aree e industrie aeronautiche formata nel 2008. La compagnia olandese ha anche un sito web piuttosto curato dedicato alla responsabilità sociale di impresa.
domenica 8 novembre 2009
L'edificio del 2009
Il World Architecture Festival, che si è svolto a Barcellona dal 4 al 6 novembre, ha assegnato i premi secondo le valutazioni della giuria internazionale guidata da Rafael Vinoly. Le categorie premiate sono addirittura quaranta, compresi, da questa edizione, i progetti non ancora realizzati.
Il vincitore assoluto è stato il progetto dello studio sudafricano Peter Rich Architects del Mapungubwe Interpretation Centre (foto), che aveva vinto il premio di categoria nel settore cultura. Il centro sorge nel parco naturale di Mapungubwe in Sud Africa, alla confluenza tra i fiumi Limpopo e Shashe. Un articolo con molte foto del progetto è pubblicato su Designboom. Un'altra recensione con foto di pregio è qui.
Lo scorso anno il primo premio assoluto era stato assegnato al progetto per l'Università Bocconi di Milano redatto dallo studio irlandese Grafton Architects.
Il vincitore assoluto è stato il progetto dello studio sudafricano Peter Rich Architects del Mapungubwe Interpretation Centre (foto), che aveva vinto il premio di categoria nel settore cultura. Il centro sorge nel parco naturale di Mapungubwe in Sud Africa, alla confluenza tra i fiumi Limpopo e Shashe. Un articolo con molte foto del progetto è pubblicato su Designboom. Un'altra recensione con foto di pregio è qui.
Lo scorso anno il primo premio assoluto era stato assegnato al progetto per l'Università Bocconi di Milano redatto dallo studio irlandese Grafton Architects.
sabato 7 novembre 2009
A Copenhagen senza certezze
L'ultima sessione di negoziati ONU sul clima, i Climate Talks di Barcellona, si è chiusa ieri sera senza risposte decisive. Ad un mese esatto dall'inizio della COP-15 di Copenhagen l'incertezza resta la sensazione più diffusa.
Alla conferenza stampa finale Yvo de Boer, segretario generale di UNFCCC, ha cercato di mostrare ottimismo, dichiarando che la settimana di negoziati di Barcellona aveva prodotto risultalti interessanti, abbastanza da prefigurare un accordo importante a Copenhagen. De Boer ha detto una cosa interessante quando ha confermato che il nuovo accordo globale sul clima dovrà comprendere, "nero su bianco" gli impegni delle singole nazioni.
Il ministro invisibile dell'ambiente Prestigiacomo e gli altri componenti dell'esecutivo italiano sono avvertiti.
Alla conferenza stampa finale Yvo de Boer, segretario generale di UNFCCC, ha cercato di mostrare ottimismo, dichiarando che la settimana di negoziati di Barcellona aveva prodotto risultalti interessanti, abbastanza da prefigurare un accordo importante a Copenhagen. De Boer ha detto una cosa interessante quando ha confermato che il nuovo accordo globale sul clima dovrà comprendere, "nero su bianco" gli impegni delle singole nazioni.
Il ministro invisibile dell'ambiente Prestigiacomo e gli altri componenti dell'esecutivo italiano sono avvertiti.
venerdì 6 novembre 2009
giovedì 5 novembre 2009
Cosa succederà a Copenhagen?
Il conto alla rovescia per Copenhagen scorre inesorabile qui a destra e anche i Climate Talks di Barcellona sono arrivati al penultimo giorno di negoziati.
Le voci di corridoio che vengono da Barcellona tendono al pessimismo. Quasi tutti hano preso atto che non esistono le condizioni per sottoscrivere a Copenhagen un accordo formale e vincolante, perché le procedure ONU richiedono tempi e rituali ormai impraticabili. L'opinione diffusa è che la COP-15 si chiuderà con un High Level Agreement, un accordo informale sui grandi temi del dopo Kyoto, ovvero di quanto ridurre le emissioni, se stabilire limiti globali o per singole nazioni/regioni, quanto l'occidente contribuirà in termini finanziari in supporto ai paesi in via di sviluppo. Personalmente credo che sia molto difficile aspettarsi di più e già questo presupporrebbe un accordo sui tre punti che ho appena citato, sui quali invece le divergenze sono ancora notevoli.
Alcune voci dissonanti sostengono che senza un accordo formale sarebbe meglio che la conferenza di Copenhagen fosse un fallimento completo, per drammatizzare ulteriormente lo scenario. i più concreti invece insistono sulla necessità di sfruttare il momento mediatico e l'attenzione che si sta concentrando sulla COP-15 per strappare promesse e impegni ai politici.
Le voci si rincorrono nell'immenso centro congressi di Barcellona sulla Gran Via. Si è diffusa la notizia che alcune nazioni, alla luce del fatto che a Copenhagen non si risolverò nulla, avrebbero già deciso di ridurre la composizione delle delegazioni diplomatiche. Sono arrivate subito le smentite.
Intanto Oxfam e 350.org, due delle ONG più accreditate, hanno portato a Barcellona una montagna di sveglie, regalandone una anche a Yvo deBoer (foto).
Le voci di corridoio che vengono da Barcellona tendono al pessimismo. Quasi tutti hano preso atto che non esistono le condizioni per sottoscrivere a Copenhagen un accordo formale e vincolante, perché le procedure ONU richiedono tempi e rituali ormai impraticabili. L'opinione diffusa è che la COP-15 si chiuderà con un High Level Agreement, un accordo informale sui grandi temi del dopo Kyoto, ovvero di quanto ridurre le emissioni, se stabilire limiti globali o per singole nazioni/regioni, quanto l'occidente contribuirà in termini finanziari in supporto ai paesi in via di sviluppo. Personalmente credo che sia molto difficile aspettarsi di più e già questo presupporrebbe un accordo sui tre punti che ho appena citato, sui quali invece le divergenze sono ancora notevoli.
Alcune voci dissonanti sostengono che senza un accordo formale sarebbe meglio che la conferenza di Copenhagen fosse un fallimento completo, per drammatizzare ulteriormente lo scenario. i più concreti invece insistono sulla necessità di sfruttare il momento mediatico e l'attenzione che si sta concentrando sulla COP-15 per strappare promesse e impegni ai politici.
Le voci si rincorrono nell'immenso centro congressi di Barcellona sulla Gran Via. Si è diffusa la notizia che alcune nazioni, alla luce del fatto che a Copenhagen non si risolverò nulla, avrebbero già deciso di ridurre la composizione delle delegazioni diplomatiche. Sono arrivate subito le smentite.
Intanto Oxfam e 350.org, due delle ONG più accreditate, hanno portato a Barcellona una montagna di sveglie, regalandone una anche a Yvo deBoer (foto).
mercoledì 4 novembre 2009
Claude Lévi-Strauss, 1909-2009
Ancora dubbi sulla sicurezza nucleare
Ancora problemi per il cosiddetto nucleare di terza generazione, quello dei reattori EPR ad acqua pressurizzata progettati da Areva. Due impianti di questo genere sono in costruzione, uno in Finlandia (Olkiluoto) e uno in Francia (Flamanville). I reattori EPR sono quelli che ENEL vorrebbe costruire anche in Italia nelle famose centrali annunciate dal governo, che peraltro ancora non ha annunciato nemmeno i siti dove collocarle.
La centrale finlandese di Olkiluoto è già in grave ritardo e i costi si sono moltiplicati. quando sarà finita dovrebbe essere la più grande del mondo, con un'area di scavo pari a 24 campi di calcio.
L'ultima tegola arriva dalle agenzie di sicurezza nucleare di Finlandia, Francia e Gran Bretagna che, con una procedura decisamente irrituale, hanno diramato un comunicato congiunto in cui criticano i sistemi di sicurezza delle due centrali in costruzione in Francia e Finlandia e della terza in progettazione oltre Manica. Il problema non è da poco, perchè l'accusa riguarda un rischio di guasto contemporaneo dei due sistemi di sicurezza, quello standard e quello di emergenza. Tutto dovrà essere riprogettato, con probabili nuovi aumenti dei costi. Areva e EDF hanno subito cercato di calmare le acque con un comunicato che assicura l'immediato adeguamento dei sistemi, ma ieri le azioni di Areva sono scese del 5%.
Oggi l'AD di ENEL Fulvio Conti si presenta alla commissione attività produttive delle Camera per relazionare sui programmi nucleari realizzati assieme a EDF. Il Corriere della Sera ne parla oggi un un velenoso corsivo di Stefano Agnoli. Dal ministro Scajola, vate del new cleare nostrano, nessun commento.
La centrale finlandese di Olkiluoto è già in grave ritardo e i costi si sono moltiplicati. quando sarà finita dovrebbe essere la più grande del mondo, con un'area di scavo pari a 24 campi di calcio.
L'ultima tegola arriva dalle agenzie di sicurezza nucleare di Finlandia, Francia e Gran Bretagna che, con una procedura decisamente irrituale, hanno diramato un comunicato congiunto in cui criticano i sistemi di sicurezza delle due centrali in costruzione in Francia e Finlandia e della terza in progettazione oltre Manica. Il problema non è da poco, perchè l'accusa riguarda un rischio di guasto contemporaneo dei due sistemi di sicurezza, quello standard e quello di emergenza. Tutto dovrà essere riprogettato, con probabili nuovi aumenti dei costi. Areva e EDF hanno subito cercato di calmare le acque con un comunicato che assicura l'immediato adeguamento dei sistemi, ma ieri le azioni di Areva sono scese del 5%.
Oggi l'AD di ENEL Fulvio Conti si presenta alla commissione attività produttive delle Camera per relazionare sui programmi nucleari realizzati assieme a EDF. Il Corriere della Sera ne parla oggi un un velenoso corsivo di Stefano Agnoli. Dal ministro Scajola, vate del new cleare nostrano, nessun commento.
martedì 3 novembre 2009
Per la nuova Europa manca una firma
Stamattina la corte costituzionale ceca, dopo una settimana di udienze, ha rigettato il ricorso di 17 senatori euroscettici in merito alla incostituzionalità dell'adesione al Trattato di Lisbona.
La decisione della corte di Brno era attesa dalle altre 26 nazioni dell'Unione che hanno già ratificato il trattato. A questo punto per formalizzare l'unanimità manca solo la firma del bizzoso presidente della repubblica ceca Vaclav Havel (foto), che non ha mai nascosto la sua contrarietà all'idea stessa di Europa unita ma che aveva garantito il rispetto della decisione della alta corte ceca. Fonti diplomatiche confermano che Havel non dovrebbe traccheggiare oltre, soffocando sul nascere anche le tentazioni di ripensamento paventate dai conservatori inglesi.
Il presidente delle commissione europea Barroso si è detto "molto soddisfatto" della sentenza di Brno, aggiungendo che appena l'adesione ceca sarà formalizzata e dopo avere ricevuto la lista completa delle proposte procederà alla nomina della nuova Commissione.
La decisione della corte di Brno era attesa dalle altre 26 nazioni dell'Unione che hanno già ratificato il trattato. A questo punto per formalizzare l'unanimità manca solo la firma del bizzoso presidente della repubblica ceca Vaclav Havel (foto), che non ha mai nascosto la sua contrarietà all'idea stessa di Europa unita ma che aveva garantito il rispetto della decisione della alta corte ceca. Fonti diplomatiche confermano che Havel non dovrebbe traccheggiare oltre, soffocando sul nascere anche le tentazioni di ripensamento paventate dai conservatori inglesi.
Il presidente delle commissione europea Barroso si è detto "molto soddisfatto" della sentenza di Brno, aggiungendo che appena l'adesione ceca sarà formalizzata e dopo avere ricevuto la lista completa delle proposte procederà alla nomina della nuova Commissione.
lunedì 2 novembre 2009
Aspettando il bus sotto il bus
Da SpaceInvading rimbalza su Inhabitat la segnalazione di una pensilina per autobus realizzata ad Athens, Georgia dallo scultore Christopher Fennell utilizzando pezzi di tre vecchi scuolabus dismessi. I sedili invece provengono da un vecchio bus delle linee urbane di Atlanta.
L'ultima volta prima di Copenhagen
Si è aperta oggi a Barcellona l'ultima sessione dei Climate Change Talks prevista prima della COP-15 di Copenhagen. Saranno solo quattro giorni di negoziati, da cui nessuno si aspetta miracoli. Neanche Yvo deBoer, che oggi nella conferenza stampa ha ripetuto che il mandato biennale della Bali Roadmap deve essere completato. DeBoer ha ricordato che in occasione del Summit delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici del 22 Settembre più di cento leader mondiali hanno confermato la volontà di arrivare ad un accordo globale sul clima (qui il testo del discorso di apertura di oggi).
Barcellona non si chiuderà di certo con un accordo sugli strumenti finanziari e le quote di emissione, i due punti cruciali del dopo Kyoto ancora da definire, ma potrà fornire la struttura di insieme del nuovo trattato che rappresenterà poi la base per garantirne il funzionamento e l'applicazione pratica.
Nel frattempo la diplomazia si muove anche altrove. Domani il presidente della commissione Europea Barroso e il primo ministro svedese Reinfeldt, presidente di turno della UE, saranno a Washington per un incontro con il presidente Obama sul tema dei cambiamenti climatici. Il contingente diplomatico europeo avrà a Barcellona un nuovo mandato, dopo le conclusioni del vertice europeo del 30 ottobre in cui l'Europa ha formalizzato il suo impegno per sostenere finanziariamente i paesi in via di sviluppo nella lotta ai cambiamenti climatici. Domani Barroso e Reinfeldt chiederanno ad Obama di fare altrettanto.
Barcellona non si chiuderà di certo con un accordo sugli strumenti finanziari e le quote di emissione, i due punti cruciali del dopo Kyoto ancora da definire, ma potrà fornire la struttura di insieme del nuovo trattato che rappresenterà poi la base per garantirne il funzionamento e l'applicazione pratica.
Nel frattempo la diplomazia si muove anche altrove. Domani il presidente della commissione Europea Barroso e il primo ministro svedese Reinfeldt, presidente di turno della UE, saranno a Washington per un incontro con il presidente Obama sul tema dei cambiamenti climatici. Il contingente diplomatico europeo avrà a Barcellona un nuovo mandato, dopo le conclusioni del vertice europeo del 30 ottobre in cui l'Europa ha formalizzato il suo impegno per sostenere finanziariamente i paesi in via di sviluppo nella lotta ai cambiamenti climatici. Domani Barroso e Reinfeldt chiederanno ad Obama di fare altrettanto.
domenica 1 novembre 2009
Alda Merini, 1931-2009
Cara Federica dirò come soffro
perché ci è dato tanto soffrire,
perché vediamo tagliare dalla terra
le nostre spighe migliori
anche io ero una spiga che cresceva nei campi,
credi Federica
i poeti non sono seminati da alcuno
li porta il vento della primavera.
Oggi per la mia donna è un giorno di libertà
ma per noi prigionieri dell'arte
è un altro giorno di prigionia.
Non sono felice della mia morte
carissima Federica
eppure me ne dovrò andare
dopo aver perso la fede
che era nei cuori dei miei amici.
Alda Merini, Cara Federica
perché ci è dato tanto soffrire,
perché vediamo tagliare dalla terra
le nostre spighe migliori
anche io ero una spiga che cresceva nei campi,
credi Federica
i poeti non sono seminati da alcuno
li porta il vento della primavera.
Oggi per la mia donna è un giorno di libertà
ma per noi prigionieri dell'arte
è un altro giorno di prigionia.
Non sono felice della mia morte
carissima Federica
eppure me ne dovrò andare
dopo aver perso la fede
che era nei cuori dei miei amici.
Alda Merini, Cara Federica
Halloween
The Huffington Post pubblica una splendida sequenza fotografica di animali alle prese con la rituale iconografia di Halloween.
In nessun caso
Ieri Silvio Berlusconi lo ha ribadito: non si dimetterà nemmeno nel caso di una condanna penale.
Secondo fonti accreditate Berlù sta considerando seriamente di non dimettersi nemmeno in caso di morte.
Secondo fonti accreditate Berlù sta considerando seriamente di non dimettersi nemmeno in caso di morte.
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