Mike Francis è morto oggi all'ospedale San Pietro di Roma per un tumore al polmone. Era nato a Firenze con il vero nome di Francesco Puccioni, ma cresciuto a Roma dove aveva cominciato la sua carriera nei leggerissimi primi anni '80 con la produzione di Peter e Paul Micioni.
Dopo la stagione degli anni di piombo il nuovo decennio vede il trionfo del privato e del non-impegno. In Italia nasce un movimento di dance music nostrana cantata in inglese da artisti ribattezzati con nomi esotici come Gazebo (Paul Mazzolini), Ryan Paris (Fabio Roscioli) e P.Lion (Pier Paolo Pelandi).
Mike Francis raggiunge il grande successo nel 1983 con Survivor, un pezzo che riassume tutti gli stilemi del genere: ritmica sintetica, fraseggio melodico con pianoforte in evidenza su un beat lento al limite del ballabile, attorno ai 100 bpm. Survivor diventa una specie di anthem del genere disco-capitolino ed è stato riproposto anche nella colonna sonora di Notte Prima degli Esami nel 2006.
A seguire arrivano altri successi e la collaborazione con Amii Stewart in Friends, poi negli anni '90 Mike Francis si converte e pubblica tre album in italiano, con i testi prima di Mogol poi di Pasquale Panella. L'ultima produzione è Inspired del 2007 (ecco la discografia completa dal sito ufficiale).
Francesco aveva un carattere schivo e amava la buona musica, ispirandosi principalmente al mondo dei cantautori e del pop patinato anglosassone. Le sue canzoni di successo degli anni '80, malgrado gli arrangiamenti condizionati da una elettronica ancora imperfetta e troppo dominante soprattutto nella ritmica, sono piacevoli ed eleganti anche oggi. E fanno un po' tenerezza, come dimostra questa clip di Survivor dal Festivalbar 1984.
venerdì 30 gennaio 2009
Il paradosso di Modena
La procura della corte dei conti ha aperto un fascicolo sull'operato della Provincia di Modena, ipotizzando irregolarità contabili e procedurali. Gli atti sotto inchiesta riguardano l'acquisto effettuato nel 2003 di 100 ettari di foresta tropicale in Costarica e le spese per la sua rinaturalizzazione.
Le contestazioni della corte dei conti riguarderebbero anche il fatto che l'intervento, essendo stato effettuato al di fuori del territorio amministrato, avrebbe provocato "una minore conservazione al patrimonio ambientale locale".
La Provincia di Modena affida le sue precisazioni ad un comunicato ufficiale pubblicato sul sito dell'ente, in cui si ribadisce come l'intervento sia compreso nei progetti di cooperazione internazionale previsti da una legge dello stato italiano (la 68/93) e rientri tra gli interventi del piano di azione di Agenda 21 locale.
In realtà il progetto è un classico esempio di applicazione del Clean Development Mechanism previsto dal Protocollo di Kyoto (qui la descrizione del meccanismo, dal sito del Ministero per l'Ambiente). Nel quadro del CDM un'azienda privata o un soggetto pubblico realizza un progetto in un paese in via di sviluppo mirato alla limitazione delle emissioni di gas serra. Il protocollo di Kyoto però non riconosce gli enti locali come soggetti attivi, riservando le azioni e i target ad imprese e governi nazionali.
Il Meccanismo di Sviluppo Pulito (traduzione un po' pedissequa) è stato sempre al centro di polemiche sul principio etico di utilizzare crediti di energia prodotti altrove per compensare gli sforamenti dei limiti di emissione a casa propria. Il rovescio della medaglia è il vantaggio di incentivare investimenti per progetti innovativi e sostenibili nei paesi in via di sviluppo.
Le città e i territori stanno chiedendo da tempo di essere inseriti a pieno titolo nel nuovo protocollo mondiale che sostituirà Kyoto, in scadenza nel 2012. Se questo accadrà, come ci auguriamo, i progetti come quello promosso dalla Provincia di Modena saranno messi in atto da centinaia di amministrazioni locali e permetteranno di rispettare i tetti massimi di emissione, in una logica che deve superare i confini dei territori amministrati per affrontare con efficacia una sfida globale.
Modena, a dispetto dell'occhiuta magistratura contabile, ha aperto una strada fondamentale.
Le contestazioni della corte dei conti riguarderebbero anche il fatto che l'intervento, essendo stato effettuato al di fuori del territorio amministrato, avrebbe provocato "una minore conservazione al patrimonio ambientale locale".
La Provincia di Modena affida le sue precisazioni ad un comunicato ufficiale pubblicato sul sito dell'ente, in cui si ribadisce come l'intervento sia compreso nei progetti di cooperazione internazionale previsti da una legge dello stato italiano (la 68/93) e rientri tra gli interventi del piano di azione di Agenda 21 locale.
In realtà il progetto è un classico esempio di applicazione del Clean Development Mechanism previsto dal Protocollo di Kyoto (qui la descrizione del meccanismo, dal sito del Ministero per l'Ambiente). Nel quadro del CDM un'azienda privata o un soggetto pubblico realizza un progetto in un paese in via di sviluppo mirato alla limitazione delle emissioni di gas serra. Il protocollo di Kyoto però non riconosce gli enti locali come soggetti attivi, riservando le azioni e i target ad imprese e governi nazionali.
Il Meccanismo di Sviluppo Pulito (traduzione un po' pedissequa) è stato sempre al centro di polemiche sul principio etico di utilizzare crediti di energia prodotti altrove per compensare gli sforamenti dei limiti di emissione a casa propria. Il rovescio della medaglia è il vantaggio di incentivare investimenti per progetti innovativi e sostenibili nei paesi in via di sviluppo.
Le città e i territori stanno chiedendo da tempo di essere inseriti a pieno titolo nel nuovo protocollo mondiale che sostituirà Kyoto, in scadenza nel 2012. Se questo accadrà, come ci auguriamo, i progetti come quello promosso dalla Provincia di Modena saranno messi in atto da centinaia di amministrazioni locali e permetteranno di rispettare i tetti massimi di emissione, in una logica che deve superare i confini dei territori amministrati per affrontare con efficacia una sfida globale.
Modena, a dispetto dell'occhiuta magistratura contabile, ha aperto una strada fondamentale.
giovedì 29 gennaio 2009
Il Green New Deal al prossimo G-20
Dopo le dichiarazioni del segretario ONU Ban Ki-moon, le decisioni dell'Unione Europea sul Pacchetto Clima e il primo annuncio di Barack Obama sulle nuove politiche USA in materia di energia e cambiamento climatico anche il G-20 mette clima ed energia al centro dell'agenda.
In una intervista al Japan Times un alto diplomatico inglese ha anticipato che la prossima riunione del G-20, in programma il 2 aprile a Londra, sarà centrata sulla crisi economica mondiale e sulla creazione di una low carbon economy. Il G-20 è composto dalle venti potenze industriali del mondo (vedi mappa, i paesi in azzurro chiaro sono rappresentati indirettamente dall'Unione Europea) e i suoi membri rappresentano i due terzi del commercio e della popolazione mondiale, oltre a più del 90% del PIL mondiale.
Il governo di Londra intende affrontare nel G-20 di aprile ambedue i temi della cisi economica e del cambiamento climatico partendo da un Green New Deal basato sui programmi già annunciati dai governi americano, inglese, giapponese e coreano. Da parte inglese c'è anche l'intenzione di rivedere la composizione del G-8, giudicato ormai inadeguato. Fonti diplomatiche di Londra considerano "insensato aspettarsi che un gruppo costituito per fare fronte alla crisi petrolifera degli anni '70 possa essere in grado di rispondere con efficacia alle sfide del XXI secolo".
Il prossimo meeting del G-8 è in programma in Italia, alla Maddalena, dall'8 al 10 luglio. Il governo Berlusconi ha previsto per l'organizzazione dell'evento una spesa di almeno 400 milioni di Euro.
In una intervista al Japan Times un alto diplomatico inglese ha anticipato che la prossima riunione del G-20, in programma il 2 aprile a Londra, sarà centrata sulla crisi economica mondiale e sulla creazione di una low carbon economy. Il G-20 è composto dalle venti potenze industriali del mondo (vedi mappa, i paesi in azzurro chiaro sono rappresentati indirettamente dall'Unione Europea) e i suoi membri rappresentano i due terzi del commercio e della popolazione mondiale, oltre a più del 90% del PIL mondiale.
Il governo di Londra intende affrontare nel G-20 di aprile ambedue i temi della cisi economica e del cambiamento climatico partendo da un Green New Deal basato sui programmi già annunciati dai governi americano, inglese, giapponese e coreano. Da parte inglese c'è anche l'intenzione di rivedere la composizione del G-8, giudicato ormai inadeguato. Fonti diplomatiche di Londra considerano "insensato aspettarsi che un gruppo costituito per fare fronte alla crisi petrolifera degli anni '70 possa essere in grado di rispondere con efficacia alle sfide del XXI secolo".
Il prossimo meeting del G-8 è in programma in Italia, alla Maddalena, dall'8 al 10 luglio. Il governo Berlusconi ha previsto per l'organizzazione dell'evento una spesa di almeno 400 milioni di Euro.
Verso Copenhagen
Il sito web della COP 15 di Copenhagen è attivo (link). Articolato e graficamente ben fatto contiene informazioni in inglese, francese, spagnolo, arabo, russo, giapponese e danese. Sul sito sono disponibili informazioni pratiche sulla conferenza del prossimo dicembre, un blog di esperti sul clima, una sezione di news e molto altro.
mercoledì 28 gennaio 2009
La Volt europea è una Opel
La General Motors presenterà il 3 marzo al Salone di Ginevra il concept della Opel Ampera (foto), sorella europea della Chevrolet Volt.
Le due auto si basano sulla stessa tecnologia: un motore elettrico alimentato da un blocco di batterie agli ioni di litio da 16 Kw che sviluppa una potenza equivalente a circa 150 cavalli e una velocità massima attorno ai 160 Kmh. Le batterie forniscono una autonomia di circa 60 Km, ovvero più del tragitto quotidiano del 90% degli automobilisti. Se si va oltre entra in funzione un motore a benzina di 1,4 litri che non agisce direttamente sulla trazione (che è solo elettrica) ma ricarica le batterie.
Volt e Ampera si ricaricano attaccandole a una presa di corrente (foto sotto). La buona notizia per noi Europei è che con la tensione a 220v bastano tre ore, mentre in America la corrente a 120v porta i tempi di ricarica a otto ore.
La Opel Ampera, che sarà prodotta per il mercato inglese con il marchio Vauxhall, dovrebbe essere in vendita nel 2011, mentre la Chevrolet Volt entrerà sul mercato USA il prossimo anno.
Le due auto si basano sulla stessa tecnologia: un motore elettrico alimentato da un blocco di batterie agli ioni di litio da 16 Kw che sviluppa una potenza equivalente a circa 150 cavalli e una velocità massima attorno ai 160 Kmh. Le batterie forniscono una autonomia di circa 60 Km, ovvero più del tragitto quotidiano del 90% degli automobilisti. Se si va oltre entra in funzione un motore a benzina di 1,4 litri che non agisce direttamente sulla trazione (che è solo elettrica) ma ricarica le batterie.
Volt e Ampera si ricaricano attaccandole a una presa di corrente (foto sotto). La buona notizia per noi Europei è che con la tensione a 220v bastano tre ore, mentre in America la corrente a 120v porta i tempi di ricarica a otto ore.
La Opel Ampera, che sarà prodotta per il mercato inglese con il marchio Vauxhall, dovrebbe essere in vendita nel 2011, mentre la Chevrolet Volt entrerà sul mercato USA il prossimo anno.
martedì 27 gennaio 2009
lunedì 26 gennaio 2009
Appello a Titti
Tutti noi abbiamo saltato qualche giorno di scuola. I motivi potevano essere "professionali", come un compito in classe o una interrogazione a rischio, o privati, come il classico seghino primaverile con il fidanzato/a al mare o sui prati.
Dalle mie parti marinare la scuola si dice fare seghino, ma il termine varia a seconda delle regioni. Si può dire fare forca, schissare, tagliare, salare, impiccare, fare lippa, fare manca, saltare, bossare, conigliare, fare berna, fare fuoco, fare puffi, fare chiodo, fare brucia, fare cuppo, far filone, fare fruscio, nargiare, allazzare, calliare, stampare, brasare... (ecco una lista georeferenziata).
Le memorie dei giorni di scuola mancata sono spesso più vive di quelli di lezione. L'educazione sentimentale di molti si è maturata proprio in quelle mattinate.
Gli insegnanti hanno sempre saputo che certe assenze per "motivi di famiglia" erano non autorizzate e glissavano sulle firme incerte nel libretto delle giustificazioni o sulle altre scuse accampate. Bastava non eccedere, naturalmente. Le regole non scritte dicevano mai più di un giorno consecutivo, mai più di un giorno al mese, massimo due nei mesi caldi. E nel caso si fosse andati al mare, evitare abbronzature e arrossamenti rivelatori.
Ieri il ministro dell'innovazione Renato Brunetta ha dichiarato in una intervista radiofonica la sua intenzione di attivare un servizio sms che comunichi in tempo reale le assenze scolastiche ai genitori. L'algida collega Mariastella Gelmini ha dichiarato subito il suo solidale entusiasmo.
Le reazioni generali però sono quasi tutte negative. Già ieri sera l'ANSA pubblicava dei versi di Marino Moretti che descrivono l'emozione di un giorno di scuola saltato. Oggi su molti giornali i commenti sono negativi. In realtà nessuno di noi intende rinnegare quanto fatto da ragazzi e non riconosce la necessità di vietarlo ai nostri figli.
Ecco perché mi rivolgo a Titti, che del ministro Renato Brunetta è la fidanzata ufficiale (foto) e in qualche modo, ne sono certo, anche la musa. Titti è donna di buon gusto e sensibilità, lavora nel settore delle arti applicate e potrà, con i suoi preziosi consigli, convincere il ministro Brunetta della inutilità di una iniziativa così odiosa e delatoria.
Lasciate ai nostri ragazzi la possibilità di fare un seghino ogni tanto. La maturità si acquisisce anche attraverso le piccole trasgressioni.
Dalle mie parti marinare la scuola si dice fare seghino, ma il termine varia a seconda delle regioni. Si può dire fare forca, schissare, tagliare, salare, impiccare, fare lippa, fare manca, saltare, bossare, conigliare, fare berna, fare fuoco, fare puffi, fare chiodo, fare brucia, fare cuppo, far filone, fare fruscio, nargiare, allazzare, calliare, stampare, brasare... (ecco una lista georeferenziata).
Le memorie dei giorni di scuola mancata sono spesso più vive di quelli di lezione. L'educazione sentimentale di molti si è maturata proprio in quelle mattinate.
Gli insegnanti hanno sempre saputo che certe assenze per "motivi di famiglia" erano non autorizzate e glissavano sulle firme incerte nel libretto delle giustificazioni o sulle altre scuse accampate. Bastava non eccedere, naturalmente. Le regole non scritte dicevano mai più di un giorno consecutivo, mai più di un giorno al mese, massimo due nei mesi caldi. E nel caso si fosse andati al mare, evitare abbronzature e arrossamenti rivelatori.
Ieri il ministro dell'innovazione Renato Brunetta ha dichiarato in una intervista radiofonica la sua intenzione di attivare un servizio sms che comunichi in tempo reale le assenze scolastiche ai genitori. L'algida collega Mariastella Gelmini ha dichiarato subito il suo solidale entusiasmo.
Le reazioni generali però sono quasi tutte negative. Già ieri sera l'ANSA pubblicava dei versi di Marino Moretti che descrivono l'emozione di un giorno di scuola saltato. Oggi su molti giornali i commenti sono negativi. In realtà nessuno di noi intende rinnegare quanto fatto da ragazzi e non riconosce la necessità di vietarlo ai nostri figli.
Ecco perché mi rivolgo a Titti, che del ministro Renato Brunetta è la fidanzata ufficiale (foto) e in qualche modo, ne sono certo, anche la musa. Titti è donna di buon gusto e sensibilità, lavora nel settore delle arti applicate e potrà, con i suoi preziosi consigli, convincere il ministro Brunetta della inutilità di una iniziativa così odiosa e delatoria.
Lasciate ai nostri ragazzi la possibilità di fare un seghino ogni tanto. La maturità si acquisisce anche attraverso le piccole trasgressioni.
Obama e gli altri due milioni
Ecco l'immagine satellitare ad alta risoluzione dell'insediamento di Barack Obama a Washington.
La foto è stata scattata alle 11:19 dal satellite GeoEye-1 da un'altezza di 680 Km.
Capitol Hill con il parterre della cerimonia è all'estrema destra. Quelle macchie scure che sembrano sciami di insetti sono i due milioni di persone presenti.
La foto è stata scattata alle 11:19 dal satellite GeoEye-1 da un'altezza di 680 Km.
Capitol Hill con il parterre della cerimonia è all'estrema destra. Quelle macchie scure che sembrano sciami di insetti sono i due milioni di persone presenti.
domenica 25 gennaio 2009
Spagna solare, un mezzo pasticcio
La Commissione Nazionale per l'Energia (CNE) della Spagna ha appena diffuso le proprie stime, secondo cui nel 2008 sono stati collegati alla rete elettrica nazionale 3.1 GW di energia prodotta da pannelli fotovoltaici.
Di per se la notizia è ottima. Tre gigawatt corrispondono alla potenza di quattro/cinque centrali a carbone e portano il totale dell'energia solare prodotta in Spagna a 3,75 Gw. La rapida crescita è motivata da un programma di incentivi nazionali mutuato dall'esperienza pilota della Germania e che prevede, come in Italia, che l'energia solare sia acquistata dai gestori della rete elettrica a un prezzo fissato dal governo e superiore a quello di mercato. La Spagna ha reagito con un entusiasmo molto superiore a quanto stimato dal governo, che aveva previsto nuove istallazioni per massimo un gigawatt. La spesa necessaria a coprire gli incentivi e il ricarico sulla vendita ha preoccupato il governo Zapatero, che ha prima limitato il pagamento agli impianti completati entro il 28 settembre 2008, poi per il 2009 ha ammesso contributi solo per 500 megawatt di nuovi impianti, mentre il prezzo di vendita dell'energia fotovoltaica prodotta è stato ridotto fino al 29%.
La limitazione degli incentivi ha tramortito il mercato, tanto che un watt fotovoltaico sei mesi fa costava 3.5 Euro e oggi si vende per un prezzo tra 2.1 e 2.7 Euro. I pannelli fotovoltaici destinati al mercato spagnolo, molti provenienti da aziende di Cina e Taiwan, restano invenduti e gli ordini disdetti. Inoltre la corsa a completare gli impianti entro settembre ha portato a false dichiarazioni di fine lavori. Un'indagine svolta dalla CNE a fine ottobre 2008 ha verificato che di 287 impianti dichiarati completi solo 97 (il 44%) lo erano davvero.
Di per se la notizia è ottima. Tre gigawatt corrispondono alla potenza di quattro/cinque centrali a carbone e portano il totale dell'energia solare prodotta in Spagna a 3,75 Gw. La rapida crescita è motivata da un programma di incentivi nazionali mutuato dall'esperienza pilota della Germania e che prevede, come in Italia, che l'energia solare sia acquistata dai gestori della rete elettrica a un prezzo fissato dal governo e superiore a quello di mercato. La Spagna ha reagito con un entusiasmo molto superiore a quanto stimato dal governo, che aveva previsto nuove istallazioni per massimo un gigawatt. La spesa necessaria a coprire gli incentivi e il ricarico sulla vendita ha preoccupato il governo Zapatero, che ha prima limitato il pagamento agli impianti completati entro il 28 settembre 2008, poi per il 2009 ha ammesso contributi solo per 500 megawatt di nuovi impianti, mentre il prezzo di vendita dell'energia fotovoltaica prodotta è stato ridotto fino al 29%.
La limitazione degli incentivi ha tramortito il mercato, tanto che un watt fotovoltaico sei mesi fa costava 3.5 Euro e oggi si vende per un prezzo tra 2.1 e 2.7 Euro. I pannelli fotovoltaici destinati al mercato spagnolo, molti provenienti da aziende di Cina e Taiwan, restano invenduti e gli ordini disdetti. Inoltre la corsa a completare gli impianti entro settembre ha portato a false dichiarazioni di fine lavori. Un'indagine svolta dalla CNE a fine ottobre 2008 ha verificato che di 287 impianti dichiarati completi solo 97 (il 44%) lo erano davvero.
sabato 24 gennaio 2009
venerdì 23 gennaio 2009
L'emozione che non vivremo mai
La reale portata dell'investitura di Barack Obama come 44esimo presidente degli Stati Uniti d'America non è così semplice da capire da una prospettiva europea, ancora meno dal punto di vista italiano.
I commenti apparsi sulla stampa americana sono pervasi da una emotività che colpisce chi, come noi, assiste quasi impassibile da sempre all'alternarsi delle coalizioni di governo nazionale.
Le sensazioni vissute dai due milioni di persone presenti a Washington possono essere condensate in un articolo di Garrison Keillor, scrittore e opinionista, che racconta il suo viaggio verso Capitol Hill cominciato con un treno preso a Baltimora alle cinque di mattina, con le banchine dei binari già affollate di persone che, come lui, non volevano perdersi lo spettacolo.
Keillor ha condiviso il viaggio con un gruppo di donne nere partite dalla Virginia all'una di notte per essere sicure di prendere il treno. Quando il capotreno ha annunciato all'altoparlante "Union Station, Washington" una delle donne ha guardato le altre e si sono tutte messe a piangere.
La fila per i controlli di sicurezza, racconta Keillor, era lunga sei isolati. "Ma non c'è niente di più piacevole dello stare in fila in una folla di gente felice quando tu condividi i motivi della loro felicità".
Nel 1969 Howard N. Lee, un afroamericano, fu eletto sindaco di Chapel Hill, una città di 12.000 abitanti del Nord Carolina dove i neri erano il 10% della popolazione. Quaranta anni dopo un afroamericano, il cui secondo nome è Hussein, è eletto presidente degli Stati Uniti.
Le donne della Virginia e i quattro milioni di occhi che hanno visto Barack Hussein Obama entrare alla Casa Bianca hanno tutti i motivi di piangere di gioia. Noi non sapremo mai cosa voglia dire condividere una simile emozione.
I commenti apparsi sulla stampa americana sono pervasi da una emotività che colpisce chi, come noi, assiste quasi impassibile da sempre all'alternarsi delle coalizioni di governo nazionale.
Le sensazioni vissute dai due milioni di persone presenti a Washington possono essere condensate in un articolo di Garrison Keillor, scrittore e opinionista, che racconta il suo viaggio verso Capitol Hill cominciato con un treno preso a Baltimora alle cinque di mattina, con le banchine dei binari già affollate di persone che, come lui, non volevano perdersi lo spettacolo.
Keillor ha condiviso il viaggio con un gruppo di donne nere partite dalla Virginia all'una di notte per essere sicure di prendere il treno. Quando il capotreno ha annunciato all'altoparlante "Union Station, Washington" una delle donne ha guardato le altre e si sono tutte messe a piangere.
La fila per i controlli di sicurezza, racconta Keillor, era lunga sei isolati. "Ma non c'è niente di più piacevole dello stare in fila in una folla di gente felice quando tu condividi i motivi della loro felicità".
Nel 1969 Howard N. Lee, un afroamericano, fu eletto sindaco di Chapel Hill, una città di 12.000 abitanti del Nord Carolina dove i neri erano il 10% della popolazione. Quaranta anni dopo un afroamericano, il cui secondo nome è Hussein, è eletto presidente degli Stati Uniti.
Le donne della Virginia e i quattro milioni di occhi che hanno visto Barack Hussein Obama entrare alla Casa Bianca hanno tutti i motivi di piangere di gioia. Noi non sapremo mai cosa voglia dire condividere una simile emozione.
mercoledì 21 gennaio 2009
Aspettando IRENA
Lunedì prossimo a Bonn nascerà IRENA (International Renewable ENergy Agency), l'agenzia promossa da Germania, Danimarca e Spagna. Parteciperanno alla fondazione un centinaio di nazioni e si prevede che circa la metà sottoscriveranno immediatamente l'adesione. Il numero è ancora non definitivo (oggi è arrivata l'adesione formale della Tailandia). Dovrebbe aderire l'Italia, mentre tra i soci fondatori non ci saranno USA, Cina, Giappone e Gran Bretagna, che comunque hanno confermano che saranno presenti. Ci sarà anche Abu Dhabi, emirato che ha fissato l'obiettivo di produrre il 7% di energia rinnovabile entro il 2020.
La mission di IRENA è quella di promuovere la diffusione delle fonti rinnovabili di energia in tutto il pianeta, cercando di coinvolgere industria, autorità locali e società civile. Il prossimo giugno sarà anche decisa la sede definitiva dell'agenzia, che la Germania gradirebbe restasse a Bonn, dove già si trova l'UNFCCC, la commissione scientifica ONU che studia i cambiamenti climatici. Il più accreditato concorrente per ospitare l'agenzia è proprio Abu Dhabi.
IRENA è vista da molti osservatori come contraltare dell'Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA), che si occupa di energie alternative ma anche di fonti tradizionali come petrolio, carbone e nucleare. La IEA ammette come membri solo i paesi che fanno parte dell'OCSE (lista). Secondo alcuni sarebbe proprio la contrapposizione tra IEA e IRENA a motivare la cautela di USA, Giappone e Gran Bretagna.
La mission di IRENA è quella di promuovere la diffusione delle fonti rinnovabili di energia in tutto il pianeta, cercando di coinvolgere industria, autorità locali e società civile. Il prossimo giugno sarà anche decisa la sede definitiva dell'agenzia, che la Germania gradirebbe restasse a Bonn, dove già si trova l'UNFCCC, la commissione scientifica ONU che studia i cambiamenti climatici. Il più accreditato concorrente per ospitare l'agenzia è proprio Abu Dhabi.
IRENA è vista da molti osservatori come contraltare dell'Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA), che si occupa di energie alternative ma anche di fonti tradizionali come petrolio, carbone e nucleare. La IEA ammette come membri solo i paesi che fanno parte dell'OCSE (lista). Secondo alcuni sarebbe proprio la contrapposizione tra IEA e IRENA a motivare la cautela di USA, Giappone e Gran Bretagna.
Semafori sostenibili
Il designer Stanislav Katz vive a Riga, in Lettonia ed è un estroso, come testimonia il catalogo delle sue creazioni.
Tra queste anche un semaforo LED, che ha il vantaggio di ridurre di due terzi le dimensioni, visto che i diversi segnali vengono da un'unica fonte.
L'occhio del semaforo è provvisto di due serie concentriche di LED, una rossa e l'altra verde. Il "giallo" viene prodotto con l'accensione contemporanea dei due colori.
Tra queste anche un semaforo LED, che ha il vantaggio di ridurre di due terzi le dimensioni, visto che i diversi segnali vengono da un'unica fonte.
L'occhio del semaforo è provvisto di due serie concentriche di LED, una rossa e l'altra verde. Il "giallo" viene prodotto con l'accensione contemporanea dei due colori.
Riffa immobiliare
Traude Daniel aveva cercato un compratore per la sua villa di 400 metri quadri a Klagenfurt, in Carinzia (foto). Dopo sei mesi in cui la casa, inserita nel normale circuito di vendite immobiliari, non aveva trovato un compratore, la proprietaria ha deciso di farne il primo premio di una lotteria.
A dicembre la Daniel ha aperto un sito web offrendo 9.999 biglietti per la lotteria della sua casa al prezzo di 99€ l'uno. E li ha venduti tutti, incassando 989.901 euro.
La casa era stata valutata 830.000 Euro ed è stata aggiudicata ieri a Walter Egger, un cinquantenne austriaco. La proprietaria dovrà pagare le spese per il sito, la pubblicità e il notaio (al massimo 20.000 euro), la tassa sui giochi d'azzardo (12%) e una sull'acquisto dei terreni (3,5% del valore). In ogni caso, per Traude il guadagno sarà maggiore di quello che avrebbe avuto da una regolare vendita sul mercato immobiliare, peraltro non certo vivace in questi tempi di crisi.
La legge austriaca permette il gioco d'azzardo privato, ovvero la vendita singola a fini non commerciali di una proprietà privata tramite lotteria non viola il monopolio dello Stato sul gioco d'azzardo. Ed ecco che la nuova moda dilaga. Compare un sito dove si vendono case, ma anche barche e Ferrari. Molti altri seguono l'esempio come Juergen Tatscher, che ha messo in palio la sua casa in montagna per ritirarsi nelle Baleari.
La nuova moda delle riffe per una casa non piace affatto agli agenti immobiliari, che lamentano anche il fatto che le proprietà messe in palio siano spesso sovrastimate, ingannando i concorrenti. Altri discutono sulla legalità del metodo, sottolineando come il sistema permetta un facile e sicuro riciclaggio di denaro sporco.
A dicembre la Daniel ha aperto un sito web offrendo 9.999 biglietti per la lotteria della sua casa al prezzo di 99€ l'uno. E li ha venduti tutti, incassando 989.901 euro.
La casa era stata valutata 830.000 Euro ed è stata aggiudicata ieri a Walter Egger, un cinquantenne austriaco. La proprietaria dovrà pagare le spese per il sito, la pubblicità e il notaio (al massimo 20.000 euro), la tassa sui giochi d'azzardo (12%) e una sull'acquisto dei terreni (3,5% del valore). In ogni caso, per Traude il guadagno sarà maggiore di quello che avrebbe avuto da una regolare vendita sul mercato immobiliare, peraltro non certo vivace in questi tempi di crisi.
La legge austriaca permette il gioco d'azzardo privato, ovvero la vendita singola a fini non commerciali di una proprietà privata tramite lotteria non viola il monopolio dello Stato sul gioco d'azzardo. Ed ecco che la nuova moda dilaga. Compare un sito dove si vendono case, ma anche barche e Ferrari. Molti altri seguono l'esempio come Juergen Tatscher, che ha messo in palio la sua casa in montagna per ritirarsi nelle Baleari.
La nuova moda delle riffe per una casa non piace affatto agli agenti immobiliari, che lamentano anche il fatto che le proprietà messe in palio siano spesso sovrastimate, ingannando i concorrenti. Altri discutono sulla legalità del metodo, sottolineando come il sistema permetta un facile e sicuro riciclaggio di denaro sporco.
martedì 20 gennaio 2009
domenica 18 gennaio 2009
Cappellacci chi?
Mancano solo 28 giorni al voto per le elezioni regionali in Sardegna e cresce l'interesse verso un appuntamento che potrebbe celare risvolti pesanti anche in Continente.
Renato Soru (51), presidente uscente dimissionario lo scorso novembre, ha preteso e ottenuto senza discutere la ricandidatura del centrosinistra, che invano aveva cercato di convincerlo a ritirare le dimissioni e non andare adesso a nuove elezioni.
Anche il centrodestra è rimasto spiazzato davanti alle elezioni immediate, con una serie di candidati potenziali che si sono rapidamente annullati a vicenda. Il primo a defilarsi è stato Beppe Pisanu (72), poi la lotta tra il sindaco di Cagliari Emilio Floris (65 anni, FI) e il senatore di AN ed ex sindaco Mariano Delogu (75) è stata risolta con una mossa più autoritaria che autorevole da Berlù in persona, che ha designato quale sfidante dell'inventore di Tiscali Ugo Cappellacci (49), già coordinatore regionale di Forza Italia e assessore al comune di Cagliari.
La candidadura di Cappellacci non ha certo suscitato un'ovazione è rischia di mettere in seria difficoltà la destra sarda, che pure nell'isola può contare su una larga alleanza che comprende anche l'UDC di Casini.
I sondaggi vedono Soru in vantaggio e innervosiscono Berlusconi, che sta spendendo molto tempo in Sardegna per sostenere Cappellacci. L'atmosfera non è trionfale, malgrado il momento politico dovrebbe favorire nettamente la destra. E infatti ieri Berlù ha tenuto a precisare che le elezioni in Sardegna "non sono un test politico per il governo", che non è certo la frase che pronuncia chi è convinto della vittoria.
Renato Soru è profondamente sgradito dal premier, di cui è una sorta di alter ego, con però 21 anni in meno. Imprenditore e innovatore di successo, approdato alla politica dopo l'affermazione professionale, Soru è riservato e ombroso ma a parte il carattere sembra ripercorrere le tracce del Berlusconi degli anni '80. Voci ricorrenti insistono sul fatto che Berlù avrebbe individuato in Renato Soru un potenziale futuro avversario dopo un profondo ricambio nel PD e nel centrosinistra. Ecco perché il premier si sta adoperando in prima persona per evitare una sua conferma, che lo lancerebbe sulla scena politica nazionale e ridarebbe ossigeno al centrosinistra in vista delle europee e delle amministrative di giugno.
In questa partita il povero Cappellacci è solo una umile comparsa.
Renato Soru (51), presidente uscente dimissionario lo scorso novembre, ha preteso e ottenuto senza discutere la ricandidatura del centrosinistra, che invano aveva cercato di convincerlo a ritirare le dimissioni e non andare adesso a nuove elezioni.
Anche il centrodestra è rimasto spiazzato davanti alle elezioni immediate, con una serie di candidati potenziali che si sono rapidamente annullati a vicenda. Il primo a defilarsi è stato Beppe Pisanu (72), poi la lotta tra il sindaco di Cagliari Emilio Floris (65 anni, FI) e il senatore di AN ed ex sindaco Mariano Delogu (75) è stata risolta con una mossa più autoritaria che autorevole da Berlù in persona, che ha designato quale sfidante dell'inventore di Tiscali Ugo Cappellacci (49), già coordinatore regionale di Forza Italia e assessore al comune di Cagliari.
La candidadura di Cappellacci non ha certo suscitato un'ovazione è rischia di mettere in seria difficoltà la destra sarda, che pure nell'isola può contare su una larga alleanza che comprende anche l'UDC di Casini.
I sondaggi vedono Soru in vantaggio e innervosiscono Berlusconi, che sta spendendo molto tempo in Sardegna per sostenere Cappellacci. L'atmosfera non è trionfale, malgrado il momento politico dovrebbe favorire nettamente la destra. E infatti ieri Berlù ha tenuto a precisare che le elezioni in Sardegna "non sono un test politico per il governo", che non è certo la frase che pronuncia chi è convinto della vittoria.
Renato Soru è profondamente sgradito dal premier, di cui è una sorta di alter ego, con però 21 anni in meno. Imprenditore e innovatore di successo, approdato alla politica dopo l'affermazione professionale, Soru è riservato e ombroso ma a parte il carattere sembra ripercorrere le tracce del Berlusconi degli anni '80. Voci ricorrenti insistono sul fatto che Berlù avrebbe individuato in Renato Soru un potenziale futuro avversario dopo un profondo ricambio nel PD e nel centrosinistra. Ecco perché il premier si sta adoperando in prima persona per evitare una sua conferma, che lo lancerebbe sulla scena politica nazionale e ridarebbe ossigeno al centrosinistra in vista delle europee e delle amministrative di giugno.
In questa partita il povero Cappellacci è solo una umile comparsa.
La ricetta anticrisi dell'America
Nei paesi anglosassoni il pacchetto di misure anticrisi lo chiamano stimulus package. Gordon Brown ha confermato che annuncerà il suo agli Inglesi domani, mentre Angela Merkel ha presentato lo scorso mercoledì al parlamento tedesco un piano da 50 miliardi di Euro.
Giovedì invece la maggioranza democratica del nuovo parlamento USA ha svelato le proprie ricette in un disegno di legge che complessivamente muove 825 miliardi di dollari (622 miliardi di Euro).
Il governo italiano sta varando un decreto con misure totali per soli 5 miliardi di Euro, che passerà blindato al senato il prossimo 28 gennaio. Il decreto italiano è composto per la maggior parte da misure assistenziali, ma reintegra la detrazione del 55% (seppure diluita in cinque anni) per gli interventi che migliorano il rendimento energetico, rimediando all'autogol di qualche settimana fa, quando nella prima stesura il governo lo aveva cancellato.
54 degli 825 miliardi dello stimulus package USA sono incentivi per la produzione di energia rinnovabile e migliorare l'efficienza energetica degli edifici. Undici miliardi di dollari vanno al miglioramento della rete di distribuzione dell'energia elettrica seguendo il progetto di Al Gore che però nelle stime del premio Nobel si compierebbe con un investimento di 400 miliardi. Secondo Gore la rete elettrica USA perde 120 miliardi l'anno per le dispersioni causate dall'obsolescenza delle linee.
Nel pacchetto americano anche due miliardi per la ricerca e l'innovazione nella produzione di batterie, il grande business dei prossimi anni. Altri investimenti sono destinati a recuperare efficienza negli edifici pubblici e nelle case, a trasferimenti agli enti locali per le politiche energetiche, allo stoccaggio del CO2.
Giovedì invece la maggioranza democratica del nuovo parlamento USA ha svelato le proprie ricette in un disegno di legge che complessivamente muove 825 miliardi di dollari (622 miliardi di Euro).
Il governo italiano sta varando un decreto con misure totali per soli 5 miliardi di Euro, che passerà blindato al senato il prossimo 28 gennaio. Il decreto italiano è composto per la maggior parte da misure assistenziali, ma reintegra la detrazione del 55% (seppure diluita in cinque anni) per gli interventi che migliorano il rendimento energetico, rimediando all'autogol di qualche settimana fa, quando nella prima stesura il governo lo aveva cancellato.
54 degli 825 miliardi dello stimulus package USA sono incentivi per la produzione di energia rinnovabile e migliorare l'efficienza energetica degli edifici. Undici miliardi di dollari vanno al miglioramento della rete di distribuzione dell'energia elettrica seguendo il progetto di Al Gore che però nelle stime del premio Nobel si compierebbe con un investimento di 400 miliardi. Secondo Gore la rete elettrica USA perde 120 miliardi l'anno per le dispersioni causate dall'obsolescenza delle linee.
Nel pacchetto americano anche due miliardi per la ricerca e l'innovazione nella produzione di batterie, il grande business dei prossimi anni. Altri investimenti sono destinati a recuperare efficienza negli edifici pubblici e nelle case, a trasferimenti agli enti locali per le politiche energetiche, allo stoccaggio del CO2.
sabato 17 gennaio 2009
Gas dalla Russia, effetti collaterali/2
L'interruzione delle forniture di gas russo ha colpito duramente la Bulgaria, tanto da indurre il paese a considerare la possibilità di rimettere in funzione le centrali nucleari dismesse. Il fabbisogno energetico bulgaro dipende per il 95% dal gas russo e il paese ha visto le forniture fermarsi per una intera settimana.
Ieri il primo ministro bulgaro Sergei Stanishev ha dichiarato che il governo sta considerando l'ipotesi di riattivare una unità della centrale nucleare di Kozloduy (foto). La centrale è l'unico impianto nucleare della Bulgaria e si trova sulle rive del Danubio vicino alla città di Kozloduy, al confine con la Romania. La centrale, che risale ai primi anni settanta, ha due reattori ancora in funzione. Si tratta delle unità 5 e 6, costruite rispettivamente nel 1988 e 1993, che producono circa un Gw ciascuna. Le altre quattro unità sono state chiuse secondo le prescrizioni del trattato di ingresso della Bulgaria nell'Unione Europea.
La Bulgaria ha iniziato i prepararivi per la rimessa in funzione della unità 3, che potrebbe essere attiva entro 45 giorni. La decisione bulgara segue di pochi giorni quella della Slovacchia, che per prima aveva annunciato l'intenzione di riattivare una centrale nucleare dismessa.
Gli osservatori non credono che la Bulgaria attiverà davvero il reattore, ma vedono la mossa del governo come un atto di propaganda in vista delle elezioni politiche della prossima primavera.
Ieri il primo ministro bulgaro Sergei Stanishev ha dichiarato che il governo sta considerando l'ipotesi di riattivare una unità della centrale nucleare di Kozloduy (foto). La centrale è l'unico impianto nucleare della Bulgaria e si trova sulle rive del Danubio vicino alla città di Kozloduy, al confine con la Romania. La centrale, che risale ai primi anni settanta, ha due reattori ancora in funzione. Si tratta delle unità 5 e 6, costruite rispettivamente nel 1988 e 1993, che producono circa un Gw ciascuna. Le altre quattro unità sono state chiuse secondo le prescrizioni del trattato di ingresso della Bulgaria nell'Unione Europea.
La Bulgaria ha iniziato i prepararivi per la rimessa in funzione della unità 3, che potrebbe essere attiva entro 45 giorni. La decisione bulgara segue di pochi giorni quella della Slovacchia, che per prima aveva annunciato l'intenzione di riattivare una centrale nucleare dismessa.
Gli osservatori non credono che la Bulgaria attiverà davvero il reattore, ma vedono la mossa del governo come un atto di propaganda in vista delle elezioni politiche della prossima primavera.
Il peggiore di sempre
Mentre Barack Obama comincia la sua marcia verso Washington è tempo di bilanci per il presidente uscente George W. Bush. Secondo un sondaggio commissionato dalla CBS e dal New York Times all'istituto Gallup il presidente Bush riscuote il mimimo mai registrato in termini di consenso dei cittadini. Solo il 22% degli Americani dichiara di approvare il suo operato, mentre il 73% è contrario. Gallup verifica il gradimento dei presidenti USA da 70 anni e questo è il peggior dato di sempre.
Gli ultimi due presidenti ad avere governato gli USA per due mandati, Ronald Reagan e Bill Clinton, hanno lasciato la Casa Bianca con un gradimento del 68%. George Bush padre, presidente per un solo mandato, se ne andò incassando comunque un discreto 54% in suo favore.
Gli ultimi due presidenti ad avere governato gli USA per due mandati, Ronald Reagan e Bill Clinton, hanno lasciato la Casa Bianca con un gradimento del 68%. George Bush padre, presidente per un solo mandato, se ne andò incassando comunque un discreto 54% in suo favore.
venerdì 16 gennaio 2009
L'energia del Mare del Nord
L'Office for Metropolitan Architecture (OMA) di Rem Koolhaas ha presentato un gigantesco progetto di generatori eolici nel Mare del Nord che potrebbe fornire più energia di tutto il petrolio del Golfo Persico.
Il progetto, commissionato dall'agenzia olandese Natuur en Milieu si chiama Zeekracht (energia del mare) ed è composto da un grande anello di turbine che si distribuiscono dalle coste olandesi alle acque dei sette paesi che si affacciano sul Mare del Nord (Francia, Gran Bretagna, Norvegia, Danimarca, Germania, Belgio e Olanda). L'idea di Koolhaas parte dalle caratteristiche di forti venti costanti e di bassi fondali del Mare del Nord che lo rendono potenzialmente in grado di produrre una quantita di energia rinnovabile paragonabile a quella dei combustibili fossili estratti oggi nel Golfo Persico.
Secondo gli autori il progetto, una volta completato, potrà rendere l'Europa indipendente rispetto al suo fabbisogno energetico. La rete eolica del Mare del Nord sarebbe in grado di produrre 13.400 Terawatt, contro gli 11.300 TW equivalenti che derivano dal petrolio arabo. Questi dati sono calcolati su una rete di turbine da 5 MW distribuite su una superficie utile di 193.000 Km2, che corrisponde all'area del Mare del Nord con fondali inferiori ai 50 m e con esclusione della fascia di 12 miglia nautiche dalla linea di costa. Si tratta della parte meridionale del Mare del Nord e del Canale della Manica (mappa). Viene anche esclusa una percentuale del 15% del mare da destinare alle vie d'acqua per i collegamenti nautici, compresi i traghetti tra Calais e Dover.
Tra i benefici effetti collaterali della rete eolica ci sarebbe un aumento della biodiversità, visto che le aree occupate dai generatori non potrebbero essere utilizzate per la pesca.
Resta da approfondire il problema del trasporto a terra dell'energia, che oggi soffre grandi dispersioni quando è prodotta da generatori molto distanti dalle coste.
Il progetto, commissionato dall'agenzia olandese Natuur en Milieu si chiama Zeekracht (energia del mare) ed è composto da un grande anello di turbine che si distribuiscono dalle coste olandesi alle acque dei sette paesi che si affacciano sul Mare del Nord (Francia, Gran Bretagna, Norvegia, Danimarca, Germania, Belgio e Olanda). L'idea di Koolhaas parte dalle caratteristiche di forti venti costanti e di bassi fondali del Mare del Nord che lo rendono potenzialmente in grado di produrre una quantita di energia rinnovabile paragonabile a quella dei combustibili fossili estratti oggi nel Golfo Persico.
Secondo gli autori il progetto, una volta completato, potrà rendere l'Europa indipendente rispetto al suo fabbisogno energetico. La rete eolica del Mare del Nord sarebbe in grado di produrre 13.400 Terawatt, contro gli 11.300 TW equivalenti che derivano dal petrolio arabo. Questi dati sono calcolati su una rete di turbine da 5 MW distribuite su una superficie utile di 193.000 Km2, che corrisponde all'area del Mare del Nord con fondali inferiori ai 50 m e con esclusione della fascia di 12 miglia nautiche dalla linea di costa. Si tratta della parte meridionale del Mare del Nord e del Canale della Manica (mappa). Viene anche esclusa una percentuale del 15% del mare da destinare alle vie d'acqua per i collegamenti nautici, compresi i traghetti tra Calais e Dover.
Tra i benefici effetti collaterali della rete eolica ci sarebbe un aumento della biodiversità, visto che le aree occupate dai generatori non potrebbero essere utilizzate per la pesca.
Resta da approfondire il problema del trasporto a terra dell'energia, che oggi soffre grandi dispersioni quando è prodotta da generatori molto distanti dalle coste.
giovedì 15 gennaio 2009
Jan Kaplicky, 1937-2009
L'architetto Jan Kaplicky è morto ieri sera mentre passeggiava per le vie di Praga. Poche ore prima la sua seconda moglie Eliska aveva dato alla luce una bambina, Johanka, la seconda figlia di Kaplicky. "Sono sconvolto e devastato, Jan era un grande architetto, un collega di valore e un buon amico" ha dichiarato Norman Foster.
A seguito dell'invasione sovietica del 1968 Kaplicky aveva abbandonato la Cecoslovacchia e si era trasferito a Londra, dove aveva realizzato molti progetti di rilievo, seguendo uno stile visionario che si rifaceva ai principi dell'architettura organica.
Il nuovo Media Center al Lord's Cricket Ground nel 1999 gli era valso lo Stirling Prize, il massimo riconoscimento inglese nel campo dell'architettura. Tra gli altri progetti realizzati dal suo studio Future Systems il Selfridges a Birmingham e il centro turistico di Stonehenge. In Italia ha realizzato la stazione Traiano della metropolitana di Napoli e nel 2005 ha vinto il concorso per il progetto della Casa Museo Enzo Ferrari a Modena, la cui costruzione dovrebbe avere inizio tra poche settimane.
Nel 2007 Future Systems ha vinto il concorso internazionale per la nuova Biblioteca di Praga, un progetto controverso (sotto) che ha subito molte critiche e non è stato ancora realizzato. Lo stesso sindaco di Praga Pavel Bem si era espresso pubblicamente contro il progetto, che sarebbe la prima realizzazione dell'architetto nel suo paese natale. Forse la morte di Kaplicky ne faciliterà la costruzione.
A seguito dell'invasione sovietica del 1968 Kaplicky aveva abbandonato la Cecoslovacchia e si era trasferito a Londra, dove aveva realizzato molti progetti di rilievo, seguendo uno stile visionario che si rifaceva ai principi dell'architettura organica.
Il nuovo Media Center al Lord's Cricket Ground nel 1999 gli era valso lo Stirling Prize, il massimo riconoscimento inglese nel campo dell'architettura. Tra gli altri progetti realizzati dal suo studio Future Systems il Selfridges a Birmingham e il centro turistico di Stonehenge. In Italia ha realizzato la stazione Traiano della metropolitana di Napoli e nel 2005 ha vinto il concorso per il progetto della Casa Museo Enzo Ferrari a Modena, la cui costruzione dovrebbe avere inizio tra poche settimane.
Nel 2007 Future Systems ha vinto il concorso internazionale per la nuova Biblioteca di Praga, un progetto controverso (sotto) che ha subito molte critiche e non è stato ancora realizzato. Lo stesso sindaco di Praga Pavel Bem si era espresso pubblicamente contro il progetto, che sarebbe la prima realizzazione dell'architetto nel suo paese natale. Forse la morte di Kaplicky ne faciliterà la costruzione.
mercoledì 14 gennaio 2009
La guerra che Israele ha già perso
I giornalisti occidentali non possono seguire l'offensiva che Israele sta portando avanti da due settimane nel territorio palestinese di Gaza. Tel Aviv ha costretto tutta la stampa internazionale a rimanere in territorio israeliano, a tre km dal confine, giustificando la restrizione con il pericolo per l'incolumità dei reporter e problemi di sicurezza nazionale. La prima motivazione è risibile, visto che la stampa è sempre stata in prima linea anche in conflitti molto più sanguinosi e pericolosi di questo. La seconda si sta ritorcendo contro Israele, verso cui la grande stampa internazionale mostra sempre più insofferenza e irritazione, come dimostrano molti articoli quali questo della CNN e quello di oggi del Los Angeles Times dal titolo "La strategia perdente di Israele nei media".
Israele permette ad alcuni giornalisti del proprio paese di seguire i movimenti delle truppe nell'invasione di Gaza, ma questi non sono autorizzati ad allontanarsi dai convogli militari. Per il resto l'informazione a Gaza è garantita dai giornalisti locali che svolgono il ruolo di corrispondenti per le grandi testate e soprattutto dal canale TV Al-Jazeera, che a Gaza ha sei giornalisti, quattro per l'edizione araba e due per quella in inglese.
Al-Jazeera è nata nel 1996 da un investimento di 150 milioni di dollari dell'emiro del Qatar Sheik Hamad bin Khalifa al-Thani, e dal 2006 trasmette anche in inglese. L'emittente in questi giorni dichiara con buone ragioni di essere "l'unico network internazionale presente a Gaza", anche se nella striscia c'è anche una troupe dell'altro news channel arabo Al-Arabiya, che però non ha un canale occidentale.
Il canale inglese di Al-Jazeera è visibile in oltre 100 paesi (in Italia è sul 522 di Sky), ma non in Nord America, dove è ritrasmesso solo in tre aree urbane via cavo. La motivazione di questo oscuramento deriverebbe dalle cronache della rete ai tempi dell'invasione americana dell'Iraq, giudicate parziali e non obiettive.
Al-Jazeera ha superato l'ostacolo con un canale dedicato su You Tube, dove sono stati caricati oltre 6800 video. La testata dichiara che dall'inizio della guerra di Gaza i contatti su You Tube sono cresciuti del 150%. Inoltre l'emittente ha reso disponibili i filmati per chiunque voglia farne uso, alla sola condizione che sia citata la fonte. Al-Jazeera ha anche creato un feed su Twitter, con migliaia di iscritti.
Curiosamente Israele sta seguendo lo stesso percorso. Il portavoce delle forze armate israeliane ha un suo canale su You Tube e anche una presenza su Twitter.
Israele accusa Al-Jazeera di fornire una informazione di parte, ma non concede ai reporter di essere testimoni dell'invasione. Resta emblematico l'episodio della scuola ONU, bombardata con un bilancio di 42 vittime. Israele si è affrettata a giustificare l'atto con la presenza di miliziani di Hamas nella struttura (smentita dai funzionari ONU) e mostrando filmati con soldati all'interno della scuola che però risalgono al 2007.
Secondo Al-Jazeera l'ultimo bilancio della guerra a Gaza è di 1017 vittime, di cui il 40% civili, molti dei quali bambini. Dal 27 dicembre, data di inizio dell'offensiva di Israele su Gaza, sono morti dieci soldati israeliani e tre civili colpiti dai razzi di Hamas.
Israele permette ad alcuni giornalisti del proprio paese di seguire i movimenti delle truppe nell'invasione di Gaza, ma questi non sono autorizzati ad allontanarsi dai convogli militari. Per il resto l'informazione a Gaza è garantita dai giornalisti locali che svolgono il ruolo di corrispondenti per le grandi testate e soprattutto dal canale TV Al-Jazeera, che a Gaza ha sei giornalisti, quattro per l'edizione araba e due per quella in inglese.
Al-Jazeera è nata nel 1996 da un investimento di 150 milioni di dollari dell'emiro del Qatar Sheik Hamad bin Khalifa al-Thani, e dal 2006 trasmette anche in inglese. L'emittente in questi giorni dichiara con buone ragioni di essere "l'unico network internazionale presente a Gaza", anche se nella striscia c'è anche una troupe dell'altro news channel arabo Al-Arabiya, che però non ha un canale occidentale.
Il canale inglese di Al-Jazeera è visibile in oltre 100 paesi (in Italia è sul 522 di Sky), ma non in Nord America, dove è ritrasmesso solo in tre aree urbane via cavo. La motivazione di questo oscuramento deriverebbe dalle cronache della rete ai tempi dell'invasione americana dell'Iraq, giudicate parziali e non obiettive.
Al-Jazeera ha superato l'ostacolo con un canale dedicato su You Tube, dove sono stati caricati oltre 6800 video. La testata dichiara che dall'inizio della guerra di Gaza i contatti su You Tube sono cresciuti del 150%. Inoltre l'emittente ha reso disponibili i filmati per chiunque voglia farne uso, alla sola condizione che sia citata la fonte. Al-Jazeera ha anche creato un feed su Twitter, con migliaia di iscritti.
Curiosamente Israele sta seguendo lo stesso percorso. Il portavoce delle forze armate israeliane ha un suo canale su You Tube e anche una presenza su Twitter.
Israele accusa Al-Jazeera di fornire una informazione di parte, ma non concede ai reporter di essere testimoni dell'invasione. Resta emblematico l'episodio della scuola ONU, bombardata con un bilancio di 42 vittime. Israele si è affrettata a giustificare l'atto con la presenza di miliziani di Hamas nella struttura (smentita dai funzionari ONU) e mostrando filmati con soldati all'interno della scuola che però risalgono al 2007.
Secondo Al-Jazeera l'ultimo bilancio della guerra a Gaza è di 1017 vittime, di cui il 40% civili, molti dei quali bambini. Dal 27 dicembre, data di inizio dell'offensiva di Israele su Gaza, sono morti dieci soldati israeliani e tre civili colpiti dai razzi di Hamas.
Un frigo che raffredda con il sole
Emily Cummings ha ventuno anni, studia all'università di Leeds ma ha la passione delle invenzioni fin da bambina. La sua prima creazione compiuta è stato uno spremidentifricio per artritici, ideato a 16 anni. Nel suo sito sono illustrate le sue invenzioni fino al recente, straordinario frigorifero solare che funziona senza consumare energia.
L'eco-fridge è composto da due cilindri, uno interno in metallo a tenuta stagna e uno esterno forato che può essere realizzato con materiali di risulta come legno, metallo o plastica. Lo spazio tra i due cilindri viene riempito da un materiale assorbente come sabbia, lana pressata o terra e poi imbevuto d'acqua. Esposto al sole il cilindro si riscalda e l'acqua evapora all'esterno, sottraendo calore dalle pareti metalliche del cilindro interno dove sono contenuti i beni da raffreddare, come cibo o medicinali (vedi lo schema sotto). Il processo permette di mantenere stabilmente la temperatura del cilindro interno a 6°. Per funzionare il frigo ha solo bisogno di rabbocchi d'acqua dopo l'evaporazione.
Il frigo solare può essere facilmente autocostruito con costi irrisori ed Emily lo ha diffuso personalmente in paesi africani come Namibia, Zambia e Sud Africa. Il passa parola delle comunità ha già prodotto migliaia di esemplari.
Emily, che nel frattempo ha ricevuto vari riconoscimenti, sostiene di essersi ispirata al corpo umano, che per il proprio raffrescamento utilizza appunto la sudorazione e l'evaporazione.
L'eco-fridge è composto da due cilindri, uno interno in metallo a tenuta stagna e uno esterno forato che può essere realizzato con materiali di risulta come legno, metallo o plastica. Lo spazio tra i due cilindri viene riempito da un materiale assorbente come sabbia, lana pressata o terra e poi imbevuto d'acqua. Esposto al sole il cilindro si riscalda e l'acqua evapora all'esterno, sottraendo calore dalle pareti metalliche del cilindro interno dove sono contenuti i beni da raffreddare, come cibo o medicinali (vedi lo schema sotto). Il processo permette di mantenere stabilmente la temperatura del cilindro interno a 6°. Per funzionare il frigo ha solo bisogno di rabbocchi d'acqua dopo l'evaporazione.
Il frigo solare può essere facilmente autocostruito con costi irrisori ed Emily lo ha diffuso personalmente in paesi africani come Namibia, Zambia e Sud Africa. Il passa parola delle comunità ha già prodotto migliaia di esemplari.
Emily, che nel frattempo ha ricevuto vari riconoscimenti, sostiene di essersi ispirata al corpo umano, che per il proprio raffrescamento utilizza appunto la sudorazione e l'evaporazione.
lunedì 12 gennaio 2009
Vilnius e Linz, cultura europea 2009
La capitale europea della cultura è una invenzione di Melina Mercouri, concepita nel 1983 quando la attrice e cantante era ministro greco per la cultura. Non per caso la prima città a fregiarsi del titolo fu Atene nel 1985 (qui la lista delle capitali della cultura presenti e future).
Le due capitali della cultura europee del 2009 sono Vilnius e Linz. Vilnius, 542.000 abitanti, è la capitale della Lituania. Le prime testimonianze della città risalgono al 1323 e il centro storico della città è patrimonio dell'UNESCO dal 1994. La scelta di Vilnius marca anche i mille anni della Lituania, la cui prima menzione risale agli Annali di Quedlimburg nel 1009.
Vilnius, che è sede universitaria dal 1579, ha messo nel suo programma 900 eventi speciali, di cui il 60% gratuiti. Si coinvolgono anche la comunità Rom della città e la ricca tradizione di cultura ebraica della capitale lituana, cominciando con una serie di concerti per celebrare il violinista ebreo Jascha Heifetz, nato a Vilnius nel 1901. Gli organizzatori contano di attrarre a Vilnius tre milioni di visitatori, che darebbero una boccata di ossigeno all'economia lituana, prevista in contrazione del 4.8% nel 2009. La crisi ha anche ridotto i fondi destinati agli eventi, calati da 40 a 29 milioni di Litas (da 11.6 a 7.25 milioni di Euro).
Linz con 190.000 abitanti è la terza città dell'Austria. Fondata sulle rive del Danubio attorno al 750 è la capitale dell'Austria Superiore, la regione più industrializzata del paese. Era prediletta da Hitler, che intendeva farne uno dei centri culturali del Terzo Reich. L'eredità nazista non sembra imbarazzare Linz, che anzi organizza tra gli eventi culturali la mostra Kulturhauptstadt des Fuhrers (La capitale culturale del Furher), aperta fino al 22 marzo.
Le due capitali della cultura europee del 2009 sono Vilnius e Linz. Vilnius, 542.000 abitanti, è la capitale della Lituania. Le prime testimonianze della città risalgono al 1323 e il centro storico della città è patrimonio dell'UNESCO dal 1994. La scelta di Vilnius marca anche i mille anni della Lituania, la cui prima menzione risale agli Annali di Quedlimburg nel 1009.
Vilnius, che è sede universitaria dal 1579, ha messo nel suo programma 900 eventi speciali, di cui il 60% gratuiti. Si coinvolgono anche la comunità Rom della città e la ricca tradizione di cultura ebraica della capitale lituana, cominciando con una serie di concerti per celebrare il violinista ebreo Jascha Heifetz, nato a Vilnius nel 1901. Gli organizzatori contano di attrarre a Vilnius tre milioni di visitatori, che darebbero una boccata di ossigeno all'economia lituana, prevista in contrazione del 4.8% nel 2009. La crisi ha anche ridotto i fondi destinati agli eventi, calati da 40 a 29 milioni di Litas (da 11.6 a 7.25 milioni di Euro).
Linz con 190.000 abitanti è la terza città dell'Austria. Fondata sulle rive del Danubio attorno al 750 è la capitale dell'Austria Superiore, la regione più industrializzata del paese. Era prediletta da Hitler, che intendeva farne uno dei centri culturali del Terzo Reich. L'eredità nazista non sembra imbarazzare Linz, che anzi organizza tra gli eventi culturali la mostra Kulturhauptstadt des Fuhrers (La capitale culturale del Furher), aperta fino al 22 marzo.
domenica 11 gennaio 2009
Gas dalla Russia, effetti collaterali
La Slovacchia ha annunciato l'intenzione di rimettere in funzione la centrale nucleare di Bohunice (foto) per fare fronte alle difficoltà energetiche causate dal blocco delle forniture di gas dalla Russia. Da giovedì scorso la Slovacchia, come altri undici paesi europei, non riceve più gas russo.
L'impianto di Bohunice è costituito da cinque reattori dell'epoca sovietica ed è situato vicino alla città di Trnava, 50 km a nord est di Bratislava. Tre reattori più vecchi della stessa centrale erano stati già smantellati, l'ultimo poche settimane fa. Il primo reattore di Bohunice aveva subito un grave incidente nel 1977 ed era stato chiuso due anni dopo.
La notizia della riapertura della centrale non ha certo entusiasmato la vicina Austria, nazione denuclearizzata che oggi ha stigmatizzato la decisione slovacca. Il ministro dell'ambiente austriaco Nikolaus Berlakovich ha chiesto all'Unione Europea di intervenire per impedire la riapertura della centrale, chiusa il 31 dicembre scorso. Il ministro degli esteri Michael Spindelegger ha aggiunto che il rischio derivante dai reattori nucleari sovietici "non può essere sottovalutato" ed ha chiesto una inchiesta per valutare se la Slovacchia si trovi davvero in una situazione di emergenza.
Il reattore di Jaslovske Bohunice è considerato uno dei tre più pericolosi d'Europa e la sua chiusura era stata concordata all'atto dell'ingresso della Slovacchia nell'Unione Europea. Bruxelles oggi ha fatto sapere di non avere ricevuto alcuna comunicazione da Bratislava riguardo la riattivazione della centrale e che questa costituirebbe in ogni caso "una violazione al trattato di accesso".
"Ci rendiamo perfettamente conto di violare il trattato di accesso - ha replicato il primo ministro slovacco Robert Fico - ma i danni causati dal mancato rispetto del trattato sono minori rispetto a quelli causati dal collasso del nostro sistema energetico".
La Slovacchia è entrata nell'Unione nel 2004 con un trattato che prevedeva per tre anni la riapertura dei propri reattori nucleari solo dopo il parere positivo di Bruxelles e in caso di grave crisi. I tre anni sono ovviamente scaduti. Fico ha confermato che il reattore di Bohunice sarà riattivato in sei giorni e mantenuto in funzione fino a quando non saranno garantite condizioni di "assoluta stabilità" nelle forniture di gas dalla Russia. Malgrado il trasferimento di gas dalla Polonia oltre mille aziende slovacche hanno dovuto ridurre la produzione per garantire le forniture di gas per abitazioni, scuole e ospedali.
La riapertura della centrale di Bohunice sarà uno dei punti dell'agenda del meeting dei ministri europei dell'energia in programma domani a Bruxelles.
L'impianto di Bohunice è costituito da cinque reattori dell'epoca sovietica ed è situato vicino alla città di Trnava, 50 km a nord est di Bratislava. Tre reattori più vecchi della stessa centrale erano stati già smantellati, l'ultimo poche settimane fa. Il primo reattore di Bohunice aveva subito un grave incidente nel 1977 ed era stato chiuso due anni dopo.
La notizia della riapertura della centrale non ha certo entusiasmato la vicina Austria, nazione denuclearizzata che oggi ha stigmatizzato la decisione slovacca. Il ministro dell'ambiente austriaco Nikolaus Berlakovich ha chiesto all'Unione Europea di intervenire per impedire la riapertura della centrale, chiusa il 31 dicembre scorso. Il ministro degli esteri Michael Spindelegger ha aggiunto che il rischio derivante dai reattori nucleari sovietici "non può essere sottovalutato" ed ha chiesto una inchiesta per valutare se la Slovacchia si trovi davvero in una situazione di emergenza.
Il reattore di Jaslovske Bohunice è considerato uno dei tre più pericolosi d'Europa e la sua chiusura era stata concordata all'atto dell'ingresso della Slovacchia nell'Unione Europea. Bruxelles oggi ha fatto sapere di non avere ricevuto alcuna comunicazione da Bratislava riguardo la riattivazione della centrale e che questa costituirebbe in ogni caso "una violazione al trattato di accesso".
"Ci rendiamo perfettamente conto di violare il trattato di accesso - ha replicato il primo ministro slovacco Robert Fico - ma i danni causati dal mancato rispetto del trattato sono minori rispetto a quelli causati dal collasso del nostro sistema energetico".
La Slovacchia è entrata nell'Unione nel 2004 con un trattato che prevedeva per tre anni la riapertura dei propri reattori nucleari solo dopo il parere positivo di Bruxelles e in caso di grave crisi. I tre anni sono ovviamente scaduti. Fico ha confermato che il reattore di Bohunice sarà riattivato in sei giorni e mantenuto in funzione fino a quando non saranno garantite condizioni di "assoluta stabilità" nelle forniture di gas dalla Russia. Malgrado il trasferimento di gas dalla Polonia oltre mille aziende slovacche hanno dovuto ridurre la produzione per garantire le forniture di gas per abitazioni, scuole e ospedali.
La riapertura della centrale di Bohunice sarà uno dei punti dell'agenda del meeting dei ministri europei dell'energia in programma domani a Bruxelles.
sabato 10 gennaio 2009
Astice vecchio non fa buon brodo
Per dieci giorni un astice di 9 Kg battezzato George (foto) ha fatto sensazione da City Crab and Seafood Company, un ristorante su Park Avenue a Manhattan. Il gigantesco crostaceo era stato catturato nelle coste di Newfoundland in Canada e poi venduto per cento dollari al ristorante, che ne aveva fatto una specie di mascotte.
City Crab and Seafood Company, fondato nel 1993, è un ristorante di pesce tra i più popolari di New York. Un piatto di astice bollito costa 27 dollari alla libbra, circa 44 € al Kg (ecco il menu completo).
Secondo gli esperti l'età di un astice si può misurare dal peso, con una stima tra i sette e i dieci anni per ogni libbra (450 g). George quindi avrebbe almeno 140 anni di allegra vita nell'Oceano Atlantico alle spalle.
La presenza dell'astice centenario nella vasca di City Crab è stata segnalata alla PETA, la associazione americana che sostiene il trattamento etico degli animali conosciuta soprattutto per le sue campagne contro le pellicce, alle quali hanno prestato la propria immagine come testimonial anche attrici famose.
Lo scorso 6 gennaio PETA ha scritto e pubblicato sul web una lettera aperta alla Branded Restaurants, compagnia che possiede il ristorante, chiedendo che George fosse liberato. Nei giorni successivi la notizia è stata ripresa e rilanciata in tutto il mondo, fino a quando ieri sera il manager di City Crab Keith Valenti ha annunciato che oggi il vecchio George sarà liberato nei pressi di Kennebunkport in Maine, in una zona dove la pesca degli astici è proibita.
City Crab and Seafood Company, fondato nel 1993, è un ristorante di pesce tra i più popolari di New York. Un piatto di astice bollito costa 27 dollari alla libbra, circa 44 € al Kg (ecco il menu completo).
Secondo gli esperti l'età di un astice si può misurare dal peso, con una stima tra i sette e i dieci anni per ogni libbra (450 g). George quindi avrebbe almeno 140 anni di allegra vita nell'Oceano Atlantico alle spalle.
La presenza dell'astice centenario nella vasca di City Crab è stata segnalata alla PETA, la associazione americana che sostiene il trattamento etico degli animali conosciuta soprattutto per le sue campagne contro le pellicce, alle quali hanno prestato la propria immagine come testimonial anche attrici famose.
Lo scorso 6 gennaio PETA ha scritto e pubblicato sul web una lettera aperta alla Branded Restaurants, compagnia che possiede il ristorante, chiedendo che George fosse liberato. Nei giorni successivi la notizia è stata ripresa e rilanciata in tutto il mondo, fino a quando ieri sera il manager di City Crab Keith Valenti ha annunciato che oggi il vecchio George sarà liberato nei pressi di Kennebunkport in Maine, in una zona dove la pesca degli astici è proibita.
venerdì 9 gennaio 2009
giovedì 8 gennaio 2009
UFO vs. turbina eolica?
Un generatore eolico alto quasi cento metri è stato gravemente danneggiato nel Lincolnshire, in Inghilterra. Attorno alle quattro di mattina i residenti della zona hanno sentito il forte rumore di un impatto. All'alba la struttura mostrava una delle tre pale lunghe venti metri molto danneggiata, mentre un'altra era divelta ed è stata trovata nel terreno circostante.
Il generatore fa parte di un impianto di venti elementi gestito dalla compagnia Ecotricity. L'azienda ha dichiarato di non avere spiegazioni per quanto accaduto. La vicina base di Scampton della RAF ha reso noto che nella notte non c'erano velivoli militari in missione di volo.
Gli ufologi sono estremamente eccitati e la stampa scandalistica inglese riporta le testimonianze di molte persone che asseriscono di avere visto quella notte una luce bianca molto forte con dei contorni arancioni. Il Daily Mail pubblica anche una foto della sorgente luminosa in cielo. Secondo alcuni osservatori le luci si sono ad un certo punto dirette verso le turbine.
Altre fonti parlano più banalmente di un difetto strutturale che potrebbe essere stato acutizzato dalle temperature particolarmente basse di questi giorni e dalla formazione di ghiaccio sulle pale.
Il generatore fa parte di un impianto di venti elementi gestito dalla compagnia Ecotricity. L'azienda ha dichiarato di non avere spiegazioni per quanto accaduto. La vicina base di Scampton della RAF ha reso noto che nella notte non c'erano velivoli militari in missione di volo.
Gli ufologi sono estremamente eccitati e la stampa scandalistica inglese riporta le testimonianze di molte persone che asseriscono di avere visto quella notte una luce bianca molto forte con dei contorni arancioni. Il Daily Mail pubblica anche una foto della sorgente luminosa in cielo. Secondo alcuni osservatori le luci si sono ad un certo punto dirette verso le turbine.
Altre fonti parlano più banalmente di un difetto strutturale che potrebbe essere stato acutizzato dalle temperature particolarmente basse di questi giorni e dalla formazione di ghiaccio sulle pale.
Negazionisti
Oggi Il Giornale si apre con un editoriale di Paolo Granzotto dal titolo "La balla spaziale" dedicato a confutare la realtà dei cambiamenti climatici. I toni sono sgradevoli e spesso volgari, nello stile popolar-fazioso del quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi. Si insultano gli scienziati dell'International Panel for Climate Change dell'ONU, si ridicolizza Al Gore e si tessono lodi sfrenate di Silvio Berlusconi, ovvio.
L'articolo non giustifica la sua veemente acredine con alcun dato scientifico e prende lo spunto dalle nevicate di questi giorni in nord Italia. Une nevicata è sufficiente per svillaneggiare con grevi toni da caserma tutto il mondo scientifico e quello politico. La cosa lascia ovviamente il tempo che trova, anche perché questo Granzotto non ha mai visto molto oltre il proprio naso ed è accecato dalla faziosità (resta memorabile la sua dichiarazione di qualche mese fa, quando scrisse che "Sarah Palin trascinerà Mc Cain alla vittoria" contro quello che lui chiamava con disprezzo "l'uomo nero").
Il punto non è un articolo scritto su un giornale fazioso da un giornalista aggressivo e volgare. Quello che colpisce è questa strana ostinazione della destra italiana a considerare il tema dei cambiamenti climatici una teoria di sinistra. E siccome tutto quello che è di sinistra è falsa propaganda comunista, a negarne non solo l'importanza ma la stessa consistenza scientifica.
Questo atteggiamento non trova riscontri in nessun altro paese. I governi di destra d'Europa, con Francia e Germania in testa, hanno compreso appieno non solo la reale minaccia dei cambiamenti climatici ma anche la straordinaria occasione di sviluppo e innovazione che ne può derivare per l'economia. Lo stesso Mc Cain aveva nel suo programma una politica sul clima molto ambiziosa.
Anche molti politici del PdL ed esponenti del governo di destra minimizzano l'emergenza clima e comunque sottovalutano la sua importanza. Il premier Berlusconi aveva dichiarato più volte lo scorso novembre che non si poteva parlare di clima in tempi di crisi economica, quasi che l'argomento fosse qualcosa di voluttuario.
Così, mentre USA, Francia, Germania, Regno Unito, Australia, Giappone e gli altri grandi paesi investono miliardi in nuove tecnologie e creano posti di lavoro, la destra italiana preferisce snobbare e sfottere, perdendo una occasione cruciale che sarà molto difficile recuperare.
L'articolo non giustifica la sua veemente acredine con alcun dato scientifico e prende lo spunto dalle nevicate di questi giorni in nord Italia. Une nevicata è sufficiente per svillaneggiare con grevi toni da caserma tutto il mondo scientifico e quello politico. La cosa lascia ovviamente il tempo che trova, anche perché questo Granzotto non ha mai visto molto oltre il proprio naso ed è accecato dalla faziosità (resta memorabile la sua dichiarazione di qualche mese fa, quando scrisse che "Sarah Palin trascinerà Mc Cain alla vittoria" contro quello che lui chiamava con disprezzo "l'uomo nero").
Il punto non è un articolo scritto su un giornale fazioso da un giornalista aggressivo e volgare. Quello che colpisce è questa strana ostinazione della destra italiana a considerare il tema dei cambiamenti climatici una teoria di sinistra. E siccome tutto quello che è di sinistra è falsa propaganda comunista, a negarne non solo l'importanza ma la stessa consistenza scientifica.
Questo atteggiamento non trova riscontri in nessun altro paese. I governi di destra d'Europa, con Francia e Germania in testa, hanno compreso appieno non solo la reale minaccia dei cambiamenti climatici ma anche la straordinaria occasione di sviluppo e innovazione che ne può derivare per l'economia. Lo stesso Mc Cain aveva nel suo programma una politica sul clima molto ambiziosa.
Anche molti politici del PdL ed esponenti del governo di destra minimizzano l'emergenza clima e comunque sottovalutano la sua importanza. Il premier Berlusconi aveva dichiarato più volte lo scorso novembre che non si poteva parlare di clima in tempi di crisi economica, quasi che l'argomento fosse qualcosa di voluttuario.
Così, mentre USA, Francia, Germania, Regno Unito, Australia, Giappone e gli altri grandi paesi investono miliardi in nuove tecnologie e creano posti di lavoro, la destra italiana preferisce snobbare e sfottere, perdendo una occasione cruciale che sarà molto difficile recuperare.
mercoledì 7 gennaio 2009
martedì 6 gennaio 2009
Alla canna del gas
Oggi alle 15:30 l'Ucraina ha chiuso i rubinetti del suo gasdotto verso l'Ungheria. L'Ungheria importa l'80% del gas e ha un contratto di fornitura di 10 milioni di metri cubi al giorno verso la Serbia e la Bosnia. Le riserve ungheresi di gas ammontano a 3.6 miliardi di metri cubi ed equivalgono, al tasso di consumo attuale del paese, a 51 giorni di autonomia.
L'Ucraina ha tagliato le forniture di gas anche a Bulgaria, Grecia, Macedonia, Romania, Turchia e Croazia. Secondo gli Ucraini la colpa è della Russia, che rifiuta ogni addebito. La controversia economica tra Ucraina e Russia è nota, ma i fatti dicono che il monopolista russo Gazprom oggi ha trasferito in Ucraina, con destino Europa occidentale, solo 72 milioni di metri cubi di gas, contro i 260 di ieri e i 300 milioni di fornitura media abituale.
L'Austria ha dichiarato di ricevere solo il 10% della fornitura, che poi trasferisce ad altri paesi tra i quali l'Italia. L'Eni ha fatto sapere che la riduzione della fornitura russa (pari a circa un quinto del fabbisogno italiano) è stata pari a circa il 90%, confermando i dati austriaci. Il nostro ministro per le attività produttive Scajola ha detto oggi che "la situazione non presenta particolari preoccupazioni" grazie ai livelli di stoccaggio e a consumi relativamente bassi, che possono "assicurare riserve per alcune settimane".
Alcune settimane?
Situazioni come questa dovrebbero far riflettere Scajola e tutto il governo sulla necessità di una politica energetica nazionale in grado di non farci tenere il fiato sospeso per una lite economica tra Ucraina e Russia. La soluzione non viene certo dal nucleare, che anche per chi lo vuole non potrà essere operativo prima di quindici anni, con un calcolo ottimista.
La soluzione sono piccoli impianti locali, filiere corte, autonomia e riduzione dei consumi. Triste che su questo la presidenta di Confindustria Marcegaglia non abbia niente da dire. Deprimente che il governo non incoraggi le regioni e i territori a intraprendere percorsi innovativi.
L'Ucraina ha tagliato le forniture di gas anche a Bulgaria, Grecia, Macedonia, Romania, Turchia e Croazia. Secondo gli Ucraini la colpa è della Russia, che rifiuta ogni addebito. La controversia economica tra Ucraina e Russia è nota, ma i fatti dicono che il monopolista russo Gazprom oggi ha trasferito in Ucraina, con destino Europa occidentale, solo 72 milioni di metri cubi di gas, contro i 260 di ieri e i 300 milioni di fornitura media abituale.
L'Austria ha dichiarato di ricevere solo il 10% della fornitura, che poi trasferisce ad altri paesi tra i quali l'Italia. L'Eni ha fatto sapere che la riduzione della fornitura russa (pari a circa un quinto del fabbisogno italiano) è stata pari a circa il 90%, confermando i dati austriaci. Il nostro ministro per le attività produttive Scajola ha detto oggi che "la situazione non presenta particolari preoccupazioni" grazie ai livelli di stoccaggio e a consumi relativamente bassi, che possono "assicurare riserve per alcune settimane".
Alcune settimane?
Situazioni come questa dovrebbero far riflettere Scajola e tutto il governo sulla necessità di una politica energetica nazionale in grado di non farci tenere il fiato sospeso per una lite economica tra Ucraina e Russia. La soluzione non viene certo dal nucleare, che anche per chi lo vuole non potrà essere operativo prima di quindici anni, con un calcolo ottimista.
La soluzione sono piccoli impianti locali, filiere corte, autonomia e riduzione dei consumi. Triste che su questo la presidenta di Confindustria Marcegaglia non abbia niente da dire. Deprimente che il governo non incoraggi le regioni e i territori a intraprendere percorsi innovativi.
domenica 4 gennaio 2009
Sei mesi alla Ceca
Dal primo gennaio la presidenza di turno dell'Unione Europea è in mano alla Cechia, che per motivi oscuri viene chiamata Repubblica Ceca, come se tutti gli altri paesi fossero monarchie, sultanati o chissà che cosa.
Per l'Europa sarà un semestre piuttosto complicato. La presidenza ceca parte infatti con il grave handicap di rappresentare uno dei tre paesi che non ha ratificato il Trattato di Lisbona, assieme a Irlanda e Polonia. In questi primi giorni poi le prime mosse diplomatiche di Praga sono state goffe e avventate. Ieri fonti governative hanno dichiarato che l'invasione terrestre di Gaza ad opera di Israele era "un atto di autodifesa". L'affermazione (purtroppo non lontana da quanto dichiarato dal nostro ministro degli esteri Frattini) ha provocato le reazioni furiose di larga parte d'Europa a cominciare dalla Francia, il cui presidente Sarkozy ha da giorni preso un ruolo di mediatore nella questione palestinese, quasi incurante del fatto che la sua presidenza della UE sia scaduta con l'anno vecchio.
Sotto le pressioni internazionali oggi Praga ha prodotto una smentita ufficiale in cui dichiara di "non condividere azioni che coinvolgono la popolazione civile" e sostiene la necessità di un cessate il fuoco "in accordo con le conclusioni del vertice europeo del 30 dicembre 2008 a Parigi". Sarkozy deve essersi fatto sentire.
A complicare ulteriormente le cose c'è la figura di Vaklav Klaus, presidente della repubblica e avversario politico del premier ceco Mirek Topolanek. Il presidente Klaus non ha mai nascosto la sua visione euroscettica e continua a rilasciare dichiarazioni imbarazzanti per il governo di Praga. Klaus è convinto che i cambiamenti climatici siano "un mito pericoloso" e paragona l'Unione Europea a uno stato comunista, confermando la sua opposizione alla ratifica del trattato di Lisbona.
In Cechia la presidenza della repubblica è una carica onorifica senza valore politico, ma gli osservatori notano come "la faccia di Klaus sia quella del paese".
Il logo scelto dalla Cechia per il suo semestre di presidenza (sopra) è il risultato di un concorso che ha ricevuto oltre quattrocento proposte. Lo ha creato Tomáš Pakosta e secondo lui sintetizza il motto ceco "Europa senza barriere" e lo slogan dell'Unione "Uniti nella diversità". Tanti auguri.
Per l'Europa sarà un semestre piuttosto complicato. La presidenza ceca parte infatti con il grave handicap di rappresentare uno dei tre paesi che non ha ratificato il Trattato di Lisbona, assieme a Irlanda e Polonia. In questi primi giorni poi le prime mosse diplomatiche di Praga sono state goffe e avventate. Ieri fonti governative hanno dichiarato che l'invasione terrestre di Gaza ad opera di Israele era "un atto di autodifesa". L'affermazione (purtroppo non lontana da quanto dichiarato dal nostro ministro degli esteri Frattini) ha provocato le reazioni furiose di larga parte d'Europa a cominciare dalla Francia, il cui presidente Sarkozy ha da giorni preso un ruolo di mediatore nella questione palestinese, quasi incurante del fatto che la sua presidenza della UE sia scaduta con l'anno vecchio.
Sotto le pressioni internazionali oggi Praga ha prodotto una smentita ufficiale in cui dichiara di "non condividere azioni che coinvolgono la popolazione civile" e sostiene la necessità di un cessate il fuoco "in accordo con le conclusioni del vertice europeo del 30 dicembre 2008 a Parigi". Sarkozy deve essersi fatto sentire.
A complicare ulteriormente le cose c'è la figura di Vaklav Klaus, presidente della repubblica e avversario politico del premier ceco Mirek Topolanek. Il presidente Klaus non ha mai nascosto la sua visione euroscettica e continua a rilasciare dichiarazioni imbarazzanti per il governo di Praga. Klaus è convinto che i cambiamenti climatici siano "un mito pericoloso" e paragona l'Unione Europea a uno stato comunista, confermando la sua opposizione alla ratifica del trattato di Lisbona.
In Cechia la presidenza della repubblica è una carica onorifica senza valore politico, ma gli osservatori notano come "la faccia di Klaus sia quella del paese".
Il logo scelto dalla Cechia per il suo semestre di presidenza (sopra) è il risultato di un concorso che ha ricevuto oltre quattrocento proposte. Lo ha creato Tomáš Pakosta e secondo lui sintetizza il motto ceco "Europa senza barriere" e lo slogan dell'Unione "Uniti nella diversità". Tanti auguri.
sabato 3 gennaio 2009
Bersaglio grosso
Dicono che Israele abbia utilizzato una bomba da una tonnellata per distruggere la casa di Nizar Rayyan, uno dei leader storici di Hamas. Vedendo il cratere provocato dall'esplosione (foto sopra) sembra sia caduto un meteorite.
Per colpire Rayyan Israele ha ucciso anche due delle sue mogli e quattro dei suoi figli (qui sotto una foto dei funerali).
Per colpire Rayyan Israele ha ucciso anche due delle sue mogli e quattro dei suoi figli (qui sotto una foto dei funerali).
Quattro miliardi di pupetti
il blog di gadget tecnologici Gizmodo, che ha anche una edizione italiana, si è imbarcato in una operazione titatica, in collaborazione con la Lego: censire tutti i pupetti (in inglese minifig, figurine) prodotti dalla Lego, a partire dai primi immessi sul mercato nel 1978. Ne è stata ricavata una imponente galleria di immagini catalogate cronologicamente e per generi.
La svolta è accaduta nel 1999 con l'introduzione del primo pupetto con licenza d'uso, una versione elementare di Luke Skywalker. Da allora le serie dedicate ai film sono diventate quelle di maggior successo, a partire dalla saga di Star Wars. Lego produce anche modelli sempre più complessi delle astronavi, come la insuperata Millennium Falcon da 5195 pezzi e l'ultima accuratissima Morte Nera, presentata lo scorso luglio e composta da ben 3800 pezzi al costo di circa 350 €.
Secondo Gizmodo sul pianeta circolano quattro miliardi di pupetti Lego. Le ultime stime sulla popolazione umana indicano un totale di 6,7 miliardi di persone, ma il tasso di incremento dei pupetti Lego supera quello degli umani (1.19% nel 2007).
La svolta è accaduta nel 1999 con l'introduzione del primo pupetto con licenza d'uso, una versione elementare di Luke Skywalker. Da allora le serie dedicate ai film sono diventate quelle di maggior successo, a partire dalla saga di Star Wars. Lego produce anche modelli sempre più complessi delle astronavi, come la insuperata Millennium Falcon da 5195 pezzi e l'ultima accuratissima Morte Nera, presentata lo scorso luglio e composta da ben 3800 pezzi al costo di circa 350 €.
Secondo Gizmodo sul pianeta circolano quattro miliardi di pupetti Lego. Le ultime stime sulla popolazione umana indicano un totale di 6,7 miliardi di persone, ma il tasso di incremento dei pupetti Lego supera quello degli umani (1.19% nel 2007).
giovedì 1 gennaio 2009
Un buon anno, anzi l'anno buono
Buttiamoci nel 2009 con lo stesso entusiasmo delle centinaia di invasati che anche quest'anno hanno affrontato il rito del bagno di San Silvestro alla spiaggia de La Comanancia a Tarragona, in Catalogna (foto).
Chi ha approfittato del nuovo anno per fare buoni propositi, tipo smettere di fumare, cominciare una dieta o simili dovrà tenere nella dovuta considerazione quanto riporta oggi la BBC: i buoni propositi fanno male alla salute. Secondo l'associazione per la salute mentale Mind concentrarsi sui problemi e le insicurezze può portare a pessimismo, bassa autostima e anche moderata depressione. "Se ci poniamo obbiettivi troppo ambiziosi è normale che, se non riusciamo a mantenerli, ci sentiremo molto peggio di prima" puntualizza il direttore di Mind Paul Farmer.
Invece di pretendere obiettivi irrealizzabili Mind consiglia di aumentare l'attività fisica, che libera endorfine e aumenta il senso di benessere. Cercare un maggior contatto con la natura, che è provato influire positivamente sull'umore. Imparare cose nuove, per mantenere gli stimoli mentali e aumentare la fiducia in se stessi. Lavorare nelle associazioni e partecipare attivamente alla vita della propria comunità.
In ogni caso facciamo del nostro meglio per non ripetere un anno cupo come il 2008.
Chi ha approfittato del nuovo anno per fare buoni propositi, tipo smettere di fumare, cominciare una dieta o simili dovrà tenere nella dovuta considerazione quanto riporta oggi la BBC: i buoni propositi fanno male alla salute. Secondo l'associazione per la salute mentale Mind concentrarsi sui problemi e le insicurezze può portare a pessimismo, bassa autostima e anche moderata depressione. "Se ci poniamo obbiettivi troppo ambiziosi è normale che, se non riusciamo a mantenerli, ci sentiremo molto peggio di prima" puntualizza il direttore di Mind Paul Farmer.
Invece di pretendere obiettivi irrealizzabili Mind consiglia di aumentare l'attività fisica, che libera endorfine e aumenta il senso di benessere. Cercare un maggior contatto con la natura, che è provato influire positivamente sull'umore. Imparare cose nuove, per mantenere gli stimoli mentali e aumentare la fiducia in se stessi. Lavorare nelle associazioni e partecipare attivamente alla vita della propria comunità.
In ogni caso facciamo del nostro meglio per non ripetere un anno cupo come il 2008.
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